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VII.
Sarebbe inutile, come è certo penoso per chi sente altamente del decoro del proprio paese, il ritornare su questi fatti, se non avessero lasciato conseguenze che ancora mostrano voler pesare sulle deliberazioni del Governo. L’opposizione repubblicana ha resuscitata un’antica malizia che risale alla Mitologia greca, e si ritrova poi giù giù nelle Novelle, e ne’ Romanzi cavallereschi. Euristeo impose ad Ercole le XII fatiche. I Re del ciclo d’Arturo e della Tavola rotonda propongono a pretendenti delle loro figliuole imprese impossibili, col pensiero che vi trovin la morte; e la demagogia dominante a Napoli presentava al conte Cavour il modesto Programma di spianare Verona, Mantova, Legnago e Peschiera, liberar Venezia a primavera, compreso più o meno chiaramente il Tirolo, Trieste, la Dalmazia ec. Occupar Roma mandandone altrove il Papa ed i Francesi, e coronar l’opera coronando Vittorio Emanuele in Campidoglio!
A questo prezzo Vittorio Emanuele poteva sperare la loro approvazione. Se no, no! E se il Re ed il conte dì Cavour non s’incaricavano d’avviare l’esecuzione del programma, ecco che se ne incaricava il General Garibaldi, e di qui la chiamata all’armi per il 1mo di Marzo, che sopra accennammo!
Rincresce veramente il trovare un tal nome mescolato a queste miserie: ma io amo questo Valentuomo, perchè è impossibile non provare simpatia per lui; io lo stimo, perchè non ha mai pensato a sè, perchè egli dice sempre chiaro quel che vuole e quel che pensa; ed a quelli che s’amano e si stimano si deve la verità. E poi lo confesso, mi son sempre tenuto sulla riserva in fatto d’idoli popolari. Come idolo, mi basta l’Italia; ed il suo interesse richiede che ognuno modestamente, ma francamente altrettanto dica la sua ragione. L’ostilità dell’illustre Generale contro il conte Cavour se fu sino ad un certo punto plausibile, data la cessione di Nizza, non è più giustificabile dopo che il Parlamento sancì quell’atto doloroso come necessario al bene comune. Meno di tutto poi è giustificabile la forma che assunse la detta ostilità.
Un ministro si può, e se il ben pubblico lo vuole, si deve combattere ed abbattere avendone il modo. Ma a questa battaglia è aperta dalla legge l’arena del Parlamento, come il campo della pubblicità. Il servirsi d’un’auge di popolarità per quanto meritata, onde esercitare una pressione sui consigli della Corona ed ottenere il rinvio di questo ministro, ciò esce dalle leggi come dai diritti della guerra politica, ed è un po’ troppo esatta reminiscenza dei modi usati nelle repubbliche spagnuole dell’America del Sud.
L’Italia non è fatta per simili importazioni.
Si gridò, come s’usa in casi consimili, contro il Parlamento, dichiarando ch’egli non rappresentava il paese. L’opinion pubblica, e più di tutto gli elettori della Camera nuova, hanno risposto. Ma neppur questa Camera forse rappresenterà la nazione! M’aspetto che vi sia chi lo dica.
Bisogna poi finalmente imprimersi in mente che non si tratta ora d’interessi ristretti ad una provincia, ad una città, e molto meno ad un individuo. Non si tratta di vedere se il conte Cavour è o non è simpatico, se ci ha fatto personalmente piaceri o dispetti. Si tratta di vedere se faccia piaceri o dispetti all’Italia, se sia il momento questo d’indebolire il potere, l’unità di direzione tanto necessaria ne’ casi difficili, e soprattutto se nel partito detto del movimento vi sia chi per ingegno ed esperienza prometta saper fare più e meglio del ministro attuale. Se v’è, me l’insegnino, e voto per lui sul momento.