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ALLA CARA E VENERATA MEMORIA
DI
DOMENICO CHELINI
RICERCHE
DI
GEOMETRIA ANALITICA
DEL
Prof. Eugenio Beltrami
BOLOGNA
TIPI GAMBERINI E PARMEGGIANI
1879.
Estratto dalla Serie III. Tomo X, delle Memorie dell’Accademia delle Scienze
dell’Istituto di Bologna. — Letto nella Sessione del 27 Febbraio 1879.
compianto
Dedico queste Ricerche alla memoria del mio
collega
ed amico Domenico Chelini , non perchè l' importanza degli argomenti trattati , o la novità dei metodi
e
merito
pari al
risultati , siano
dei
eminente di quell ' egregio Geometra, ma perchè esse mi pajon tali che a Lui, zelantissimo in escogitare e diffondere metodi agevoli ed intui scienze matematiche , sarebbero forse riuscite
tivi per lo studio delle
accette come contributo , modestissimo invero , al più facile una dottrina che gli era
cara, voglio
dire
studio
della Geometria
di
analitica .
Nè questa è la sola giustificazione ch' io possa addurre dell ' aver posto il nome rispettato del Chelini in fronte a corso
delle
presenti
Ricerche ho
avuto più
queste pagine . Nel occasione
volte
d' invo
care, con vantaggio di speditezza e di eleganza , un principio algebrico che accennerò fra un momento , e che
è
stato da
Lui per la prima
volta introdotto in Geometria analitica : dove adesso è usato da tutti , senza che la sua apparente naturalezza
tolga punto
di merito
a
chi
se ne seppe primamente giovare. Aggiungerò infine che alcune delle considerazioni svolte in questo scritto hanno stretta connessione con quelle del 1871
breve
articolo
(*) , del quale il Chelini ebbe già la benevolenza
d'occu
(*) Giornale di BATTAGLINI, t . IX, p. 341 .
d'un mio parsi nella sua Memoria Sopra alcuni punti notabili nella teoria ele mentare dei tetraedri e delle coniche (*) .
Il principio algebrico cui ho fatto allusione dianzi, e che fu dal Chelini adoperato in
una sua Memoria
del 1849 per
la
deduzione
delle formole relative alle coordinate ellittiche (**), sarebbe suscettibile d'essere formulato con una grande generalità . Ma, per non andar troppo lontano dal campo delle applicazioni che se ne debbono far quì, si può enunciarlo nei termini seguenti : Abbiasi un ' equazione della forma
X.8.(2) X, 8,(2) + + (2 — a₁)™ (2 — a¸) ™
•
dove X,, X. 21, ... • Xn ed a 19 a 21 • da 2 (le ultime n tutte
diverse
+
n (2) Xp m (2 — a ) "
P(2) ,
· a" sono quantità indipendenti
fra loro) , mè
positivo e P , P1 P21 . . . . Pmn sono funzioni porremo prime fra loro, e tali inoltre che per 2a . Posto
numero
un intere
intero e
di 2 , che
(2) non
sia
sup
divisibile
ƒ(2) = (2 —— a ¸) (λ — a…) .... . . . . ( 2 — a„) ,
e moltiplicata tutta l'equazione
per [ ƒ(2) } ", essa
non
conterrà più
che potenze intere di 2 e , se si designa con p la più alta di queste potenze e con 2 ,, 2.21 · • · · 2, le radici dell'equazione stessa, si avrà l'identità
k= n m f(2) k Σ x 9.@ ) [^ _ ^)] 4) [ƒ(2)] " ak " − q( k= 1
• (2 — 2,) = M F(2) ,
λ ) ·· = M (2 — 2 ,) (2 — 2¸)
dove Mè un fattore indipendente
da 2 e diverso
da zero .
Facendo
in quest' identità 2a,, si ottiene
X‚³‚(ª‚) [ ƒ' (a,) ] ™ == M F (a,) ,
(*) Memorie dell'Accademia di Bologna, T. V della Serie III ( 1874) . (**) Sull' uso sistematico dei principii relativi al metodo delle coordinate ret tilinee. Nella Raccolta scientifica di Roma (Agosto e Novembre 1849) . donde
་ “ར
X ,: X₂: ·
(I)
· •
F(a )
(a ) F
m P₁ (a )[ƒ' (a )]™
P (a¸ [ ƒ' (a )] ™
F(a ) n(a ) [ƒ' (a ) ]™
Il principio, o lemma algebrico, del quale si tratta consiste semplice mente nel passaggio dalla primitiva formole. La necessità di tale
equazione in 2 a queste
passaggio si presenta
molto
ultime
spesso
nel
corso delle seguenti Ricerche . Occorrerà eziandio ricorrere sovente alla nota formola per lo spez zamento delle frazioni razionali (nel caso più semplice delle radici tutte diseguali)
ル p(a )
P(2)
"
(II)
f(2)
dove ƒ(2) è
la
stessa
) f’(a ) h = 1 (2a
funzione
di
pocanzi e P(2)
è
na
funzione
intera del grado n - 1 al più . E parimenti occorrerà ricordare spes sissimo quest’altra formola nota, conseguenza
della precedente
( anzi
non diversa sostanzialmente da essa)
k= n Y(a₂)
=
(III)
0 ",
Σ ƒ’ (a„) k= 1
dove
(2) è una funzione intera di 2 del grado n — 2 al più . Am
bedue queste formole potrebbero essere Lemma (I):
ricavate, come
corollarii, dal
na esse sono così generalmente note che sarebbe inutile,
od almen fuori di luogo, il far quì una digressione in proposito . Quanto all’indole ed allo scopo delle
presenti
Ricerche, facili
e
piane tanto per l’argomento quanto pei metodi, dirò ch’esse s’aggirano principalmente sulle linee razionali, piane e gobbe, e sono fondate quasi interamente sull’uso di certe forme d’equazioni, locali o
tangenziali,
assunte a rappresentare l’elemento variabile che si considera come ge neratore della linea stessa . I primi cinque §§ sono relativi alla teoria delle coniche . I §§ 6 ° e 7° mostrano la possibilità e la convenienza, di trattare, con analoghi procedimenti, le curve piane
razionali d’or dine o classe qualunque. Il § 8° tratta delle
curve piane
generali
di
3° ordine, e mostra che le formole quì adoperate, benchè più special mente idonee allo studio dei luoghi razionali, possono nondimeno recare vantaggio anche nella teoria generale delle curve . I §§ 9° e 10° sono consacrati alle cubiche gobbe . Il § 11 ° tratta
delle
curve gobbe
ra
zionali in genere, con più particolare riguardo alla linea di 4 ° ordine e di 2ª specie . Il § 12 ° ed ultimo tratta come saggio d’applicazione dei metodi
della
superficie di
adoperati
STEiner,
nei §§ precedenti
a
luoghi geometrici generati da un elemento doppiamente variabile . Il principio di dualità è perfettamente applicabile in
ogni parte
di queste Ricerche; talchè, meno qualche esempio datone in casi sem plici, ho quasi sempre ommesso di svolgere i due
. aspetti di ciascuna
questione, per non ripetere inutilmente parole e formole.
Mio unico scopo, nel redigere questo sistema di equazioni e di
lavoro, fu
procedimenti, fondato
sulla
di
esporre
un
più elementare
analisi algebrica, ma non indegno d’attenzione, a quanto mi pare, per la molteplicità degli usi e, direi quasi, per la non comune sua flessi bilità . Certo non mancano esempii già ’ noti di procedimenti siffatti: io stesso ne ho svolto uno fin dal 1868, attingendolo nella teoria delle cubiche gobbe (* ) . Ma forse non è
stato
ancora
esplicitamente osser
vato che il campo della loro applicazione è molto più vasto di quello che sembri
prima giunta. Sarei ben lieto se qualche giovane geo
a
metra riuscisse, abbia saputo
con nuove
applicazioni, a mostrare, meglio che
far io, l’utilità dei
metodi
che ora procedo
non
senz’altro
ad esporre.
§ 1.
In ciò che segue denoteremo con x, y, z le coordinate omogenee d’un punto in un piano, e con p, q,
le coordinate omogenee d’una
retta nello stesso piano, le une e le altre vincolate fra loro dall’equa zione
px + qy + 12 = 0
quando il punto (xyz) giace nella retta (pqr) .
( ) Atti del R. Istituto Lombardo. Prendiamo ora l’equazione
x P¸ (2) + y P₂( 2 ) + ≈ P¸ ( 2 ) = 0,
2 e P,3 sono tre funzioni intere e di 2° grado rispetto al dove P,, P. parametro
equazione che rappresenta, com’è notissimo, la tangente
variabile d’una conica . Questa conica è del
tutto arbitraria
lasciano indeterminati i coefficienti delle funzioni
finchè
. Se si vuole
si che
essa riesca tangente alle tre rette .
0,
bisogna che le tre funzioni
% = 0,
y = 0,
sien tali che un
nulli simultaneamente P.2 e P., che un simultaneamente taneamente
3 e
certo valore di λ an
secondo valore di 2 annulli
, e che un terzo
valore
di λ annulli
simul
, e P. Quando ciò ha luogo, l’equazione della tangente
variabile può porsi manifestamente sotto la forma
By
Ax
Cz
+
(1 )
dove le A, B,
=: 0, λ—————— с
2.31 し
- a λ—
C, a, b, c sono costanti (di cui due soltanto sono ve
ramente essenziali) . È bene notare subito che quando l’inviluppo è una vera conica, le costanti A, B, C sono tutte diverse da zero, e le co stanti a, b, c sono tutte diverse fra loro . La precedente equazione, mutando la designazione
delle costanti,
può scriversi anche così:
’z
q’q’y
p’px
+
+
(1)’ p’λ + p
qλ + q"
,, "’ λ + " ’
e rappresenta, evidentemente, la tangente variabile
della
conica
viduata dalle cinque tangenti
x = 0,
p’x + q’y + r’z = 0,
y = 0,
2
0,
p x + qy + l’’ ’ 2 = 0;
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