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Questo testo fa parte della raccolta Versi di Giacomo Zanella


RICORDI DI TOBIA.

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Tobia, Capo IV.



     Ascolta, figliuol mio; prima ch’io dorma
Co’ padri miei, la mia parola ascolta,
     Che di tua gioventù sicura norma
4Dentro del core serberai raccolta.

     Quando Iddio piglierà l’anima mia,
Alla terra il mio corpo donerai;
     E la tua madre, come seco io sia,
8Tutti i dì di sua vita onorerai.

     Rammenta, figliuol mio, con quanto duolo
Ti portò nel suo seno quella mite.
     Poi, quando morte le avrà dato il volo,
12Sian le sue ossa alle mie ossa unite.

     Quante son le giornate di tua vita
L’immagine di Dio serba nel petto;
     Figlio, le strade del peccato evita
16E del Signor non frangere un precetto.

     Del tuo sii largo, e volgi mite il ciglio
Al tapinel che ti tende le braccia;
     Nè mai verrà che dal tuo volto, o figlio,
20Bieca si torca del Signor la faccia.

     Dunque al tapino quel che puoi concedi;
Molto darai, se abbondano gli averi;
     Se poca è la sostanza che possiedi,
24Dona il poco che puoi, ma volentieri.

     Oh che tesoro ti avrai ragunato,
Se mai batta il bisogno alle tue soglie!
     La limosina lava ogni peccato
28E l’uom nella suprema ora proscioglie.

     Chi dona al poverel quanto gli avanza
Non cadrà nella notte sempiterna;
     Ma di giustizia pieno e di fidanza
32Trarrassi innanzi alla pietà superna.

     Guardati, o figlio, dalle turpi voglie,
Nè gir in traccia di profani amori;
     Di una fedel contento unica moglie,
36Vietate gioie non cercar di fuori.

     Poni studio, o mio caro, che l’orgoglio
Non regni ne’ tuoi detti o nella mente;
     Da non altra radice uscì il germoglio
40Che tutta funestò l’umana gente.


     All’artigiano, quando il giorno è spento,
La mercede darai che promettesti;
     Ed il salario debito allo stento
44Del mercenario presso te non resti.

     Quel che ti spiace che a te faccia alcuno
Guarda, o figlio, che agli altri tu non faccia:
     Mangia il tuo pan coll’orfanel digiuno,
48E allo ignudo una tonica procaccia.

     Sul sepolcro del giusto il vino, il pane
Metti tu pur; ma non voler gustarne,
     Per quanto ami il Signor, colle profane
52Anime a’ gaudi addette della carne.

     Sempre consiglio cercherai dal saggio;
Sempre Iddio pregherai che i tuoi sentieri
     Illumini benigno col suo raggio,
56Sicché a lui sien rivolti i tuoi pensieri.

     Non temer, figliuol mio: povera vita
Meniamo, è ver; ma sarem sempre in fiore,
     Se, Dio temendo e dando agli altri aita,
60Immacolato serberemo il cuore.

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