< Rime (Alberti)
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     Quegli occhi ornati di mestizia e riso,
quel fronte grave di costume e fede,
quel ragionar prudente e pien d’amore,
quella semplice astuzia in quel sospetto,
5quel servir ostinato, quello isdegno,
que’ vezzosi talora in pruova crucci,
     e quelle dolce pace doppo i crucci,
e quelle lacrimette in fra quel viso,
e subbito scordarsi ogni gran sdegno,
10e rannodar fra noi più intera fede
scoprendo ed odiando ogni sospetto,
poi darsi a gara a meditare amore,
     quei sguardi, quei suspiri, quello amore,
quel presentarci or lieti, or pien di crucci,
15quel senza fine in noi vano sospetto,
quei furtivi e cuperti cenni e riso,
quel pregar tanto l’amorosa fede,
quel arrossire e impalidir di sdegno,
     e quel pentirsi d’ogni stracco sdegno,
20arme furono e lacci con che amore
mi prese e vinse servo a tanta fede.
Piansi più anni i miei e gli altrui crucci,
adorando quell’occhi e labbra e riso,
onde, oimé, spesso in noi ardeo sospetto.
     25Ma ove quivi in me grave sospetto,
o pensier duro alcun premea mi’ sdegno,
un lieto salutare, un dolce riso

finiva ogni tristezza, ed ora amore
mille sospetti in me con sdegni e crucci
30in un momento aduna, e cresce fede.
     Quanto io più ardo, l’amorosa fede
più sente, ma non cura ombre e suspetto,
e son qui fiamme li passati crucci,
l’eterno mio dolore e l’altrui sdegno,
35qual maggior fanno el mio tormento, e amore
aimè, poi quivi non prestarmi un riso.
     Lungi dagli occhi onde quel dolce riso
in me nutriva fede in fra ’l suspetto
piango mie sdegni e castigo i mie crucci.

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