< Rime (Andreini)
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Sonetto CLXII
Sonetto CLXI Sonetto CLXIII

SONETTO CLXII.


I
L tempo al fin col suo girar cortese

Quel foco spense in me, ch’arte, od ingegno
     Non estinser giamai, non giusto sdegno,
     Non ragion, che già d’ira il cor m’accese.
Ei mi sottrasse al fin, ei mi difese
     Da i colpi, onde già fui misero segno;
     Per lui scevra n’andai dal giogo indegno,
     Per lui forza, e vigor l’anima prese.
Gradita libertà godo per lui,
     E se già piansi, hor rido; e ben conosco
     Qual (sua mercede) io son, qual (lassa) fui.
Son del mio cor gli antichi ardori spenti;
     Ma duolmi (ohime), ch’à l’aer cieco, e fosco
     Rinovan l’ombre, e i sogni i miei tormenti.

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