< Rime (Andreini)
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Sonetto CLXXXV
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SONETTO CLXXXV.


S
E per quelli salvar, ch’errar vedesti,

Se per campargli da l’eterna morte
     Senza partir da la celeste Corte
     Signor per tua pietà frà noi scendesti;
Quel sangue prezioso, che spargesti
     Tragga me da le vie fallaci e torte;
     E mi richiami à più felice sorte,
     Anzi che di mia vita il fin s’appresti.
E come da gli altrui devoti preghi
     Mosso, chiamasti del sepolcro fuori
     O gran Figlio di Dio Lazaro estinto.
Così la tua pietade hoggi non nieghi
     Di chiamar lo mio cor per morte vinto
     Da la Tomba infelice de gli errori.

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