< Rime (Andreini)
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Sonetto LVIII
Sonetto LVII Sonetto LIX

SONETTO LVIII.


D
Iscior vorrei da le deserte arene

De lo sterile mio mal colto ingegno,
     E trar ne l’alto Mar mio fragil legno
     De’ pregi tuoi, benche timor m’affrene.
Havrò ben di solcarlo altera spene
     D’Austro sprezzando, e d’Orion lo sdegno
     Nocchiero ardito, e non del tutto indegno
     Se la fortuna tua meco ne viene.

Alhor novo Arione in mezo à l’onde
     Canterò de’ tuoi fatti eccelsi, e divi.
     Ma dove son? qual pur m’inganna errore?
Basso stil troppo offende alto valore.
     Tù sol de le virtù, che’l Ciel t’infonde,
     Tù, che Cesare se’ ragiona, e scrivi.

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