< Rime (Andreini)
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Sonetto LXXVII
Sonetto LXXVI Sonetto LXXVIII

SONETTO LXXVII.


E
Cinta sì dal ferro empio, e nemico

La bella Francia; ma veder già parme
     Fatto maggiore al gran vibrar de l’arme
     Di lei sì cara al Cielo il pregio antico;
Ond’io piena d’ardir già m’affatico
     Per accordar questo mio basso carme
     Di Marte al suon, che non può spaventarme
     Sì, ch’io non canti il mio famoso Henrico.
Henrico il saggio, e sol d’Impero degno,
     L’opre di cui non men giuste, che forti
     Fanno immortal lui stesso, e ’l suo bel Regno.
Quel di cui sol la Fama hoggi ragiona;
     Nè sa veder s’ei meglio stringa, ò porti
     Lo scettro, ò ’l brando, l’elmo, ò la Corona.

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