< Rime (Andreini)
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Sonetto LXXVI
Sonetto LXXV Sonetto LXXVII

SONETTO LXXVI.


N
Essun’altro pensier da mè disvìa

Quel sì vivace, che soàve al core
     Spira veleno, e col gradito ardore
     Generoso desir nel sen mi crìa.

Questo con le bell’ali à voi m’invìa
     O chiaro essempio di sovran valore;
     E vuol, c’huom legga in quel, ch’appar di fuore,
     Che vostra fece Amor l’anima mia.
Nè girar d’anni, ò variàr di loco
     La vi torran; sì dolce atto cortese
     Vostra rara virtù nel cor m’ha ’mpressa.
Che più? nel cener mio fia desto il foco,
     Perche l’alta cagion, che ’n me l’accese
     Dopo la morte ancor sarà l’istessa.

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