< Rime (Andreini)
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Sonetto LXXV
Sonetto LXXIV Sonetto LXXVI

SONETTO LXXV.


Q
Uanto me stessa alhor (lassa) ingannai,

Quando destar nel tuo gelato core
     Faville di pietà, se non d’amore
     Ardendo, amando misera sperai.
Ma dolce sì da quegli ardenti rài
     Piovèa ne l’alma il mal gradito ardore;
     Ch’io con quel, che cadèa da gli occhi humore
     Rigido scoglio intenerir pensai.
Grate mi fur de gli amorosi strali
     Le piaghe sì; ch’io mai non chiesi aìta.
     Hor me stessa, ed Amor tiranno incolpo;
E pentita vorrei per fuggir l’ali,
     Ma non salda il fuggir mortal ferita,
     Nè torna pentimento à dietro il colpo.

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