< Rime (Bembo)
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Felice stella il mio viver segnava
Tomaso, i' venni, ove l'un duce mauro De la gran quercia, che ‘l bel Tebro

XXV.

Felice stella il mio viver segnava
quel dì, ch’inanzi a voi mi scorse Amore,
mostrando a me di fore
il ben, che dentro agli altri si celava,
in tanto che ‘l parlar fede non trova.5
Ma perché ragionando si rinova
l’alto piacer, i’ dico che ‘l mio core,
preso al primo apparir del vostro lume,
l’antico suo costume
lasciando incontro al dolce almo splendore,10
si mise vago a gir di raggio in raggio,
e giunse ove la luce terminava,
che gli diè albergo in mezzo al vivo ardore.
Ma non si tenne pago a quel vïaggio
l’ardito e fortunato peregrino;15
anzi seguì tant’oltre il suo destino,
ch’ancor cercando più conforme stato
a la primiera vita, in ch’era usato,
passò per gli occhi dentro a poco a poco
nel dolce loco, ove ‘l vostro si stava.20

E quei, come dicesse: – io men’vo’ gire
dritto colà, donde questi si parte,
ché, stando in altra parte,
quel innocente ne potria perire -,
sen’venne a me stranier cortese e fido.25
Da indi in qua, come in lor proprio nido,
spirando vita pur a l’altrui parte,
meco il cor vostro e ‘l mio con voi dimora.

Né loco mai né ora,
che gli altri amanti sì spesso diparte30
e di vera pietade li depinge,
pò noi un sol momento dipartire;
con tal ingegno Amor, con sì nov’arte
fe’ la catena, che ne lega e stringe.
E quanto in duo si sprezza o si desia,35
è bisogno che sia
sprezzato e desiato parimente;
ché l’un per l’altro a se stesso consente.
Così si prova in questa frale vita
gioia infinita senza alcun martire.40

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