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Sonetti - I Sonetti - III

II

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     Prendi, re per virtú sommo e perfetto,
quel che la mano a porgerti si stende:
questo scolpito e colorato aspetto,
in cui ’l mio vivo e naturai s’intende.
     E, s’a essempio si basso e si imperfetto
la tua vista beata non s’attende,
risguarda a la cagion, non a l’effetto.
Poca favilla ancor gran fiamma accende.
     E come ’l tuo immortai divin valore,
in armi e in pace a mille prove esperto,
m’empio l’alma di nobile stupore,
     così ’l desio, di donna in cor sofferto,
d’alzarti sopra ’l ciel dal mondo fore,
mira in quel mio sembiante espresso e certo.

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