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LE FORCELLE
Questo argomento toccò in sorte all’Autore in una Raccolta Nuziale, che aveva per titolo la Toletta. Il fatto poi, che si descrive ne’ seguenti versi, accadde in Venezia l’anno 1781. nella persona della Signora Residente d’ Inghilterra.
Segui, o leggiadra Sposa,
Le leggi del capriccio,
E un mal tessuto riccio
Sia dolce pena a te:
Ma la ricurva spilla
Al tuo bel crin si neghi.
Metilde ti dispieghi
L’incognito perchè.
Avea Metilde in fronte
Due sguardi mansueti,
Che le più fine reti
Sapeano a i cori ordir.
Avea d’illustri Amici
Stuolo cortese e denso,
Che il vespertino incenso
Venivale ad offrir.
* * *
Già su l’estivo cielo
Regna nembosa notte,
E da l’Eolie grotte
Scatenasi Aquilon.
Già si conturba il mare
In disusata foggia,
E grandinosa pioggia
Cade fra il lampo e il tuon.
Metilde in aurea stanza
Sedea tranquilla e lieta,
La schiera consueta
Veggendo intorno a se:
E mille udiva intanto
Piacevoli discorsi
Fra i delicati sorsi
De l’Arabo caffè.
* * *
Quì ride, quì favella
In amistà congiunto
Chi nacque assai disgiunto
Su lido oltremarin.
Quì ascoltasi talora
In placide contese
Garrir col serio Inglese
L’ allegro Parigin.
Questi del gioco amante
Ritirasi in disparte,
E dalle infide carte
Aspetta fedeltà:
Quegli ricrea le ciglia
Su i garruli Foglietti,
E a i chiusi gabinetti
Indovinando sta.
* * *
Frattanto la notturna
Procella si raddoppia,
E a l’improvviso scoppia
Un fulmine dal ciel,
Che le marmoree volte
Del ricco albergo fende,
E impetuoso scende
Fra il pallido drappel.
Co la trisulca lingua
Corse a lambir le mura,
E tutto d’un’impura
Fuliggine segnò;
Poi rapido volando
Sul crine de la Bella,
Per le crinite anella
Si avvolse, e le snodò.
* * *
L’ elettrica materia
Sentissi da gli aguzzi
Reconditi ferruzzi
Di quelle chiome attrar:
Ma, paga di rapire
Le inavvedute spille,
Commise a le faville
Quel crine rispettar.
Già si dilegua il vampo
Del fulmine innocente,
E la stordita gente
Risvegliasi, e fa cor.
Apre le ciglia, e vede
Co i crini a l’aria sparsi
Metilde, che destarsi
Non può dal suo terror.
* * *
Così la donna antica
Sul tripode sacrato,
Quando l’oscuro Fato
Piaceale interrogar,
A l’alito maligno
De la sulfurea Dite
Le chiome inorridite
Soleva in fronte alzar.
Udisti, Aglae? 1 Ti serva
L’ esempio non mendace...
Ah! resta, o Bella, in pace,
E sgombra ogni timor.
Il cielo a te prepara
Sol ilari vicende,
E Imene ti difende,
E ti protegge Amor.
- ↑ Aglae, nome assegnato alla Sposa dagli Editori della Raccolta.