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PER NOZZE.
Così parla Imeneo alla Sorella della Sposa.
No, non bagnar di pianto
La faccia dilicata,
Or che la Suora amata
Rivolge altrove il piè.
Convien che per seguirmi
Ti lasci in abbandono;
Ma un dio pietoso io sono,
Fidati pur di me.
Dopo i sofferti affanni,
Dopo l’indugio amaro
Al suo bel cor preparo
La debita mercè.
Ecco di Paffie rose
Io stesso la incorono.
Un dio pietoso io sono;
Fidati pur di me.
* * *
Quel che le vedi a manca,
Florido come Aprile,
È un Cavalier gentile
Pieno d’amore e fe.
E già tra le sue braccia
La chiudo e la imprigiono.
Un dio pietoso io sono;
Fidati pur di me.
Ei co la dolce Sposa
Move contento in fretta
Al Mella, che lo aspetta,
E che il natal gli diè.
Sin qua di mille viva
Udrai l’allegro suono.
Un dio pietoso io sono;
Fidati pur di me.
* * *
Ma in queste soglie istesse
Porrò di nuovo il piede,
E co le accese tede
Presenterommi a te,
Facendoti d’un chiaro
Bel giovinetto il dono.
Un dio pietoso io sono;
Fidati pur di me.
Dunque, o gentil Donzella,
Rallegra il tuo sembiante,
E pensa a quell’ istante,
Che assai lontan non è.
Sappi ch’io dico il vero,
Che ad arte non ragiono,
Che un dio pietoso io sono,
E fidati di me.