< Rime (Vittoria Colonna)
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Sonetto LX Sonetto LXII


SONETTO LXI

Quanto di bel Natura al mondo diede
  Nell’ opra sua più cara, e più gradita;
  Quanto discopre il Sol, quanto si addita,
  Che del poter divin ne faccia fede.
Dispregia il Ciel, poi ch’ altamente riede
  Quella luce immortale ed infinita,
  Per nostra indegnitate a noi sparita,
  Che ’n Cielo ha paragon, qui tutto eccede.
Or il chiamarlo ognor, nè ’l piagner sempre,
  Fa minor’ il dolor, maggior la speme,
  Morto è il rimedio allor che nacque il danno.
E s’ avvien, che ’l martir non mi distempre,
  La cagion s’ appresenta, e ’l danno insieme,
  Ond’ il rifugio istesso apporta inganno.

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