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SAMBUCI1
A voi fecondi clivi
Sabini, a voi vestiti
3Di frondeggianti viti
E di feraci ulivi,
Tra cui muggendo viene
6Il turbolento Aniene,
A voi, nel roseo incanto
Del moribondo sole,
9Sante d’amor parole
Disse d’Orazio il canto,
Ma del tripudio il giorno
12Passò senza ritorno.
Rade, ai pendii fiorenti
Dove ridean le vigne,
15Germoglian le gramigne
Agli sparuti armenti:
Nega al villan la vita
18La terra insterilita.
Che se, vincendo l’arsa
Rabbia del sol rovente,
21Sudata lungamente
Cresce la messe scarsa,
Lo scarno agricoltore
24La miete al suo signore;
E a lui la terra magra
Matura il reo frumento
27Che gli distilla il lento
Velen della pellagra,
Quando clemente il cielo
30Non l’arde in sullo stelo...
. . . . . . . . . . . .
- ↑ Frammento. Tutti ricordano ancora la fame sofferta dagli infelici abitatori di Sambuci (Roma) nell’inverno del 1805.