< Rime disperse
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XXV
XXIV XXVI


 
Chi pon freno al dolor o per qual modo
levar si può di mente
tanto ricordo di sì cara cosa?
Morte importuna ha sciolto il fresco nodo
5e ’l legame possente
mostrar in degno vel saggia alma ascosa;
e la seconda rosa,
c’ april vedesse mai, poc’ ora ha chiusa;
onde riman confusa
10l’Aurora, c’alevar pensava un germe,
e le speranze altrui restano inferme.

Più cagion di voler una sol morte
ha suscitata in noi,
e ’nfiniti sospir d’ un sospir breve;
15ché, se mai ad alcun fu dato in sòrte
il fior degli anni soi
ornar d’ ogni virtù, fu cosa leve
in costei, che sì greve
e disdetta ne fa parer la vita;
20ché ’n lei non fu acquisita
virtù, ma propria e d’ un valor nativo,
nato a servire il suo bel nome divo.

Ma l’invidiosa Parca il capel scelse,
per farne ingiuria al mondo,
25c’al suon del nome suo potea bearsi;
così importunamente al fin lo svelse,
ch’io sento dal profondo
del cor di tutti e soi molta aura trarsi,
sì che, per lontanarsi,
30mal si pò far che non si senta il spiro;
tal che l’altro martiro
è sì diffuso in ogni parte omai,
c’ovunque io vado sento tragger guai.

Aimè!, quando vedren mai che la fede,
35l’onestà, il giusto e ’l vero
trovin sì fermo et immutabil loco?
in chi l’accorgimento, in chi si vede
l’alto giudicio intero,
l’animo acceso d’un celeste foco?
40Non io però, non poco
ha da dolersi chi la vide in atto:
ma più voi, che sì ratto
per grave influsso di maligna stella
perduto avete sì cara sorella.

45Ond’ora indarno il desiderio vostro
fa forza alla Natura,
che ne la diede e sì tosto la tolse.
Men male era il valor non aver mostro,
ma di ragion non dura
50tal vïolento ben, qual lei raccolse.
Sì che non ben ne sciolse
quel aureo crin, che ’l ver circonda e liga,
né lacrimando riga
del liquido cristallo il dolce,
55c’a Giove potrà aver l’imperio tolto.

Ben posson cotai lacrime e sospiri
mover chi vede et ode;
ma la implacabil Morte, e cieca e sorda,
senza rispetto, dell’ altrui martiri
60e tormenti si gode,
sì mal il nostro al suo voler s’ accorda;
d’ ogni merto si scorda,
né stato né virtù né gloria stima;
anzi, si leva in cima
65Fortuna alcun di sua volubil sfera,
crëa maggior temenza in chi più spera.

Ma perché tanto imperio arroga il tempo
di mandare in oblio
ogni memoria del passato male,
70spegner gli affanni non fu mai per tempo
d’alcun duro desio,
massimamente ove ’l sperar non vale.
Pensar ch’ era mortale,
se ben fu ricca di precioso vello,
75e aver ornato el cielo
con soi bei lumi, può levarti il tedio,
se pazïenzia è d’ ogni mal rimedio.

Canzon, se non s’ acqueta
madonna, che ’l dolor forse ancor punge,
80non t’accostar, ma lunge
aspetta che ’l bel volto si rasciuge,
ché meglio, rallentando, il duol si fuge.

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