< Rime disperse
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XXIII XXV


 
False speranze ond’ io predato fui,
pensier molesto, inutile fatica,
piaga sepolta nel mio pett’ antica,
4no più me, no, solecitat’ altrui.

Lontan da te mi chiam’ a sé Colui
che del buon seme rende miglior spica,
e tu, spietata di mie mort’ amica,
8piangi di me, c’ altro signor mi frui.

Ficte lusinghe, ’nstabile promese,
non più vi goderete del mio male,
11ché d’ uom ignudo più non tem’ offese.

Non son più segno distinat’ a strale;
finit’ è ’l tempo delle sciocch’ imprese.
14Getta, Amor, l’ arco; ingrata donna, vale!

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