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Vincenzo Monti, nato presso Fusignano (territorio Ferrarese) ai 19 di febbraio 1754, morì in Milano il dì 9 ottobre 1828: del quale, poichè molti già scrissero con varietà di giudizio e di affetti, io che devo esser brevissimo, renderò con poche parole testimonio sincero alla bontà di quel grand'uomo. Il quale vicino al finire della vita, da persona [1] a lui e a me carissima, più volte e istantemente mi fece richiedere di quest'uffizio; non meno dovuto alla verità, che ad una lunga e fedele amicizia. Poichè la bontà del mio Amico fu nota e provata a quanti lo conobbero, degni di amarla; e non meno la conobbero gli indegni, che troppi, e troppo l'abusarono. Ma quelli che non lo videro, e molte generazioni future che ne' suoi scritti leggeranno parole superbe e sdegnose, potrebbero leggermente crederlo assai diverso da quello che fu. Però ci è necessario, avvertire, che egli quando si fece riprenditor veemente di quelli che studiano ad ingannare il genere umano o ad opprimerlo; compié il debito di poeta civile: quando poi, o essendo o credendosi offeso, punse altrui non per causa pubblica, ma per suo proprio dolore; non fu mai concitato da stimoli d'odio o d'invidia; ma trasportato da un torrente di fantasia: la quale in lui (somigliandolo a Cicerone) soverchiò le altre parti della mente, e dominò la vita. Egli per verità pronto a divampare in isdegni, non sempre giusti, ma brevi e placabili, altrettanto fu incapace dell'odio: anzi rispondeva coi benefici alle ingiurie; poco sapendo guardarsi da nuove offese d'ingrati, e d'ingannatori.

Nella severa maestà del suo volto (sì vivamente rappresentata dalla scultura di Giambatista Comolli), la grazia (non rara) di un sorriso dolce e delicato rivelava pienamente un animo sincerissimo e affettuoso. E la sincerità fu perfetta; che nè voleva nè poteva dissimulare non che fingere verun pensiero: e perciò detestava forte ogni falsità e simulazione: così avesse saputo da falsi e simulati difendersi! Quell'anima nobilissima ignorò affatto l'invidia: nell'estimare gl'ingegni e gli studi altrui quasi troppo liberale; nel giudicare i vizii e le virtù piuttosto molle che rigido; nel far congetture delle indoli semplice; e siccome corrivo a immaginarsi il bene, così facile ad ingannarsi: placabile ai tristi con facilità deplorabile; affabilissimo anche agli sconosciuti ; amico agli amici con fede e tenerezza singolare. Ingrandiva ogni minimo servigio che ricevesse; e alla riconoscenza non poneva termine; compativa a tutte le afflizioni; avrebbe voluto soccorrere tutti i bisogni; amava e favoriva tutti i meriti: e della grazia che giustamente godette presso i potenti cercò profitto non per sè stesso, ma per altrui.

Studiò di non dispiacere a' potenti: e perchè il giuoco di fortuna è insolente e spesso nel suo teatro gl'istrioni si cambiano; perciò il buon Monti necessitato di voltare quanto a Ponente e quanto a Settentrione la faccia, non potè sfuggire dal biasimo di quelli che nel poeta vorrebbero gravità e costanza di filosofo; e a lui diedero colpa di mutate opinioni. Ma egli non vendette la coscienza, non mai nè per avarizia per ambizione; e nemmeno si può dire che mentisse a sè stesso. Lo fece apparire mutabile una eccessiva e misera e scusabile timidità; la quale egli stesso confessava ai più stretti amici dolente. E si consideri che a lui già famoso non sarebbesi perdonato il silenzio. E si guardi che s'egli variamente lusingò i simulacri girati in alto da fortunevole ruota; non però mai falsò le massime, non raccomandò l'errore, non adorò i vizi trionfanti, non mancò di riverenza alle virtù sfortunate; sempre amò e desiderò che il vero, il buono, l'utile, il coraggio, la scienza, la prosperità, la gloria fossero patrimonio di nostra madre Italia.

In somma chi ha conosciuto intimamente e considerato bene il Monti può dire, che le molte ed eccellenti virtù che in lui il mondo ammirò, e i tanti suoi amici adorarono; e quel non molto che alcuni ricusarono di lodare; quella vena beata di poesia e di prosa, quella d'immagini quella variata ricchezza di suoni, quella arguta abbondanza di modi in tante differenti materie; e similmente quelle ineguaglianze e dissonanze e, quasi quei balzi di stile; quell'audacia talora di concetti scomposti, e di figure meno vereconde; e così quella facilità e mobilità di affezioni, quelle paure con piccolo motivo, e così tosto quegli ardimenti con poca misura; quelle ire subite e sonanti con quella tanta facondia nell'ira; quelle amicizie sì prontamente calde, e sì fluttuose: quella modestia e semplicità di costumi; quella sincerità candidissima; quella perpetua ed universale benevolenza; quella, per così dire, muliebrità d'indole (che pareva più notabile in corpo quasi di atleta, e nella poetica baldanza dell'ingegno), tutto nel Monti era parimente cagionato da prepotenza di passiva immaginazione. La quale dopo molti anni egli seppe frenare, ed ammogliare al giudizio; sommettendola a studi potenti, benchè tardivi: grande meraviglia, a tutti che paragonavano lui lungamente giovane a lui tardi maturato scrittore. Ma quanto il suo ingegno si maturò senza appassire, tanto gli bastò sin presso all'estremo fervida la giovinezza del cuore. Sia duro giudice a te, mio carissimo Vincenzo Monti, chi vuole però; a noi sarà caro perpetuamente il rimemorare con amorosa malinconia, che il poeta riverito in Europa, adorato dagl'ltaliani, l'amico di Ennio Visconti e di Barnaba Oriani, l'encomiatore del Parini e del Mascheroni, visse non meno buono che grande.

Pietro Giordani

Note

  1. Adelaida Calderara Butti
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