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XXXII
PER ALFONSO PRIMO D’ESTE
Se barbarico ardire
Per ampio spazio di valor sublime
Tenta le palme prime,
Nè d’Ostro asperge, tanto osando, il volto;
5O che senz’altro dire,
Terrò sdegnoso ogni parola a freno,
Od al profondo seno
Sol riso in bocca mi verrà disciolto.
Che fia, se Anteo sepolto
10Sulla riva materna
Chiedesse agli alti Dei
I primi lauri della gloria eterna?
Cert’io mi tacerei;
O s’io dicessi pur, per l’aria chiara,
15La cetra mia sol soneria Ferrara.
Nobile alta guerriera,
Che d’eterno valor ferrata il petto,
Hai d’anelar diletto.
Là ove sudor d’alta virtù risplenda,
20Par di Pallade altera,
Quando a pugnar sulle volubil rote
L’Egida innalza, e scote
L’asta tremenda, sanguinosa, orrenda,
Solo il tuo nome intenda
25Barbara terra, e poi
Per lo gran campo sprone
Dietro a tua chiara stirpe i corrier suoi;
Che suoi pregi e corone
Scherno saran di neghittoso piede,
30Se già soverchio ardir non ha mercede.
A glorïose mete
Entro Olimpo d’onor corse Accarino,
Almo di te Quirino,
Corse Alforisio, Bonifacio corse;
35Giudice il gran Narsete
Valerio mosse in paragon non lento;
Ma su piuma di vento
Rapida donna i Cavalier precorse;
Mosse lor dietro, e forse
40Mosse più nobil penna
Il primo Alfonso invitto,
Quando l’udì tanto tonar Ravenna,
E nel crudel conflitto
Dal magnanimo cor sciolse parola,
45Ch’oggi sì dolce per l’Italia vola.
Melpomene canora,
Vestì belle ale agli omeri di neve.
E giù per l’aria leve
Batti veloce a i Ravegnani liti;
50Ivi la riva infiora,
Ed ergi ivi d’allor cerchio frondoso,
Che in trapassar pensoso
Del grand’Estense il peregrin l’additi.
Ma quai cerchj fioriti,
55O quai frondosi allori,
Pregio saran non poco
Per coronar ne i più feroci ardori
La destra alta di foco,
Che star costrinse mansueti a segno
60Valorosi guerrieri entro il suo regno?
Saggio il Re, che ’n fra i vivi
Il bel sentier della virtute imprime;
Via più se dalle cime
Chiama di Pindo ad eternarsi i cigni.
65Re degli Esperii rivi
Armò d’ambe quest’áncore sua nave
Il tuo signor nel grave
Egeo mortal fra gli Aquilon maligni;
Altrove atri e sanguigni
70Mandò tuoi corsi; altrove
I patrii campi asperse
Di tronche membra, e di rie morti nove;
In pace, orribil’erse
Macchine al Ciel d’inespugnabil mura
75Dedalo altier fe’ la città sicura.
A’ suoi tesor non parco,
Con saldissimo piè corse la via.
Di real cortesia
Onorando l’altissimo Poeta;
80Ed ei le corde e l’arco
Trattò così, come trattar suol spesso
Il biondo Apollo istesso:
Che nobil Musa al guiderdon vien lieta.
Allor stiè l’aria cheta,
85E girò cheta l’onda,
E nulla unqua rispose
Giocosa voce, che spelonca asconda,
E sulle piagge erbose
Stetter le fere, e per udir vicini
90Dagli alti monti si calaro i pini.
Però ch’ei fea d’intorno
Udir, siccome l’animosa lancia
Fu di Ruggiero in Francia
Colonna spesso all’Africano ardire:
95E quando il lume adorno
In fronte femminil d’occhi guerrieri
Accesi i suoi pensieri
Di fortunato, e di fatal desire:
E quando incendio d’ire
100In stretto loco il cinse
La ’ve sotto Acheronte
La corona de’ Tartari sospinse:
E quando il ferro in fronte
Alto tre volte all’orgoglioso immerse,
105E tutto Algier di tetro orror cosperse.
Così d’alto ei commise
All’auree corde della cetra aurata
L’alma stirpe beata,
Stirpe eletta dal Cielo, al Ciel diletta;
110E con mirabil guise,
Pur d’atto eccelsa dimostrolla appieno,
Non qual fiume terreno,
Che sgorga rivo, indi maggior s’affretta,
Or tu, di cui saetta
115Su da i monti celesti
La destra onnipotente,
Guarda, Dio, guarda da’ rei casi infesti,
Guarda l’inclita gente;
E tua pietate eternamente estenda
120Il sangue, onde l’Esperia aurea risplenda.