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Questo testo fa parte della raccolta Poesie greche


Se alcuno già felice diventato
    Per glorïosi ludi od ôr possente,
    Non da fortuna prospera accecato
    4Il grave orgoglio frenar sappia in mente
Della città ben merta egli le lodi.
    O Giove, le virtù grandi tu dài
    Compagne all’uom. Chi serva accorti modi
    8Più a lungo, o Giove, fortunato fai.
Ma non così la prospera ventura
    Fida compagna è all’uom d’alma maligna.
    Il forte gl’inni al suo valor procura,
    12Ma merta il vate ancor grazia benigna.

Di due vittorie ha già Melisso il merto
     Ai ludi conseguite, onde ha diletto.
     Nell’istmie valli ottenne il primo serto,
     16L’altra dove il Leone erse il suo petto
Nella selvosa valle, ov’ei vincendo
     Co’ destrieri alla corsa ebbe la lode
     Dal banditor, che lo venia dicendo
     20Gloria di Tebe e sovra gli altri prodi.
Degli avi suoi l’ingenito valore
     Non avvien dunque che costui smentisca.
     Tebani, è noto qual dai carri onore
     24Cleonimo 1 mertò nell’età prisca.
Dai labdacidi quelli avean l’onore
     Di scendere per madre: a lor prodezza
     Fu il guidare quadrighe, e il lor sudore
     28Premer fe’ lor la via della ricchezza.
Ma il Tempo nel recar dei dì vicenda
     Gli eventi umani ha instabile mutati:
     Ma nulla mai dei Numi i figli offende,
     32Essi si stanno ognora invulnerati 2.

  1. Avo di Melisso discendente da Laio e da Edipo.
  2. Nesso dell’ode: ― Il felice, non superbo è lodevole: le virtú son da Giove: la saggezza fa durare, la malvagità distrugge la prosperità: gl’inni al prode, ma ai poeti una ricompensa. Melisso è prode, non degenere degli avi, ma è umile sapendo tutto, eccetto gli Dei, caduco.

Note

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