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Li spiriti L'ammantate
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

SESTO, NUN FORMICÀ.1

     Te laggni che ttu’ mojje te tormenta
E abbràccichi2 la notte un zacco-d’ossa!
Tu ffajje sbucalà3 men’acqua rossa,4
4Tiettel’a ccasa, e mmettela a ppulenta:5

     Eppoi vedi, peddìo!, si tte diventa
Com’una vacca o ’n’antra bbèstia grossa,
E ssi in nell’atto de dajje6 la sbiòssa7
8Ce senti entrà l’u...... che cce stenta.

     Grasse, o ssecche, lo so, ssempre so’ ssciape8
Le mojje appett’a un po’ de pu...anella:
11Ma pe’ cqueste sce vò ffette-de-rape.9

     Tratanto, o ssecca o nno, ttu’ mojje è bbella;
E ssibbè10 cche un po’ ccommido sce cape,
14Titta,11 da’ ggrolia12 a Ddio, fr...ete cuella.

Roma, 19 novembre 1832.

  1. Sesto preceto del Decalogo: "Non fornicare.„ [Ma il Romanesco ci associa l’idea di formica.]
  2. Da abbraccicare, cioè “abbracciare.„
  3. Votar boccali.
  4. Vino.
  5. Comunissima usanza di chi vuole ingrassare.
  6. [Dargli]: darle.
  7. Assalto. [V. la nota 5 del sonetto precedente.]
  8. [Scipite.]
  9. Piastre, le quali monete per la figura e colore somigliano ecc.
  10. Sebbene.
  11. [Bista, Giambattista.]
  12. Gloria.

Note

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