Questo testo è completo, ma ancora da rileggere. |
SIGILLO DI RINALDO DEGLI SCROVEGNI
(secolo xiii)
Nella mia modesta raccolta di monete, medaglie, sigilli, ecc. di Padova, possiedo un sigillo in bronzo di bellissima conservazione, di forma rotonda e del diametro di mm. 33, apprezzato da quanti lo videro, perchè ritenuto spettante a Rinaldo (Reginaldo) degli Scrovegni.
Non è ora mia intenzione, per illustrare codesto sigillo, di fare la storia di sì antica famiglia padovana, importante non solo per la storia dell’arte, sì bene per quella politica della nostra città, che già da molti e abbastanza diffusamente venne trattata; soltanto io intendo di toccare quei punti, che in qualsiasi modo possono gettar luce sul personaggio, al quale il sigillo apparteneva.
Le origini di questa famiglia si perdono nel buio dei tempi. V’ha chi le fa risalire ad un tal Rinaldo Pota di Scrova, il quale, semplice suonatore dapprima, sarebbesi quindi dato all’usura1, vile mestiere che trovò salde radici nella tanto corrotta società medievale.
Secondo un codice anonimo del sec. XVII1, gli Scrovegni avrebbero tratta la loro origine da Bruzene (Brugine), paesello della provincia di Padova, ed il loro capostipite avrebbe esercitato il mestiere del maniscalco.
Ambedue queste tradizioni, come chiaramente si vede, concordano nel dare un’origine molto umile a questa famiglia che, in breve lasso di tempo, divenne tanto potente da concepire la speranza della Signoria di Padova, togliendola ai Principi da Carrara2.
Però il codice anonimo su citato è in errore, allorquando asserisce che questa famiglia fu ascritta fra i nobili soltanto nel 1420, mentre invece lo fu fin dal 10813.
Orbene, senza dilungarci nel fare delle vane conghietture sulle origini molto incerte degli Scrovegni, sarà bene gettare lo sguardo sull’albero genealogico4 di tale famiglia.
In questo vedremo non pochi i nomi dei Rinaldi, dei Pietri, degli Ugolini, degli Enrici, e così via di seguito, come pur sempre ci è dato vedere in tutti gli alberi genealogici, cercandosi da ogni famiglia, col facile mezzo dei nomi, di eternare la memoria degli avi, e delle loro virtù se ve ne ebbero.
Lasciando da parte gli altri nomi, che a noi ora non interessano, quello di Rinaldo per ben tre volte ci si presenta. A quale di questi tre Rinaldi il sigillo in parola appartiene? La soluzione di questo problema è senza dubbio la parte più importante per l’illustrazione del sigillo.
Grazie agli insegnamenti paleografici impartitimi dall’illustre Prof. Andrea Gloria, nonchè da mio zio Luigi Rizzoli, conservatore del Museo Bottacin, ho potuto con molta probabilità stabilire l’epoca, alla quale il sigillo si deve riportare.
La trascrizione del sigillo è la seguente: nel mezzo vi ha la scrofa, che è Tarme degli Scrovegni; all’intorno:
+ S·RAINALDI · DЄSCROVIЄNIS
Le lettere di questa iscrizione sono di una forma gotica, che sente del romano; ebbene tale forma nel mentre mi pare escluda che il sigillo possa appartenere al primo Rinaldo, del quale non si sa assegnare un’epoca, ma che certo, per essere troppo antica, sarebbe paleograficamente in modo molto diverso da quello della suddetta iscrizione rappresentata, nega parimenti che detto sigillo spetti a quel Rinaldo, di cui si ha memoria nei primi decenni del 1300. Esso adunque apparterrebbe a quel Rinaldo che occupa, secondo l’ordine cronologico, il posto di mezzo fra i due suaccennati, riportandosi al secolo XIII. Questo Rinaldo Scrovegno sarebbe stato il padre di quell’Enrico, che ebbe tanta parte nella storia della nostra città.
Assai poco ci è dato conoscere intorno alla vita di Rinaldo. Favorito dai tempi, in cui le industrie erano fiorentissime ed in special modo quella della lana, alla quale ogni sorta di privilegii venivano accordati, esercitò avidamente il mestiere dell’usuraio. Ricchissimo sposò Capellina de’ Malacapelli, della nobilissima famiglia di Vicenza. Innalzò un fortissimo castello a Trambacche, ove pure costruì un ospitale5.
Il sommo poeta Fiorentino, al canto XVII dell’Inferno, là dove parla degli usurai, non dubita di porre il nostro Rinaldo tra quella numerosa famiglia di peccatori; egli ce lo fa conoscere, descrivendo, in modo assai preciso, Tarme della sua famiglia, con i versi seguenti:
“Ed un, che d’una scrofa azzurra e grossa |
Anzi a proposito di questi versi, sta bene che io riporti ciò che ne disse uno dei più antichi esegeti di Dante, Benvenuto di Gran Compagno da Imola, il quale così si esprime:
“.... et iste fuit quidam Miles Paduanus, qui vocatus est Dominus Raynaldus de Scrovignis, vir ditissimus in immensum. Scrovigni autem portant Porcam azurram in campo albo, et inde denominati sunt7.„
Ognuno sa quanto largo piede avesse preso l’usura nella società medievale e quanti altri mali a questo si fossero aggiunti. Ma se di grandi vizi fii ricco il medio-evo, non dobbiamo disconoscere che anche grandi virtù in esso rifulsero, anzi ehe grandi virtù quasi naturalmante fecero seguito al lento ma continuo progredire del vizio.
L’usura del nostro Rinaldo, tanto funesta alle condizioni economiche e morali del suo tempo, tornò all’incontro utile dal punto di vista che fu causa inconscia ma determinante della costruzione di quella chiesetta, che tanto è ammirata per gli splendidi affreschi di Giotto e della sua scuola, di cui sono tappezzate le interne sue pareti, nonchè per il monumento di Enrico Scrovegno, opera diligentemente condotta da Niccolò da Pisa8. Con ciò intendo di parlare della ben nota Cappella degli Scrovegni, situata entro l’area dell’antica Arena di Padova. Cotesto prezioso monumento, che tanto illustra la nostra Città, fu costrutto da Enrico figlio di Rinaldo nell’anno 1303, e per espiare le colpe paterne, e per rendersi benevolo il popolo, il quale a ragione odiava quella famiglia, che solo dagli illeciti guadagni avea tratta l’origine della sua potenza.
Questa chiesetta da Enrico venne intitolata dalla Carità, quasi a ricordare quella virtù, che suo padre mai non conobbe.
Le poche notizie su Rinaldo, che brevemente ho riportate, rappresentano tutto ciò che io ho potuto desumere dagli scritti più accreditati e in gran parte documentati, riferentisi alla famiglia degli Scrovegni; ben più larghi di notizie essi sono intorno ad Enrico, il quale finì la sua vita in Venezia, essendo stato bandito da Padova da Marsilio da Carrara, al quale era venuta in sospetto la potenza degli Scrovegni, uniti in forte alleanza cogli Estensi e colla Serenissima Repubblica. Le sue ceneri, trasportate a Padova, furono deposte ove giaciono tuttora nel monumento, di cui poco prima ho fatto menzione.9
Luigi Rizzoli Juniore.
- ↑ 1,0 1,1 Vedi, nei Cenni Storici sulle Famiglie di Padova e sui Monumenti dell’Università, il capitolo sugli Scrovegni di A. Dall’Acqua.
- ↑ Vedi La Cappella degli Scrovegni e l’Arena di Padova di A. Tolomei.
- ↑ Vedi, nei Cenni Storici sulle Famiglie di Padova e sui Monumenti dell’Università, il capitolo sugli Scrovegni di A. Dall’Acqua.
- ↑ Per tale albero mi sono servito di quello inserito nell’opera citata: Cenni Storici sulle Famiglie di Padova, fatto con la massima diligenza.
- ↑ Vedi Cronache delle Famiglie di Padova, con stemmi a colori di Gio. Batt. Frizier. Ms. del sec. XVII esistente nel Museo Civico — B. P. 1232.
- ↑ Degli Scrovegni, Dante, oltre a Rinaldo, avrebbe conosciuto, siccome sostengono molti tra i suoi commentatori, anche Pierina figlia di Ugolino. Questa Pierina, celebre umanista, sarebbe andata sposa prima a Marino de’ Macaruffi, poi, secondo Bernardino Scardeone, canonico padovano e scritttore del sec. XVI, ad un giovane dei Forzate. Detti commentatori deducono la loro asserzione dalla canzone della Vita Nuova, che comincia:
“Amor, tu vedi ben, che questa donna
La tua virtù non cura in alcun tempo,
Che suol dell’altre belle farsi donna.„
- ↑ Vedi Domenico Maria Manni, Osservazioni Istoriche sopra i Sigilli Antichi de’ secoli bassi. Tomo XIV — Sigillo XI.
- ↑ Vedi La Cappella degli Scrovigni e l’Arena di Padova, di A. Tolomei.
- ↑ Altri due sigilli, oltre a quello testè illustrato, si conoscono spettanti alla famiglia degli Scrovegni. Uno, che nello scorso secolo faceva parte della collezione del Sig. Giovanni Co: De Lazara, ora si trova nel Museo Civico di Verona. Questo sigillo in bronzo, di forma elittica forma caratteristica dei sigilli ecclesiastici, ha nel mezzo la solita scrofa arme degli Scrovegni ed all’intorno la seguente iscrizione: † · s - petri scrovigni · can - padvai. Consultata la Serie Cronologico–Istorica dei Canonici di Padova del Marchese Orologio, ho trovato due Pietri Scrovegni Canonici, ma l’uno del secolo XIII, l’altro del secolo XIV. Ora per il tipo delle lettere, tipo proprio del secolo XIV, si deve ritenere che il sigillo appartenesse al secondo Pietro, il quale, per il documento Gennari, ricordato nell’opera citata, sarebbe stato canonico fin dal 1369, li 4 novembre.
L’altro sigillo, che si conosce, è quello che va sotto il numero XI, tomo XIV, nelle Osservazioni Istoriche sopra i Sigilli de’ secoli bassi di Domenico Maria Manni. Nel passato secolo era posseduto dal Cav. Gaetano Antinori; ora, come io credo, deve trovarsi nella collezione dei sigilli medioevali del Museo Nazionale di Firenze. L’inscrizione circolare, che è questa; † sigillvm · petri · scrovign, è formata di lettere appartenenti paleograficamente al sec. XIV.
Orbene, nel mentre possiamo escludere scientificamente per la forma delle lettere che il sigillo spettasse a quel Pietro Scrovigno, Giudice del Collegio nel 1275 e marito di Giacomina de’ Paltanieri, e a maggior ragione anche per la forma stessa del sigillo, che è rotondo, a quel Pietro Canonico, morto nel 1276, ci troviamo di fronte ad una grave difficoltà nello stabilire a quale dei due Pietri, vissuti nel secolo XIV, il sigillo avesse appartenuto.
Con qualche probabilità si potrà, condividendo l’opinione del Manni, riportarlo a quel Pietro Capitano dei Carraresi, che fu figlio di Ugolino, Podestà di Belluno.