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III
Sulla natura dell'onore e del piacere.
Similemente onore
comò ’l piacere,
al meo parere,
s’acquista e si mantene;
5e ambur hano un core
e un volere,
comò savere
a li bon si convene.
Donqua dirà l’on: — Come
10amburo han più d’un nome,
da poi che ’nsieme
son d’una speme
e d’un volere e d’uno intendimento? —
Però che son du’ cose
15in un voler conchiose:
dal piacer véne
in prima ’l bene,
und’onor cresce, ch’è suo compimento.
In prima che ’l piacere
20è l’obedire,
unde ’l servire
si move ogna stagione;
e non è alcun savere
da più saglire
25sensa’l sufrire
per nessuna cagione.
Che ’l sofferire è tale,
e tanto monta e vale,
che fa compire
30ogni volire
e d’ogni bene è somma e sentensa.
Chi non è sofferente
non può esser piacente,
né può montare
35in grande affare.
Cotanto vien da fina canoscensa!
Cannoscensa si move
da senno intero,
comò dal cero,
40quand’arde, lo sprendore,
e tutte cose nòve
di stato altèro
di le’ nascerò
e nasceno a tutt’ore.
45A la sua signoria
si regge cortezia,
tutta larghessa,
tutta prodessa,
pregio e leansa e tutto vali mento.
50Quel corpo là u’ si cria
giammai non falleria
né per ricchessa,
né per grandessa,
tanto lo guida fino insegnamento.
55Tant’è Tom da pregiare
di canoscensa
e di valensa
quant’opra per ragione;
e tant’è da blasmare
60quant’ha potensa
e intendensa
e non fa messione
per venire in orransa,
in lontana contansa,
65e per potere
tra i bon capere
e conquistar l’onor, che s’abandona
per la dismizuransa
de la malvagia uzansa,
70che fa valere
poco d’avere
più che bontà u pregio di persona.
Se l’onor vi parlasse,
signor, ch’andate
75e cavalcate
a guiza di maggiori,
non sria chi l’aspettasse,
se ben guardate
quel ch’operate
80ver’lui nei vostri cori.