Questo testo è completo.

Già porta il sol dall'oceano fuore
Il suo splendore; e va spargendo intorno
Novello giorno di letizia ornato
Più dell'usato.
Scuotono i pini dall'antica chioma5
L'orrida soma, che gli tiene oppressi,
E i monti anch'essi l'agghiacciate fronti
Sciolgono in fonti.
La valle e'l prato in quelle parti e in queste
L'erbe riveste, e di fiorita spoglia10
Lieta germoglia, che da sciolta neve
Vita riceve.
E pure il verno or or del pigro gelo
II bianco velo avea per tutto steso,
E d'ira acceso Borea, ove correa,15
Nembi movea.
Ah ben conosco ormai l'alta cagione,
Che sì dispone gli elementi tutti.
Non più di lutti e doglie il nostro petto
Sarà ricetto.20
Nato sei tu, che con eterne leggi
II moto règgi alle celesti sfere
E alle nere tempeste il freno e ai venti
Stringi ed allenti.
Nato sei tu, dalla cui mente immensa25
Pende l'essenza e 'l corso delle cose,
Che sono ombrose agli occhi de'mortali
Deboli e frali.
Quello tu sei, che agli elementi diede
Natura e sede, e gli compose in pace;30
Talchè del sol la face, un tempo oscura,
Sorgesse pura.
Tu alla terra ed all'acqua il basso loco,
E desti al fuoco più sublime sfera,
E la sincera e pura aria dappresso35
Ponesti ad esso.
Quello sei tu, che creò l'uom primiero,
Che'l gran d'impero disprezzando, morse
II pomo, e corse in braccio al suo periglio
Senza consiglio.40
Tu per corregger l'uman germe immondo,
Festi del Mondo un elemento solo,
Sì che alcun suolo non rimase asciutto
Dall' ampio flutto,
Quando salì di Proteo il gregge fido45
Su 'l caro nido degli eterei augelli,
E i daini snelli, non trovando sponda,
Notar sull'onda.
Or che d'alta pietà per noi si muove,
In forme nuove ad emendar ci viene,50
Non con le pene già dovute a noi
Dai sdegni suoi;
Ma pigliando in sè stesso i proprj affanni,
Per torci a' danni delle colpe gravi,
E acciò si lavi un infinito male55
Con pena eguale.
Ei mirò noi, come sdruscito legno
Fra I' aspro sdegno d' Aquilone e Noto,
Che per l'ignoto pelago fremendo,
Fan suono orrendo.60
E come dopo un' orrida procella
Amica stella a' naviganti appare,
Che quieta il mare, e col suo lume fido
Gli adduce al lido;
Tale il suo ajuto e 'l chiaro esempio sorge,65
Che l'alme scorge a godimento eterno,
Che mai per verno, o per estivo ardore
Languisce o muore.
Or gli alti colli abbasseran le cime,
E l'ime valli sorgeran fastose,70
E diverran le vie scabrose e strane
Facili e piane.
Il superbo, che vil sè stesso rende,
Perchè dipende dall' ossequio altrui,
I fasti sui lasciando al Nume vero75
Volga il pensiero.
E allor gli fia quella virtù concessa,
Che da sè stessa trae sommo piacere,
Non dall'altere pompe e dagli onori
Di gemme e d'ori.80
Or che l'Autore della pace è nato,
In ogni lato si diffonde lieta,
E tutte accheta le feroci genti,
Di sdegni ardenti.
Talchè il furor dell'aquile latine,85
Ch'aspre ruine ragunava intorno,
E sempre adorno di novello acquisto
Scorrer fu visto
Traendo dietro de' romani segni
Provincie e regni debellati e vinti,90
E i Regi avvinti agli trionfi suoi
Da' lidi eoi,
L'armi depone, ed in aratri duri
Cangia le scuri sanguinose e fiere,
E le guerriere spade e i fasci ostili95
In falci umili.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.