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ORAZIONE III
Capitolo I
Che lo amore è in tutte le cose, e inverso tutte, creatore di tutte, e maestro di tutte.
Tre cose per lo avvenire, secondo la mente di Erissimaco, si debbono trattare: prima, che lo amore è in tutte le cose, e per tutte si dilata: seconda, che di tutte le cose naturali l’Amore è fattore e conservatore: terza, che di tutte le arti egli è maestro e signore.
Tre gradi di cose nella Natura si considerano, superiori, inferiori, e eguali. Le superiori sono cagione delle inferiori le inferiori sono opere delle superiori: le cose eguali hanno tra loro una natura medesima. Le cagioni amano le sue opere, come sue parti e imagini: le opere desiderano le sue cagioni, come conservanti quelle cose, che sono eguali, apportano Amor reciproco tra loro, sì come i membri d’un corpo medesimo. E perciò Dio con benevolenzia governa li Angeli, e li Angeli insieme con Dio governano l’Anime, l’Anime con costoro insieme per naturale Amore reggono i corpi: e in questo l’amore de’ superiori agli inferiori chiaramente si vede. Ancora i corpi volentieri si congiungono alle anime loro, e da quelle mai volentieri si partono. Gli animi nostri desiderano la felicità de’ Celesti. I Celesti fanno reverenza alla Maestà divina: e questo è l’affetto d’amore nelli inferiori inverso le cagioni superne.
Oltre a questo tutte le parti del Fuoco volentieri insieme si accostano: e così le parti della Terra, Acqua e Aria insieme si accordano: e in qualunque spezie di Animali, gli Animali della spezie medesima con iscambievole benevolenzia insieme si accostano: e qui lo Amore tra le cose eguali e simili si vede. Chi potrà dunque dubitare che l’Amore non sia e in tutte le cose, e in verso tutte? E questo è quello, che Dionisio Areopagita nel libro de’ nomi divini secondo la mente di Jeroteo così trattò: lo Amore divino ovvero Angelico, spirituale ovvero animale o naturale, non è altro che una certa virtù di congiungere e unire, la quale muove le cose superiori a provvedere alle inferiori: e concilia le cose eguali a scambievole comunione: e ancora desta le inferiori, che a le più nobili si convertano. E questo è quello che disse Dionisio.
Capitolo II
Come l’amore è fattore e conservatore del tutto
Ma il secondo membro della nostra orazione, nel quale l’Amore si dice fattore e conservatore del tutto, così si pruova. Il desiderio di amplificare la propria perfezione è un certo Amore. La somma perfezione è nella somma potenzia di Dio. Questa dalla divina Intelligenzia è contemplata: e di qui la volontà divina intende fuor di sè producere: per il quale amore di multiplicare, tutte le cose sono da lui create. E però Dionisio disse: il divino Amore non lasciò il Re del tutto senza generazione in sè fermarsi.
Questo medesimo istinto di multiplicare, in tutti è dal sommo Autore infuso. Per questo i santi spiriti muovono i Cieli e distribuiscono i loro doni alle creature seguenti. Per questo le stelle il lor lume spargono per gli Elementi. Per questo il Fuoco presta di sua natura all’Aria, l’Aria all’Acqua, l’Acqua alla Terra. E per ordine opposito la Terra tira a sè l’Acqua: l’Acqua l’Aria: l’Aria il Fuoco. E ciascuna erba e alberi, appetendo multiplicare suo seme, generano effetti simili a loro. Similmente i bruti e gli uomini alletati dalla cupidità medesima, sono tirati a procreare figliuoli.
Se l’Amore fa ogni cosa, certamente ogni cosa conserva: perchè a un medesimo si appartiene l’uffizio di fare e di conservare. Senza dubbio i simili sono dai simili conservati: e lo Amore il simile tira al simile. Tutte le parti della Terra per forza di scambievole Amore tra loro come simili s’accostano: e tutta la Terra a uno centro del Mondo, come a simile suo, discende. Ancora le parti dell’Acqua tra loro e con tutto il corpo dell’Acqua, a luogo conveniente si muovono. Questo medesimo le parti dell’Aria e del Fuoco fanno: e le Sfere dell’Aria e del Fuoco alla regione superna, come simile, per amore di quella salgono. Il Cielo ancora, come dice Platone nel Libro Del Regno, si muove per innato Amore: perchè l’Anima del Cielo è tutta insieme in qualsivoglia punto del Cielo. Il Cielo adunque, desideroso di fruire l’Anima, corre, acciocchè, con tutte le parti sue, goda per tutto l’Anima tutta: e vola velocissimamente, per trovarsi quanto è possibile tutto insieme, dovunque l’Anima è tutta insieme. Oltre a questo la superficie concava della sfera maggiore, è il luogo naturale della sfera minore. E perchè qualsivoglia particella di questa, egualmente conviene con qualsiasi particella di quella, sommamente qualunque punto di questa appetisce toccare tutti i punti di quell’altra. Se il Cielo stesse fermo, toccherebbono bene l’una l’altra: ma non l’una tutte. Correndo, ottiene quasi quello, che ei non potrebbe ottenere posando. Corre dunque velocissimamente, acciocchè qualsivoglia parte di lui quasi nel medesimo tempo tocchi tutte quelle altre il più che è possibile. Oltre a questo per la unità delle sue parti, tutte le cose si conservano, e per la dispersione si guastano. E la unità delle parti dallo Amore, che è tra quelle, nasce; e questo si può vedere negli umori de’ corpi nostri e negli elementi del Mondo: per la concordia de’ quali (secondo che disse Empedocle Pitagorico) il Mondo e il corpo nostro consiste: e per la discordia si disperge. E la concordia in questi nasce da naturale Amore. Per questo Orfeo dello Amore così cantò: «Tu solo, Amore, reggi le redini di tutte le cose mondane».
Capitolo III
Come l’amore è maestro di tutte le arti
Resta dopo questo a dichiarare come l’Amore è maestro e signore di tutte le Arti. Noi intenderemo lui esser maestro delle Arti, se considereremo nessuno potere arte alcuna trovare o imparare, se non mosso da diletto di ricercare il vero, e se chi insegna non ama i discepoli e se i discepoli non portano amore a tal dottrina. Chiamasi ancora signore e governatore delle Arti, perchè colui conduce a perfezione l’opere delle arti, il quale ama le opere dette e le persone a chi e’ fa le opere. Aggiungesi che gli artefici in qualunque arte non ricercano altro che lo Amore. E noi con brevità racconteremo al presente quelle arti, che appresso di Platone racconta Erissimaco.
Dimmi, che considera altro la Medicina, che i quattro umori del corpo diventino insieme amici e sieno benevoli? e quali nutrimenti e quali medicine ami la Natura? Qui si ritrovano da Erissimaco ancora que’ due Amori, i quali di sopra Pausania descrisse: Amore celeste, e vulgare: perchè la temperata complessione del corpo ha temperato Amore e alle cose temperate1: la intemperata complessione ha Amor contrario e a cose contrarie: a quello si vuol dare opera, a questo in nessun modo acconsentire. Ancora nell’arte dello schermire e d’altri giochi corporali è da investigare quale abito di corpo, che modi di esercitare, e che gesti richiegga: nella agricoltura, qual terra, che semi, e che coltura voglia: e che modi di coltura da ciascuno albero si richiegga. Questo medesimo si osserva nella Musica, gli artefici della quale ricercano che numeri quali numeri più o meno amino.2 Costoro tra uno e due, tra uno e sette, quasi nessuno amore ritruovano. Ma tra uno e tre, quattro, cinque, sei, e otto più veemente amore hanno trovato. Costoro le voci acute e gravi per natura diverse, con certi intervalli e modi, tra loro amiche fanno: onde deriva la composizione e suavità della Armonia. Eziandio i moti veloci e tardi insieme in modo temperano, che tra loro amici diventano, e dimostrano concordia grata. Due sono le generazioni della Musica: l’una è grave e costante: l’altra molle e lasciva. Quella è utile a chi l’usa, questa è dannosa, come Platone nel Libro della Repubblica e delle Leggi giudica; e nel Convito suo propose a quella la Musa Urania: a questa propose la Musa Polimnia. Altri amano la prima generazione di Musica: altri la generazione seconda. All’amore de’ primi si debbe consentire: e concedere que’ suoni, che essi amano. Allo appetito degli altri si debbe resistere: perchè lo amore di coloro è celeste e degli altri vulgare. È ancora nelle stelle e negli elementi3 una certa amicizia, la quale l’Astrologia considera. In questi si ritruovano ancora que’ due Amori: perchè in essi è il moderato Amore, quando insieme con iscambievole proprietà, temperatamente consuonano: evvi ancora io Amore immoderato, quando qualcuno di loro ama sè medesimo troppo e lascia gli altri. Di quello resulta grata serenità dell’Aria, tranquillità dell’Acqua, fertilità della Terra, sanità degli animali. Dell’altro resultano cose contrarie a queste. Finalmente la facultà de’ Profeti e sacerdoti, pare che in questo si rivolga, che ci insegni quali sieno le opere degli uomini a Dio amiche, e per che modo gli uomini si facciano amici a Dio, che modo di Amore e di Carità inverso di Dio e patria e genitori e altri presenti e passati, si debbe osservare. Questo medesimo nelle altre Arti si può congetturare e insomma conchiudere lo Amor in tutte le cose esser inverso tutte fattore e conservatore di tutte, e signore e maestro di ogni Arte. Meritamente Orfeo chiamò lo Amore ingegnoso, di due nature, portante le chiavi dell’universo4. In che modo sia di due nature prima da Pausania, poi da Erissimaco avete udito. In che modo porti le chiavi del Mondo possiamo da Orfeo per le cose superiori intendere. Perchè, secondo che mostrammo, questo desiderio di amplificare la propria perfezione, che in tutti è infuso, spiega la nascosta e implicata fecondità di ciascuno, mentre che costringe germinare fuori i semi: e le forze di ciascheduno trae fuori: concepe i parti: e quasi con chiavi apre i concetti e produce in luce. Per la qual cosa tutte le parti del Mondo, perchè sono opere d’uno artefice e membri di una medesima macchina, tra sè in essere e vivere simili, per una scambievole carità, insieme si legano. In modo che meritamente si può dire l’Amore nodo perpetuo e legame del Mondo e delle parti sue immobile sostegno, e della universa Macchina fermo fondamento.
Capitolo IV
Che nessuno membro del mondo porta odio all’altro.
Se così è, nessun membro di questa opera può avere odio all’altro membro: perchè il fuoco non fugge l’acqua per odio che all’acqua porti, ma per amore di sè: acciocchè, non sia dal freddo dell’acqua spento. Nè anche l’acqua per odio del fuoco, il fuoco spegne: ma per un certo amore di amplificare il proprio freddo, è tirata a generare acqua simile a sè, dalla materia del fuoco. Imperocchè essendo ogni appetito naturale diritto al bene e nessuno al male, il proposito dell’acqua non è spegnere il fuoco, che è male, ma è generare acqua simile a sè e questo è bene. E se ella potesse senza danno del fuoco questo fare, non ispegnerebbe il fuoco. La medesima ragione si assegna delle altre cose, che tra loro contrarie e nimiche paiono. Certamente l’agnello non ha in odio la vita e figura del lupo: ma la distruzione di sè, che dal lupo seguita: e il lupo non per odio dello agnello, ma per amore di sè, l’agnello divora: e l’uomo non ha in odio l’uomo, ma i vizi dell’uomo. E se portiamo invidia a’ più potenti e acuti di noi, non procede da odio di loro, ma da amore di noi: dubitando di non essere da loro superati. Per la qual cosa niente ci dà noia che non possiamo dire lo Amore essere in tutte le cose: e per tutto discorrere.
Adunque questo tanto Dio perchè egli è in ogni luogo, ed è dentro a tutte le cose, dobbiamo temere come potente Signore, lo imperio del quale schifare non possiamo, e come sapientissimo giudice, al quale non sono le nostre cogitazioni ascose. Questo ancora che è creatore del tutto e servatore come Padre dobbiamo venerare e come tutore e refugio stimare; costui perchè insegna le arti, come precettore seguire: per il quale come fattore siamo e viviamo, come da conservatore perseveriamo in essere, come da giudice siamo governati, come da precettore siamo ammaestrati e formati a bene e felicemente vivere.
- ↑ Temperata enim affectio corporis moderatimi, atque ad res moderatas convenientesque, habet amorem.
- ↑ Qui numeri quos numeros, aut magis, aud minos diligant, investigant.
- ↑ Et elementis quatuor.
- ↑ Solertem, bigenium, omnium claves habentem.