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Già de la Maga amante Poco spazio di terra (1834)
Questo testo fa parte della raccolta Opere di Fulvio Testi


al signor D. VIRGINIO CESARINI

Buon capo d’anno.


Sovra porfidi eletti,
     Di Dedaleo scalpel sudori illustri
     Non s’innalzan per me palagi aurati;
     Nè mi pendon da i tetti
     5Di Menfitica man vigilie industri
     Porpore prezïose, ostri gemmati;
     Nè de i flutti beati,
     Onde l’uman pensiero è così vago,
     M’offre biondi tributi il Gange, o ’l Tago.
     10Povero, ma sicuro
     Da gli sdegni del Cielo è ’l tetto umile,
     Ove contento a me medesmo i’vivo;
     Ed or che ’l verno oscuro
     Copre di gel la terra in vario stile
     15Qui presso a lieto foco or canto or scrivo;
     E se pensier furtivo
     D’ambizïon tenta arrivarmi al core,
     Provvida rimembranza il caccia fuore.
Pompe, fasti, ricchezze.
     20Titoli, dignità, che siete alfine,
     Che l’uom tanto per voi sudi e s’affanni?
     Insipide dolcezze,
     Speziosi naufragi, auree ruine.
     Fuggitivi piacer, stabili affanni.
     25Anch’io d’Icarii vauni
     Armai gli omeri un tempo; or qui m’assido,
     E del mio van desio meco mi rido.
Pur quai saranno i voti
     Che de l’anno novello in su le porte
     30Porgerò al Ciel di viva fiamma ardenti?
     Ch’a me gl’Indi rimoti
     Mandin gemme, e tesori? o che mi porte
     L’arabo pescator perle lucenti?
     Che fan gli ori e gli argenti?
     35Trionfa in faccia al macedonio orgoglio
     Un nudo abitator d’angusto doglio.
O Monarca superno,
     La cui mente il cui cenno anima e informa
     Ciò, ch’è dal nero abisso al ciel stellato;
     40Che fai col ciglio eterno
     Tremar le sfere, a cui dai moto e norma,
     E sotto il piede hai la Fortuna e ’l Fato;
     Se ’l mio core accecato
     Non è da bassi affetti, odi i miei preghi,
     45Nè a giuste voglie il tuo favor si neghi.
Poscia che in Vaticano
     Roma dopo tant’anni alfin pur vede
     Regnar Virtù con moderati imperi;
     E fatto il Grande Urbano
     50De le chiavi di Pier ben degno erede
     Volge in cor generoso almi pensieri;
     Tu de i disegni alteri
     Seconda il corso; e di sua vita adorni
     D’una gloria immortal prolunga i giorni.
55Mosse a i preghi, a l’esempio
     De’ Barberini eroi cristiane vele
     Corran de l’Asia ad espugnar la riva,
     E spento il popol empio,
     Beva con l’elmo il vincitor fedele
     60Del Tigri prigionier l’onda cattiva;
     E da fè pura e viva
     Persuasa s’inchini un giorno ancora
     Al vero Dio la trionfata Aurora.
A te, cui dier le stelle
     65Grazie cotante, o de’ latini Colli
     Virginio inclita speme unico vanto,
     De le conche più belle,
     Che mandino i Getuli o i Tirj molli
     Tingasi in Vatican purpureo manto;
     70E quei che piacquer tanto
     Al tuo nobile crin, Tebani allori
     Cedan de gli Ostri aviti a’ bei splendori.
A me, ch’altro non chieggio,
     Conceda il Ciel che in libertà sicura
     75Passi del viver mio l’ore serene,
     E mentre in carte ombreggio

     Di tirannica reggia alta sciagura
     Calchi con degno piè tragiche scene.
     Oh! se da voi mi viene
     80Qualche raggio di gloria, Aonie Dive,
     Chi di me più felice in terra vive?
Che se i Toschi teatri
     Appenderanno a’ miei coturni, e care
     Esser vedrò le mie vigilie al mondo,
     85Di popoli idolatri
     Dirò stragi e mine, e di più rare
     Tele sarò fabbricator facondo.
     Ma qual lampo giocondo
     Mi balenò dalla sinistra? Il Cielo
     90De’ miei voti innocenti arride al zelo.
Apri, deh dunque omai
     Apri, o bifronte Dio l’uscio celeste
     Di sì liet’anno al condottier lucente;
     E d’insoliti rai
     95Incoronata il crin l’Alba si deste
     Ad infiorar la cuna al dì nascente,
     Io chino e riverente
     Strider farò sovra gli altari accensi
     Mirre odorate e vaporosi incensi.

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