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al signor D. VIRGINIO CESARINI
Buon capo d’anno.
Sovra porfidi eletti,
Di Dedaleo scalpel sudori illustri
Non s’innalzan per me palagi aurati;
Nè mi pendon da i tetti
5Di Menfitica man vigilie industri
Porpore prezïose, ostri gemmati;
Nè de i flutti beati,
Onde l’uman pensiero è così vago,
M’offre biondi tributi il Gange, o ’l Tago.
10Povero, ma sicuro
Da gli sdegni del Cielo è ’l tetto umile,
Ove contento a me medesmo i’vivo;
Ed or che ’l verno oscuro
Copre di gel la terra in vario stile
15Qui presso a lieto foco or canto or scrivo;
E se pensier furtivo
D’ambizïon tenta arrivarmi al core,
Provvida rimembranza il caccia fuore.
Pompe, fasti, ricchezze.
20Titoli, dignità, che siete alfine,
Che l’uom tanto per voi sudi e s’affanni?
Insipide dolcezze,
Speziosi naufragi, auree ruine.
Fuggitivi piacer, stabili affanni.
25Anch’io d’Icarii vauni
Armai gli omeri un tempo; or qui m’assido,
E del mio van desio meco mi rido.
Pur quai saranno i voti
Che de l’anno novello in su le porte
30Porgerò al Ciel di viva fiamma ardenti?
Ch’a me gl’Indi rimoti
Mandin gemme, e tesori? o che mi porte
L’arabo pescator perle lucenti?
Che fan gli ori e gli argenti?
35Trionfa in faccia al macedonio orgoglio
Un nudo abitator d’angusto doglio.
O Monarca superno,
La cui mente il cui cenno anima e informa
Ciò, ch’è dal nero abisso al ciel stellato;
40Che fai col ciglio eterno
Tremar le sfere, a cui dai moto e norma,
E sotto il piede hai la Fortuna e ’l Fato;
Se ’l mio core accecato
Non è da bassi affetti, odi i miei preghi,
45Nè a giuste voglie il tuo favor si neghi.
Poscia che in Vaticano
Roma dopo tant’anni alfin pur vede
Regnar Virtù con moderati imperi;
E fatto il Grande Urbano
50De le chiavi di Pier ben degno erede
Volge in cor generoso almi pensieri;
Tu de i disegni alteri
Seconda il corso; e di sua vita adorni
D’una gloria immortal prolunga i giorni.
55Mosse a i preghi, a l’esempio
De’ Barberini eroi cristiane vele
Corran de l’Asia ad espugnar la riva,
E spento il popol empio,
Beva con l’elmo il vincitor fedele
60Del Tigri prigionier l’onda cattiva;
E da fè pura e viva
Persuasa s’inchini un giorno ancora
Al vero Dio la trionfata Aurora.
A te, cui dier le stelle
65Grazie cotante, o de’ latini Colli
Virginio inclita speme unico vanto,
De le conche più belle,
Che mandino i Getuli o i Tirj molli
Tingasi in Vatican purpureo manto;
70E quei che piacquer tanto
Al tuo nobile crin, Tebani allori
Cedan de gli Ostri aviti a’ bei splendori.
A me, ch’altro non chieggio,
Conceda il Ciel che in libertà sicura
75Passi del viver mio l’ore serene,
E mentre in carte ombreggio
Di tirannica reggia alta sciagura
Calchi con degno piè tragiche scene.
Oh! se da voi mi viene
80Qualche raggio di gloria, Aonie Dive,
Chi di me più felice in terra vive?
Che se i Toschi teatri
Appenderanno a’ miei coturni, e care
Esser vedrò le mie vigilie al mondo,
85Di popoli idolatri
Dirò stragi e mine, e di più rare
Tele sarò fabbricator facondo.
Ma qual lampo giocondo
Mi balenò dalla sinistra? Il Cielo
90De’ miei voti innocenti arride al zelo.
Apri, deh dunque omai
Apri, o bifronte Dio l’uscio celeste
Di sì liet’anno al condottier lucente;
E d’insoliti rai
95Incoronata il crin l’Alba si deste
Ad infiorar la cuna al dì nascente,
Io chino e riverente
Strider farò sovra gli altari accensi
Mirre odorate e vaporosi incensi.