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26 Novembre.
Quanto siamo meschini, amica, se non possiamo essere giudici della nostra istessa felicità. Ti ho scritto una lettera che oggi è un’amara ironia, che non posso leggere senza piangere. Ascolta: Eravamo lì, alla finestra, silenziosi, felici, sognando. Tutt’a un tratto si udì rumore; Vigilante abbaiava. Tutt’a un tratto si udì la voce di mio padre e quella di Gigi. Mi trassi indietro bruscamente, e chiusi la finestra. Tremavo tutta come se avessi commesso un gran fallo. Il babbo mi trovò a letto, avevo la febbre e mi durò tutta la notte. Giuditta non venne; la sentivo parlare nell’altra stanza; sembrava irritata e di assai cattivo umore. Il giorno dopo mi levai così pallida che il babbo voleva mandare pel medico. Più tardi la mamma mi chiamò nella sua stanza e al solo guardarla in viso mi sentii piegar le ginocchia. Ella mi parlò lungamente de’ suoi doveri, dei miei, della mia vocazione, della necessità impostami dalla mia povertà di dar retta a quella vocazione. Mi parlò dei pericoli che una ragazza destinata al chiostro può incontrare anche nelle più semplici relazioni, e finì coll’ordinarmi che per l’avvenire quando giungeranno estranei in casa nostra, fossero anche i signori Valentini, io dovrò restarmene chiusa nel mio camerino.
Mio Dio! come sopportai la tortura di quelle ammonizioni?... sembrava che ella si divertisse a punzecchiarmi a colpi di spillo, ad accusarmi in enigma di mille torti, e non mi fece neanche intendere se avesse scoperto oppure no che Nino aveva lasciato il ballo per venirmi a trovare.
Più di una volta, mentre ella parlava, mi sentii sul punto di svenire; ma ella non si avvide del mio pallore, del mio tremito, non si avvide che dovetti afferrarmi alla spalliera di una seggiola perchè non mi reggevo più. Se si fosse accorta del mio stato, ne avrebbe avuto pietà certamente, e mi avrebbe risparmiato quel supplizio. Quando potei rimaner sola andai a mettermi a letto; la febbre mi aveva riassalita; mi sentivo malata e avrei voluto morire.
Giuditta non venne neanche allora. Mi teneva il broncio!... Che le ho fatto, mio Dio?.... Mi pareva di essere come quei delinquenti che tutti sfuggono e che nessuno ardisce avvicinare.... Arrossivo di quella finestra che stava lì, di faccia al mio letto, come un’inflessibile accusatrice. Quella solitudine, quell’abbandono mi facevano male; verso sera chiamai mia sorella, avevo bisogno di vederla, di essere confortata. Anche il mio caro babbo mi pareva più serio del solito. Giuditta venne infine, ma mi sembrò assai fredda. Mi gettai nelle sue braccia, e mi parve che quel pianto che mi faceva tanto bene l’irritasse.
Ora son sola. Mi pare che tutti mi fuggano; sono odiosa a me stessa. Hanno ragione, sono molto colpevole! Dio solo può perdonarmi: Dio verso di cui ho peccato amando una sua creatura, assai più di Lui.... Agucchio, agucchio, gli intieri giorni presso la finestra di cui le tende sono accuratamente chiuse, e piango quando ho la felicità di non essere veduta e di potermi sfogare.... e gli occhi mi abbruciano.... Il cielo è nuvoloso; i campi sono desolati; il mormorio del bosco mi fa paura; gli uccelli non cantano più.... soltanto qualche volta, laggiù, l’assiuolo piange.... Me ne sto delle ore intiere colle mani incrociate sulle ginocchia a guardare attraverso i vetri della finestra quei grossi nuvoloni bigi che corrono verso il ponente, e le cime di questi alberi che si agitano lentamente e scuotono le loro foglie morte. È l’inverno della natura che sopraggiunge, com’è sopraggiunto l’inverno dell’anima! Il mio Carino è fuggito, poverino! l’ho trascurato tanto! ed è andato a recare altrove la sua allegria e il suo vispo cinguettare, perchè l’atmosfera in cui vivo è malinconica assai. Vigilante solo viene di tanto in tanto a cercarmi, mi domanda un sorriso, vuole le mie carezze, si avanza pian pianino, come esitante, domandandomi coi suoi begli occhi se è indiscreto, poi si arresta indeciso, e dimena la coda, e si lecca il muso, tutte cose che vogliono dire: — Perdonami la mia insistenza; — e viene a posarmi la testa sui ginocchi per dirmi che mi vuol bene ancora, e allorchè si allontana è triste, ma dimena ancora la coda e si ferma sull’uscio per dirmi addio.
Tutto il giorno odo nelle altre stanze la voce dei signori Valentini che sono a discorrere insieme coi miei. Due o tre volte ho udito una voce che mi ha penetrato nel cuore.... la sua!
Lui! lui! sempre lui! sempre cotesta spina fitta nel cuore, questa tentazione nella mente, questa febbre nel sangue! lui sempre fisso dinanzi agli occhi, lì, presso quella finestra, col volto fra le mani!... Il suono di quella voce sempre nelle orecchie, le mani sempre umide di quel pianto!... Dio mio!... Dio mio!
Ho udito qualche volta un passo dietro la mia finestra, e il cuore m’è sembrato scapparmi dal petto. Provo delle vertigini, degli smarrimenti, dei delirii. Non posso più piangere, non posso più dormire, non posso più pregare!... Oh! Marianna mia!...
Che penserà egli di me non vedendomi più? Saprà che mi è stato proibito?... mi maledirà forse?... sarà in collera?... mi dimenticherà?... Vedi quanto son caduta al basso! Prego Iddio di farmelo dimenticare, e mi pare d’impazzire al solo pensiero che egli possa dimenticarsi di me. Qualche volta, all’alba, quando sono ben sicura che nessuno potrebbe sorprendermi, apro pian pianino la finestra per vedere laggiù, in fondo alla valle, la casa dove egli abita, dove egli dorme forse a quell’ora, per vedere il suo tetto, la sua finestra, quel vaso di gelsomini, quella vite che ombreggia la sua porta.... Poi cerco d’indovinare il punto del davanzale dove egli appoggerà i gomiti allorchè aprirà la finestra, la zolla dove egli poserà la prima pedata, la traccia che seguirà nell’aria il suo primo sguardo che cercherà la mia finestra... perchè il cuore mi dice che il suo primo sguardo sarà per la mia finestra, e che egli saprà che io sono stata qui a vederlo dormire, a pensare a lui. Sempre a lui! nei sogni, prima d’addormentarmi, al primo svegliarmi, nella preghiera! Oh! Marianna! prega per questa povera peccatrice che è più debole del suo peccato; mandami l’abitino della Madonna del Carmine che fu benedetto a Roma; mandami il tuo libriccino di preghiere. Voglio pensare a Dio; voglio pregare la Madonna che mi protegga, che mi nasconda sotto il suo manto misericordioso agli occhi del mondo, a me stessa, alla mia vergogna, alla mia colpa, al castigo di Dio!