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LIBRO QUARTO
SOMMARIO
I. Crudeltà de' vincitori Flaviani. — . II. Vìtellio s' arrende, e pure è ucciso. —- III. Quetata Campagna, ossequi del Senato a Vespasiano. — IV. Canori di Muciano, d'Antonio, degli altri Duci. Trattasi di rifare il Campidoglio : Libertà salva Elvidio Prisco. — V. Vita e costumi di costui. — VI. Aspra rissa tra lui ed Eprio Marcello. -—- IX. Discordia sulle pubbliche spese. — X. Musonio Rufo contro P. Celere. —- XI. Mudano venuto a Roma fa da Capo, Calpurnio Galeriano è ucciso, con altri tali forfatti. — XII. Claudio Civile comincia la guerra germanica. — XIV. Primi in armi Batavi e Canninefati. — XV. Aggiuntisi i Prigioni, s' occupano i quartieri di verno di due coorti. .—XVI. Vinti i Romani per arte di Civile. — XVII. Sua fama i Germani muove ad offrir aiuti. Civile , tira ad associarsi i Galli. — XVIII. Pigrizia d' Ordeonio Fiacco. I Romani vinti fuggono al campo Vecchio. — XIX. Le coorti batave e canninefate dirette a Roma, sedotte ; van da Civile, e nell' attacco di Bonna dan rotta a' Romani. —XXI. Pure i suoi Civile fa giurare a Vespasiano per mascherarsi. — XXII. E tosto occupa il campo Vecchio. — XXIV. Ordeonio Fiacco da sedizione avvilito sostituisce Vocola. Di qua e di là aiuti galli. — XXVI. Erennio Gallo a parte delle cure da Vocola chiamato , riuscitoli male l'affare, è scopato : nuovo tumulto. —- XXVIII. I Germani depredano i Galli- XXIX. Varie zuffe tra Germani e Romani. — XXXI. I galli aiuti, udito il caso di Cremona , lasciali Vitellio. Anco Ordeonio Fiacco giura a Vespasiano. —. XXXII. Montano mandasi a Civile per tirarlo da guerra : questi trae lui portalo a novità. .—- XXXIII. Parte della truppa stacca contro Vocola. Battaglie a" Germani:-, poi a' Romani prospere. —- XXXV. Vocola mal usa della vittoria. — XXXVI Civile prende Gelduba: Romani in discordia: uccidono Ordeonio Fiacco. Lo stesso nembo Vocola per poco non assorbe. — XXXVII. Magonza assediata. Treviresi da fidi, ribelli. — XXXVIII. Falsi timori d' Africa in Roma. .—- XXXIX. Domiziano Pretore. Il poter d'Antonio Primo conquiso da Mudano. — XL. Onori resi a Galba. Condannato P. Celere e altri, famose spie. — XLII. Aquilio Regolo dal fratel Messala difeso . attaccato da Curzio Montano. —; XLIII. Eprio Marcello accusato da Elvidio. — XLIV. Per finirla con tai processi, mettesi il passato in oblio. Pochi e vili alla mazza. — XLV. Sanesi pel battuto senatore castigati. Antonio Fiamma condannato per legge del maltolto. — XLVI. Pretoriani tumultuanti, chela Muciano XLVlI. Abrogati i consolati dati da Vitellio: Censorio mortoro a Flavio Sabino. —• XLVIII. Ucciso L. Pisone , d' Africa proconsole.-— L. Ofenso e Leptilani in discordia: Garamanti rotti. —- LI. Aiuti da' Parti offerti, rifiutati da Vespasiano. — LII, Sue ire contro Domiziano, placa Tito. — LIII. L. Vestino incaricato di riedificare il Campidoglio. — LIV. La strage di Vitellio addoppia la guerra in Germania. Si smaschera Civile. Treviresi e Lingoni ribelli a' Romani, sotto i duci Classico, Tutore e Giulio Sabino. Resto della Gallio indeciso : incerta la stessa fede delle legioni. — LlX. Vocola ucciso : giuro dato all' Impero gallico. — LX. Legioni nel campo Secchio assediate, astrette allo giuro. .— LXl. Civile ottenuta la grazia si taglia la chioma. Indi cresce in autorità Velada. — LXII. Mesto silenzio delle legioni cattive. Valor della banda Picentina. — LXIII- Colonia Agrippina a' Trasrenani odiosa in sommo rischio. — LXVI. Claudio Labeone osò resistere, vinto da Civile, che riceve i Betasi e i Tungii. .— LXVII. Lingoni rotti dai Sequani. Giulio Sabino vìnto s'appiatta. —.LXVIII, Da tante mosse nemiche Mudano agitato, con Domiziano a guerra s'accinge. Quattro legioni spedite, altre fatte venire. -— LXIX. Bilanciano i Galli: e i più dall' emulazione delle province atterriti, tengonsi fidi a' Romani. —. LXX. Civile, Classico e gli altri Duci, non ben consigliati, nè concordi. — LXXI. Petilio Ceriale a Magonza: dà gran rotta a Valentino Duce nemico a Rigodulo. \— LXXII. Legioni già vinte ammesse nel campo romano. —. LXXIII. Ceriale parla ai Treveri e Lingoni e lì accheta. .—. LXXV. Atroce battaglia: i Germani pria vincitori son vinti per la fermezza di Ceriale —. LXXIX. Agrippinesi dipartonsi da' Germani. LXXX. Mudano fa uccidere il figlio di Vitellio. Antonio Primo viene a Vespasiano: non n e' ao colto come sperava. •—- LXXXl. Miracoli di Ve* spasiano in Alessandria. -— LXXXU. Entra al tempio di Serapide.— LXXXU l. Origine di questo Dio. —- LXX.XP. talentino vinto, «è tralignante è punito. —,. LXXA.FI. Domiziano dopo tentato indarno Ceriate per farsi dar esercito, e Impero, infintesi scioperato e dedito alle luttere.
AVVENIMENTI , PARTE NELLE GUERRE CIVILI, TRA VITELLIO E VESPASIANO , PARTE Anno di Roma Dcccxxii. Di Cristo 70 sotto i C. Flavio Vespasiano Aug.. II e Tito Vespas. Cesare.
1. Morto Vitellio , mancò più tosto la guerra , che cominciasse la pace. I vincitori armati per la città con fellonissimo animo davano addosso a'vinti: eran le vie piene di morti, le piazze e tempj di sangue; uccisi qualunque presentava la S.orte. Crescendo l' insolenza , si davano alla cerca, e- strascinavan fuora i nascosti : se vedevano un grande 1 atante e giovane, il tagliavano a pezzi, o soldato o cittadino. La qual crudelta nell" ira fresca si sfogava col sangue, poscia passò in avarizia ; frugavano ogni ripostiglio , fingendo di cercare i Vitelliani. Quindi si cominciò a sfondar case , ammazzando chi s' apponeva : la canaglia morta di fame aiutava ; i pessimi schiavi insegnavano i riechi padroni , e altri n'eran mostrati da amici. Per tutto grida e lamenti, e faccia di sforzata città " talchè la già odiata insolenza de' soldati d' Otone e di Vitelliq si benediva. I Capi della parte, fieri accenditori della civile guerra, non potevano temperare la vittoria ; conciossiachè nelle discordie e garbugli , vagliono i pessimi ; la pace e (juiete, vogliono virtù.
IL Domiziano prese di Cesare il nome e la residenza ; non ancora volto a'negozj, solo con li sverginamenti e adulterj , si mostrava figliuol del Principe. Il Prefetto del Pretorio era Arrio Varo ; Antonio Primo poteva ogni cosa ; il quale spogliava la casa del Principe di danari e schiavi, quasi russerò preda Cremonese ; gli altri per lor modestia o ignobiltà, quasi non si fusser fatti conoscere in guerra, non ebber nulla. Roma spaurita, e a servire acconcia , chiedeva che si tagliasse la via a L. Vitellio , che tornava con sua gente da Terracina, e si troncasse questo racimolo di guerra ; e furon mandati cavalli innanzi alla Riccia: la battaglia delle legioni si fermò di qua da Boville. Non la stette Vitellio a pensare : e rimise in mano del vincitore sè e i soldati : i quali per non minor rabbia che paura, scagliarono in terra le infelici armi. Passavano per Roma in lunga fila in mezzo d' armati. Viltà ne' lor visaggi non era , ma manincoiiosa fierezza. Saldi alli scherni e alle fischiate del volgo ; pochi che ardirono scappar per forza, furono circondati e oppressi, gli altri incarcerati. Parola non uscì da loro non degna , e benché in avversità , salvaron virtù e faina. Poscia L. Vitellio fu morto : vizioso quanto il fratello : nel principato di lui , più desto ; per le cui felicitadi non s' alzò, quanto le miserie precipitò.
III. In questi giorni fu mandato Lucilio Basso con cavalleria leggiera a quietar in Terra di Lavoro gli animi de' popoli, discordanti tra loro più tosto, che disubbidienti al Principe. Veduti i soldati, s'accomodarono : e alle colonie minori fu perdonato. La legion terza fu messa in Capua a svernare : le famiglie nobili mal trattate . nè ebbero all' incontro i Terracinesi sussidio alcuno. Tanto è più agevole render l'ingiuria che'l benefizio , stimandosi aggravio il guiderdone , e 'l vendicarsi guadagno. Consolaronsi del veder crocifisso quello schiavo di Verginio Capitone che tradì, come dicemmo , Terracina , con quegli anelli in dito che Vitellio gli donò. In Roma il Senato decretò a Vespasiano tutti gli onori usati ai Principi , lieto e come sicuro. Perciocchè l' armi civili, prese nelle Gallie e Spagne ( sollevati i Germani, poscia l ' Illiria), essendo scorse nell ' Egitto, Giudea e Sorìa , in tutte le Province , iu tutti gli eserciti, quasi purgato tutto l ' Universo , parevano aver posa. Accrebbero l ' allegrezza sue lettere scritte in prima apparenza, come se la guerra durasse ; ma iu effetto parlava come Principe, con modestia di sè, magnificenza della Repubblica. Il Senato rendè a lui osservanza: fecelo Consolo con Tito suo figliuolo; Domiziano Pretore, con podestà di Consolo
IV. Anche Muciano scrisse al Senato, e diede che dire , se egli era privato , perchè fare ufficio pubblico ? aver potuto tra pochi dì quelle cose dire in voce, come senatore: e quel lacerare i Vitelliani fuor di tempo non era zelo ; ma quel vantarsi che avea P Imperio in pugno e lo domò a Vespasiano, era superbia verso la Repubblica e ingiuria al Principe ; ma l'odio verso lui era nascosto e l'adulazione scoperta. Con molta pompa di parole furono date a Muciano le insegne trionfali; in verità, della guerra civile, ma in nome della spedizion ne' Sarmati. Ad Antonio Primo le consolari ; a Cornelio Fusco e Arrio Varo le pretorie. Poscia riguardando a gl' Iddii, piacque che il Campidoglio si rifacesse. Ordinate furon tutte queste cose per sentenza di Valerio Asiatico eletto Consolo: gli altri le approvavano per cenni di volto o mano : pochi de' più segnalati o pratici nell' adulare , con dicerie pensate. Quando toccò a Elvidio Prisco, eletto Pretore, pronunziò cose onorevoli a buon Principe , niente adulatrici, esaltatissime dal Senato: e quel giorno gli fu gran gloria e principio di suo gran danno.
V. L' avere nominato due volte questo memorevole uomo, richiede ch' io tocchi alquanto di sua vita, professione e sorte. Nacque in Terracina, terra municipale , di Cluvio Capitano di Primopilo ; molto giovane impiegò il chiaro ingegno in filosofìa; non, come i più , per vivere disutile sotto questo nome ampio, ma per governare la Repubblica, ben tetragono a' colpi di ventura. Seguitò i maestri che tengono : esser beni le sole cose oneste, e mali le brutte: potenza, nobiltà e ciocchè è fuori del nostro animo, nè beni nè mali. Non ancora stato più che Questore, fu da Trasea Peto fatto genero : dal suocero niente apprese , più che esser libero cittadino. Senatore, marito, genero, amico, fu sempre buono egualmente^ sprezzator di ricchezze; costante nel giusto; da paura sicuro.
VI. Apponevangli alcuni troppa voglia di fama; ma la gloria è F ultima vesta che lascino anche i filosofi. Per la rovina del suocero fu cacciato ; rimesso da Galba , prese ad accusare Marcello Eprio , accusatore di Trasea. Questa vendetta, dubbia qual fosse più tra giusta e grande, divise il Senato; perchè se Marcello cadeva, sfracellava un mondo di rei. Contesero prima con minacce e belle dicerie di qua e di là ; poi , perchè Galba non si lasciava intendere e molti Senatori ne 'l pregavano, Prisco se ne tolse giù, chi diceva per moderanza , chi , secondo i cervelli , per debolezza. Il giorno che in Senato si dava l'Imperio a Vespasiano fu risoluto mandargli ambasciadori. Qui fu acerba contesa : Elvidio voleva che li nominassero i Magistrati col giuramento; Marcello, che s imborsassero, come aveva pronunziato il Consolo eletto ;
VII. ma diceva cosi, acciocchè se altri fosse eletto, egli non paresse lasciato in dietro. Vennero da queste dispute a dir di molte e male parole : » Perchè tanta paura, diceva Elvidio, aver Marcello del giudicio de' Magistrati ? Esso aver moneta , aver eloquenza da passar molti , se il baco delle tristizie non lo rodesse. Borsa e sorte , non discerner bontadi : il passare per le filiere delli squittinì esser trovato , per riprova della vita e fama di ciascheduno; andarne l'utile della Repubblica, l'onore di Vespasiano , che il Senato gli mandi inconlro sceltissimi uomini , che gli orecchi empiano dell' Imperadore di santissimi ragionari. Essere stati Trasea , Sorano e Senzio , amici di Vespasiano ; non doverseli i loro accusatori, ancorchè non punibili , mandare in su gli occhi. Questa scelta d' uomini che il Senato fa , quasi ammonire il Principe , di quali fidar si debba 0 temere; maggiore stromento non aver il buono Im perio , che i buoni amici. A Marcello dover bastare avere spinto Nerone a disperder cotanti innocenti : godessesi i guiderdoni e l' esserne andato netto , e lasciasse Vespasiano a' migliori. »
Vili. Rispondeva Marcello: » Che qui non si dava contro a lui; ma al Consolo, che aveva pronunziato secondo gli antichi, che per levare competenze e nimicizie, facevano gli ambasciadori per sorte. Non era nato cosa da scambiar gli antichi ordini, nè da rendere l' onore del Principe , disonore d' altrui. A questo complimento era atto ciascuno ; guardassesi più tosto , che l ' ostinazione d' alcuno non irritasse il Principe nuovo , sospeso, e osservante i volti e le parole di tutti. Ricordarsi in che tempo era nato , e che forma di governo aressero ordinato i Padri e gli avoli : ammirar le cose passate e seguitar le presenti; pregar d'aver buoni Imperadori e torglisi chenti sono. Che la sentenza del Senato, e -non lo suo aringare, afflisse Trasea, avendo Nerone usalo sue crudeltà per tali mezzi : nè la sua pratica gli fu men grave, che agli altri l'esiglio. Fusse finalmente Elvidio per rostanza, per fortezza, un Catone, un Bruto; egli essere uno di quel Senato che insieme ha servito ; gli darebbe bene un buon cosiglio , di non fare il satrapo co' Principi : non dar il compito a Vespasiano , vecchio , trionfatore e Padre di figliuoli non più fanciulli. Però che, sì come i pessimi Imperadori voglion dominar senza freno, così i quantunque ottimi , che non si abusi la libertà ». . Datesi queste punture, il favor fu diviso : e vinse il fare gli ambasciadori per tratta ; avendo anche i neutrali puntato che si mantenesse il costume ; e quei di più splendore temuto dell' invidia, se fussero eletti.
IX. Seguitò un' altra contesa de' Pretori dell' erario ( perchè allora essi lo maneggiavano ) ; dolendosi che il comune impoveriva, chiedevano regola alle spese. Il Consolo eletto, per la importanza e dif* Acuità della cosa , la rimetteva al Principe. Elvidio disse che la determinasse il Senato. Domandando i Consoli dei pareri; Volcazio Tertulliuo Tribuno della plebe oppose , che di tanta cosa non si deliberasse in assenza del Principe. Elvidio ancora propose che Campidoglio si rifacesse del pubblico , e Vespasiano porgesse aiuto. Questo parere fu dai più modesti con silenzio passato; poscia dimenticato e fuvvi chi lo ricordò.
X. Allora Musonio Rufo si levò contro a P. Celere, accusandolo di falsa testimonianza contro a Barea Sorano. Questa causa pareva che rinovasse l'odio delle passate accuse ; ma il reo vile e nocente, non poteva esser difeso perchè la memoria di Barea era santa; e Celere che si spacciava per filosofo, gli testimoniò contro, traditore, violatore dell'amico, di cui si predicava maestro. La causa fu rimessa al primo dì, aspettandosi che non più Musonio e Publio, che Prisco e Marcello e gli altri mossi a vendetta , venissero in campo.
XI. Essendo le cose in tale stato , i Padri mal d' accordo , i vinti arrabbiati , i vincitori senz' autorità : non leggi, non principe , in Roma ; v' entrò Muciano , e tirò in sè ogni cosa subitamente. Abbassò la potenza d'Antonio e di Varo , per cruccio contro di loro mal coperto, quantunque se ne sforzasse nel volto. E la città, fine degli umori ripescatrice , a lui si voltò e gittò. Egli solo era il bramato, il corteggiato; e si aiutava con andar con seguito d'armati; con l'andatura; mutar palagi e giardini ; tener arredo , sentinelle ; ogni cosa da Principe , dal nome in fuori ; e ognuno atterrì con la morte di Calpurnio Galeriano. Quèsti fu figliuolo di C. Pisone : niente tentò, ma il popolo quel gran nome, e sì bel giovile ammirava: e taluno in quella città , non bene ancor chiara e vaga di novità e vanità , facea correr voce che sarebbe un dì Principe. Muciano lo fece corre in mezzo a' soldati : e per fuggir l'occhio della città , quaranta miglia lontano nella Via Appia, segargli le vene. Giulio Prisco, Prefetto del Pretorio sotto Vitellio s'ammazzò per la vergogna , non per necessità. Alfeno Varo sopravvisse a sua poltroneria e infamia. Asiatico , che era liberto , col supplizio da schiavo pagò il fio di sua mala potenza.
XII. In questi giorni, rinfrescando male nuove di Germania ; Roma non parea che le avesse per male. Discorreva d' eserciti tagliati a pezzi , alloggiamenti presi , Gallie ribellate , come di cose che non importassero. Le cagioni di questa guerra , e quanta fiamma levasse di genti straniere e amiche, narrerò da più alto principio. I Batavi , quando abitavano oltre Reno, erano parte de'Gatti: cacciati dalle parti, occuparono l'estrema Gallia, vota d'abitatori: e iusieme l' isola posta tra li stagni, bagnata dall'Oceano a fronte e dal Reno ai fianchi e spalle. Non aggravati dalla potenza Romana, nè da altre leghe, danno all' Imperio solamente uomini e armi. Molto sono esercitati nelle guerre di Germania. In Britannia hanno accresciuto gloria lor fanterie mandatevi , rette per costume antico da' più nobili di lor gente. Hanno buona cavalleria, sì bene instrutta al nuoto, che passano il Reno a cavallo armati in ordinanza.
XIII. Giulio Paulo e Claudio Civile, reali di sangue , sovrastavano di gran lunga a tutti. Fonteio Capitone uccise Paulo . per falsa accusa di essersi bellato, e Civile mandò in catena a Nerone. Galba T-lo liberò ; sotto Vitellio l' esei« ito di nuovo il chiedeva al supplizio. Quinci nacquero le loro ire e spe-^ ranze nei nostri mali. Ma Civile più destro che non sogliono i Barbari ( e' s' appellava Sertorio e Annibale , per esser come loro , cieco d'un occhio), temendo di guerra, se dal popolo romano si ribellava alla scoperta ; s'infinse amico di Vespasiano e tutto di sua parte. Ebbe certamente ordine per lettere di Antonio Primo di divertire gli aiuti inviati a Vitellio , e ritenere le legioni , quasi per li tumulti di Germania. Il medesimo di presenza gli avea ordinato Ordeonio Flacco , per amore che portava a Vespasiano, e per zelo della Repubblica che andava in rovina , rinovandosi guerra, e tante migliaia d' armati l'Italia, inondando. . ,
XIV. Civile adunque risoluto di spiccarsi, ma non si scoprire, per far poi secondo gli avvenimenti, cominciò a ingarbugliare in questa maniera: Per ordine di Vitellio si scrivevano i giovani Batavi da portar arme ; cosa grave per sè e aggravata dall'avarizia e libidine de' Ministri, che scrivevano vecchi e non abili , per licenze vendere ; e bei donzelli di alta statura (che molti ve ne ha), per male adoperargliQuindi l' odio : e gli autori del sollevamento gli spinsero a non volere essere scritti. Civile chiama sotto spezie di convitto in un sagro bosco li principali, e de'popolari i più animosi: e quando li vede bene annottati e allegri, fatto preambolo della laude e gloria di lor gente, conta le rubane, gli sforzamenti e gli altri mali del lor servire : » Non esser tenuti, come già, per compagni, ma per ischiavi: e quanto si starà a veder venire un Legato con quel lungo coda/zo e superbo Imperio ? A lor Prefetti, a' loro Centurioni , esser dati a mangiare : e quando son pieni di loro carne e sangue, trovarsi altre gole affamate e altre invenzioni da ingoiarli. Doversi scrivere la gioventù , cioè dir F ultimo addio , i figliuoli a' padri , i fratelli a' fratelli. Non essere stati mai i Romani in peggior termine : non avere ne' loro alloggiamenti che vecchi e preda. Alzasson un poco gli occhi, e non si facesson paura di que'nomi vani di legioni. Avere essi nerbo di camalli e uomini ; parenti i Germani, le Gallie bramose del medesimo : nè a' Romani stessi spiacerebbe questa guerra , perchè ; perdendo, se ne farieno onore con Vespasiano: e vincendo , non se n'avrebbe a render conto ".
XV. Udito con grande approvanza di tutti, li fece con loro barbara scongiurazioni obbligare^ Mandò a far lega co' Canninefati. Questi abitano parte dell' isola : sono della medesima origine , lingua e valore: minor numero. Voltò segretamente li brettagni aiuti ; ciò sono quei fanti batavi venuti di Brettagna e poi mandati in Germania, come dissi, che allora erano in Ma ganza. Tra' Canninefati era un Brinio avventato bestione , d' alto legnaggio. Suo padre ci fece molti danni, e le matte spedizioni di Caio sprezzò senza pena. Costui , come di sangue ribello, parve il caso ; e lui alzato in uno scudo e portato in su le spalle a loro usanza , fecero Capitano. Incontanente chiamati i Frisj (gente oltre Reno)', per lo vicino Oceano assalisce i prossimi alloggiamenti di due coorti. Questo impeto non fu saputo ; nè, se l'avesser saputo, v'era forze da resistere. Li presero .adunque e saccheggiarono , poi diedono addosso ai saccomanni e mercatanti roinaui, sparsi a modo di pace . e 'l medesimo avrien fatto delle castella , se non fussero state abbruciate da'nostri , per non poterle tenere. Insegne , stendali , e quanti soldati vi erano , si ridussero nella parte di sopra dell' isola sotto Aquilio di prima fila : nome e non forze di esercito , avendone tratto Vitellio il fiore de' vicini contadi Nervi e Germani , caricato d' armi un numero di cerne.
XVI. Civile voltosi all' inganno , biasimò i Capitani d' aver abbandonate le castella; fermerebbe egli con la coorte sua il tumulto dei Canninefati : torJ nassero ne' loro alloggiamenti. Seppesi il consiglio frodolente dello sbrancare le coorti, perchè fussero meglio oppressi : e che non Brinio , ma Civile governava : scoprendosi a poco a poco quegli indizj che i Germani , che si rallegrano della guerra , non seppero ritenere. Fallitogli Io ingannare , passa alla forza. Ordina di Canninefati , Frisi e Batavi , tre proprie punte. Schieransi i Romani all'incontro presso -il Reno , e con le prue volte al nimico delle navi quì, j approdate, dopo le castella arse. Non s'era molto combattuto, quando i Tungri passaron con le insegne a Civile. Colti a tal tradigione i soldati nostri e spaventati, erano uccisi da' nemici e da'compagni. Nelle navi ancora eran traditi. Parte, de'vogatori batavi impedivano gli uffici de'marinari e de'soldali, quasi per non sapere; si contrappongono, e voltano alla riva le poppe ; finalmente ammazzano i Governatori e'Centurioni se non vogliono quello che essi 'r tantochè tutta quella armata di ventiquattro legni fu presa o si ribellò.
XVII. Gloriosa allora e poi utile fu quella vittoria; .acquistate armi e navi, onde erano bisognosi, Vennero per le Germanie e Gallie in gran fama di ricuperatori di libertà. Mandarono le Germanie subitamente ambasciadori offerendo aiuti. Civile cercava con presenti e arte congiugnersi con le Gallie; rimandando i Capitani prigioni alle lor terre: dando a'soldati elezione d'andarsene con le spoglie de'Romani ; o rimaner con soldo onorato. Segretamente ancora tutte le sollevava, ricordando i mali sopportati tanti anni : » Che falsamente chiamavan pace lor misera servitù : che i Batavi, benchè franchi di tributo , avevan prese T arme contro a' comuni padroni : alla prima battaglia li cacciarono e vinsero ; che avverrebbe se le Gallie scotessero il giogo? e che rimanere a' Romani in Italia? Col sangue degli Stati pigliarsi li Stati. Non si guardasse alla battaglia di Vindice, perchè i cavalli batavi sconfissero gli Edui c gli Alverni : e tra gli aiuti di Verginio vi ebbe Belgi . e la Gallia , chi ben guarda , fu fatta cader dalle proprie forze; oggi tutle unite e vantaggiate di quanto saper di guerra fu mai ne' campi Romani. Aver seco que'vecchi soldati che poco fa atterrarono le legioni d Otone. Stessonsi serve la Sorìa e l'Asia e Y Oriente , uso ad aver Re. Vivere in Gallia molti nati innanzi a'posti tributi. Essersi cacciato per certo non ha molto di Germania la servitù; tagliato a pezzi Quintilio Varo , e provocato con guerra , non Vitellio Imperadore , ma Cesare Augusto. Che la natura criò libere insino alle bestie ; la virtù è dell' uomo proprio bene ; gl' Iddii aiutano i forti. Assalissono ora liberi e freschi , gli stracchi e impacciati ; mentre uno vuole Vespasiano , altri Vitellio; esser la via aperta contro ambi ».
XVIII. Così Civile , le Gallie e Germanie adocchiando , era ^ se riuscito gli fosse, per farsi Re di due gagliardissime e ricchissime nazioni. Ma Ordeonio Flacco, da prima infingendosene, gli diè campo.. Avute le male nuove de1 presi alloggiamenti, disfatte coorti, cacciato dell'isolaii nome romano, comanda a Mummio Luperco Legato, che governava due legioni in guarnigione ; che esca contro al nimico. Luperco prestamente mette in campagna i legionari presenti , gli Ubj vicini , i cavalli treveri non lontani ; e più , una compagnia di cavalli batavi acconci più fa segretamente a fuggire in su 'l combattere e tradire i Romani con danno maggiore. Civile in mezzo alle guadagnate insegne per inanimire i soldati suoi con la gloria fresca, e atterrire i nimici con la trista memoria , pose dietro all' ordinanza sua madre e sorelle e mogli e figliuolini di tutti, per metter coraggio a vittoria e vergogna di fuga. Le grida dei nostri non furono rigogliose, come il canto levatosi de' loro uomini e urla delle donne. La banda batava si fuggì dal nostro corno sinistro, e rivoltoccisi contro. Ma i soldati di legione, benchè in mal termine, si mantenevano in battaglia. Gli aiuti Ubj e Treveri bruttamente la diedono a gambe per quelle pianure; i Germani si difilarono addosso a loro. Intanto si potero le legioni ricoverare nelli alloggiamenti appellati li Vecchi. Claudio Labeone, capitano della banda batava, competendo con Civile, come spesso fanno i compatriotti, fu da lui fatto portar in Frisia , per levare occasione di discordie o d' averlo a uccidere , e dispiacere a' suoi.
XIX. In questo tempo le genti canninefate e batave , che andavano a Roma per ordine di Vitellio, furon raggiunte da'messaggi di Civile: e subito gonfie di superbia e inferocite, domandarono pagamento del viaggio ; donativo ; paga doppia ; più numero di cavalli (cose tutte promesse da Vitellio ) 5 non per averle, ma per muover cagioni di tumulto. E Flacco col troppo conceder, non fece altro che ringrandirle a chieder le pazzie. Fattosi beffe di Flacco , s' avviarono nella Germania bassa, per congiugnersi con Civile. Ordeonio fece consiglio di Tribuni e Centurioni , se fusse bene farle ubbidire per forza. Poi per sua fiacchezza naturale , e perchè i ministri temevan forte della fede degli aiuti e della nuova gente, onde erano rifornite le legioni , risolvè di tenere i soldati dentro alli alloggiamenti. Ripentito e fatto ricredere da' medesimi che faveano consigliato, scrisse, quasi volesse seguitarli , ad Erennio Gallo Legato della legion prima , alloggiato in Bonna , che non li lasciasse passare, e che sarebbe loro alle spalle. E gli avrebber disfatti , se Ordeonio e Gallo li si coglievano con lor gente in mezzo. Ma Flacco variò, e riscrisse a Gallo che li lasciasse andare. Onde si suspicò nutrire i Capi la guerra : e per loro -cattivitade , non per difetto de' soldati , nè per forza dei nemici, essere ogni male avvenuto e avvenire.
XX. Appressandosi i Batavi alli alloggiamenti di Bonna , mandaron a dire a Gallo , non aver guerra alcuna co' Romaui, per cui tante volte aveano combattuto : stracchi per sì lunga e disutile milizia andarsene a casa a riposare : i.on impediti, passerebber quieti ; dovendo venire all' armi, troverebbero la via col ferro. Dubitando il Legato, fu spinto da'soldati a tentar la battaglia. Escono delle porte tremila soldati di legione , alcune compagnie di Belgi fatte * in furia e una mano di Vitelliani e saccomanni poltroni e innanzi al cimento insolenti : e vogliono i Batavi di minor numero circondare. Essi, che pra tici soldati erano, si ristringono in puntoni in fronte^ fianchi e spalle forti e sicuri ; così rompono la sottile ordinanza de' nostri. Fuggendo i Belgi , la legione fu smossa, e fuggivansene allo steccato e alle porte. Quivi fu la mortalità : colmaronsi i fossi di corpora ; nè solamente di ferro e ferite, ma di rovina e di loro armi medesime morirono molti. Scansata Colonia Agrippina, i vincitori seguitarono il lor viaggio senza fare altro danno ; scusandosi del conflitto di Bonna, che avevano chiesto pace ; e poichè fu negata , pensato al fatto loro.
XXI. Civile , arrivate le vecchie coorti . diventò Capitano di 'giusto esercito : ma stando intraddue, e ponderando la romana potenza , fece a tutti i presenti giurar fedeltà a Vespasiano ; e mandò ambasciadori alle due legioni scacciate nella prima battaglia e ricoverate nel Campo Vecchio per lo medesimo giuramento. Risposero che non volevan consigli di traditore, nè di nimici: Vitellio esser lor Principe , e per lui terrebbon fede e armi sino all' ultimo spirito: non facesse 'l fuggitivo Batavo I arbitro delle cose romane, ma aspettasse di sua fellonia degno gastigo. Acceso d'ira di tal risposta, arma tutta la gente batava in caccia e 'u furia. Collegasi coi Brut Ieri, co"Tenteri, e levasi la Germania al grido, alla preda.
XXII. Contro a tanto romor di guerra da ogni banda. Mummio Luperco e Numisio Rufo , Legati di quelle legioni, fortificano steccato e mura: rovinano i borghi presso al campo , edificati per la lunga pace come terre , perchè non servissero a' nimici. Non fu avverti to a riporre i viveri in campo : lasciaronli rubare : e fu straziato in pochi di quello che sarebbe bastato molto tempo alla necessità. Civile , messosi nel mezzo della battaglia col fiore dei suoi Batavi, empiè le rive del Reno ili Germani per far vista terribile : nel piano fa scorrere i cavalli, e le navi venire all' insù. Di qua mette soldati vecchi , di là altre nazioni con loro insegue innanzi in forme diverse, secondo che ciascuna usa, di fiere di loro boschi e foreste : mettendo con mostra di guerra civile e di straniera , terrore negli assediati; dove a' suoi cresceva la speranza il giro degli alloggiamenti , fatto per due legioni, e non v' era cinquemila armati, ma moltitudine di gente, che servono il campo , concorsavi per la rotta pace.
XXIII. L'alloggiamento era parte in piano, parte saliva alquanto ; perchè Augusto con esso a ridosso credeva tener le Germanie in cervello: nè pensò mai tanta sciagura , che quelle si movessero ad affrontare le nostre legioni ; perciò nè al situar , nè al fortificaie, pose gran cura; bastandoli forza e armi. I Batavi e quei d' oltre Reno , per meglio mostrare ciascheduna nazione sua virtù, comparsero separati e cominciarono a lanciare. Percotendo in vano torri e mura, e sopra loro piombando assai , assalirono con grida e impeto lo steccato ; salgono chi con le scale , chi sopra alle testuggini dei loro ; sono con le spade e targhe precipitati : con pali e picche trafitti; essendo feroci nel principio: troppo ardenti nelle cose prospere ; e allora per l' agonia della preda , sostenevano anco le avverse. Cimentarono anche le macchine a lor nuove, nè sapute usare. I fuggiti e prigioni, insegnaron loro adattar legnami a guisa di ponte c con ruote sotto spignerlo, da potervi altri star sopra, e come da bastioni , combattere ; e altri sotto tagliar le mura. Ma le pietre tratte co'mangani nel dificio mal fatto, lo mandaro in fascio ; ordinando graticci e tavole per coprirsi, vi eran lanciate aste ardenti ; e li stessi assaltanti col fuoco assaliti. Dispersiti della forza , si gittaron all' assedio , sapendo esservi da virere per pochi dì, e molte bocche disutili; e speravasi tradimento per la fame e dislealtà delli schiavi 3 o qualche accidente di guerra.
XXIV. Flacco in questo mezzo , inteso l' assedio del campo, vi manda Dillio Vocula, Legato della legion ventiduesima , col fiore delle legioni , perchè egli andasse lungo la ripa a grandissime giornate: e spedisse per le Gallie a chiedere aiuti. Egli pauroso e lento , era in odio a' soldati, che dicevano fuor de'denti: » Aver egli lasciati uscir ì Batavi di Maganza: chiuso gli occhi agli andamenti- di Civile , e chiamare i Germani in suo aiuto ; non esser tanto cresciuto Vespasiano , per opera d'Antonio Primo e Muoiano; alle nimicizie e arme aperte esser riparo; inganno e froda nascondersi ; però non potersi schifare. Civile"mostrar il viso, ordinar la battaglia; Ordeonio in camera e nel letto, comandar l'utile del nimico ; tante schiere di fortissimi armati reggersi da un vecchio infermo. Che non più tosto uccider quel traditore e liberar lor fortuna C virtù da sì fatto malanno ? » Riscaldandosi insieme con questi parlari , gl' infiammò una lettera di Vespasiano, che Flacco , non la potendo nascondere , lesse in parlamento , e mandò prigioni a Vitellio gli apportatori.
XXV. Così mitigati gli animi , s' andò a Bonna, alloggiamento della legìon prima. Il luogo accrebbe T ira 5 e di quella sconfitta incolpavano Ordeonio, che gli avea fatti combatter co' Batavi, con intenzione che di Maganza verrebbero le legioni in aiuto: e per non esser venute , gli aveva traditi e disfatti ; che gli altri eserciti , nè l' Imperadore, non sapevano queste cose ; che sarebbon corsi i vassalli al riparo - della nascente perfidia. Ordeonio lesse all' esercito le copie delle lettere scritte in Gallia, Britannia e Spagna, chiedendo aiuti; e mise pessima usanza di dar le lettere alli Alfieri delle legioni a legger asoldati prima che a' Capitani. Allora fece legare uno de' fastidiosi , più per mantenersi l' autorità che per aver peccato quel solo. E mosse l'esercito da Boima in Colonia Agrippina- concorrendovi aiuti di Galli, che prima a lor potere aiutavano i Romani ; poscia avanzandosi i Germani, molti popoli ci presero l'armi contro, sperando libertà: e dopo questa, dominio. Cresceva la collora de' soldati; e non aveva il legar un solo messo terrore ; anzi perciò si credeva costui portasse le ambasciate tra Flacco e Civile: e perchè non potesse dir questo vero , gli apponesse il falso. Yocula salì in su 'l tribunale e con forte animo il soldato preso e gridante , comandò menarsi al supplizio. I malvagi impauriro e i buoni stettero a ubbidienza. Chiedendo poi tutti Vocula per lor Capitano, Flacco gli lasciò tutto il carico.
XXVI. Ma que' discordi animi s'imbestialivano per più conti; mancavano le paghe e'l grano: le Gallie non volevano dar soldati nè tributo : il Reno , non più veduto sì basso , mal si potea navigare : eravi carestia di viveri : guardie per tutta la riva per non lasciar passar a guazzo i Germani; il che cagionava più bocche e meno da mangiare : i semplici si recavano la mancata acqua a ubbìa, che insino a'fiumi e l' antiche difese dell' imperio , ci abbandonassero ; quello che nella pace si dice caso o natura , allora si diceva destino o ira d' Iddio. Entrati in Novesio, si unirono con la legione tredicesima : e il Legato Erennio Gallo fu con Vocula compagno al governo. E non s' assicurando d' affrontare il nemico, posero il campo nel luogo detto Gelduba. Quivi col mettere in ordinanza , fortificare , bastionare e altri esercizj da guerra , facevan buoni i soldati , e per adescarli a virtù con la preda , Vocula condusse l' esercito ne' vicini villaggi de' Gugerni, collegatisi con Civile, lasciatone parte- con Erennio.
XXVII. Una nave di grano era per sorte arrenata non lungi dal campo : i Germani la tiravano alla lor preda. Erennio mandò una coorte per difenderla. Vennervi più Germani : e a poco a poco cresciuti aiuti , si combattè. I Germani con molta strage dei nostri presero la nave. I vinti ( come s' eran fatto uso ) non la davano a loro poltroneria , ma a perfidia del Legato. Tiranlo fuori del padiglione, stracciangli i panni , domandangli a suon di bastone, per quanti danari, con qua' compagni aver tradito l'esercito. Tornano a maladire Ordeonio , lui autore, costui ministro del tradimento : egli per paura della morte minacciata, anch'egli disse averli traditi. Ordeonio fu legato 3 e alla venuta di Vocula, sciolto ; il quale il dì seguente ammazzò i Capi della sedizione. Tanto diversamente era quello esercito licenzioso e paziente. Senza dubbio i soldati privati eran fedeli a Vitellio ; i grandi volevano Vespasiano. Però or si facevano i mali, or si gastigavano: mescolavasi col furore l' ubbidienza , nè si potevan frenar quei che si potevan punire. XXVIIT. Ma Civile ogni dì avanzandosi per grandissimi aiuti che gli piovevano da tutta Germania y stabilita la lega con nobilissimi sfatichi, comandò ad ogni vicino dare il guasto alli Ubj e Treveri , e parte passar la Mosa per intenebrare li Menapi e'Morini , e' confini della Gallia. Furon fatte prede per tutto : nelli Ubj crudelissime , per chiamarsi Agrippinensi , essendo Germani, e rinnegar la patria per lo nome romano. Tagliarono a pezzi lor genti nel borgo di Marcoduro , alloggiate con poca cura , per esser discosto alla riva. Nè si stettero essi Ubj di non predar la Germania : prima a man salva, poi furon colti in mezzo: ed ebbero in tutta questa guerra più fede che fortuna. Battuti gli Ubj, Civile, diventato maggiore, e per li successi più fiero, strigneva l'assedio delle legioni cinte di più guardie, perchè avviso non penetrasse del vegnente soccorso. Lascia la cura degl' ingegni e lavorii a'Batavi; a quelli d'oltre Reno, chiedenti l' assalto, commette, che vadino a rompere le trincee' e essendo ributtati , comanda che ritornino, essendovi gente troppa e vile il danno: la notte non fermò la fatica.
XXIX. Portanvi legne intorno e l'accendono : levansi da mangiare -, e secondo ch'eran caldi dal vino, corrono a combattere all' impazzata ; tirando a vanvera nel buio, e i Romani a mira nell' oste allumato: e scoprendosi alcuno apparente per addobbamento o per ardire, te l' imberciavano. Civile sen' accorse , e fece spegnere i fuochi, e Ogni cosa confondere d'armi e di tenebre. Quivi pazzi strepiti , strani casi : non. si sapeva dove ferire nè come riparare: alle grida si correva o frecciava : non valeva virtù , ma turbava tutto fortuna] cadevano spesso di fortissimi per mani vilissime. Ne' Germani era imprudenza ; i Romani come pratichi , avventavano bastoni col ferro, gran sassi non al vento. Dove sentivano batter le mura , o appoggiare scale, facevano i nemici con le targate cadere, e seguitavanli con lanciotti : molti saliti in su le mura ferivano con pugnali. Così consumata la notte, a giorno apparì nuova foggia di combattere.
XXX. Avevano i Datavi rizzato una torre a due solai, la quale accostata alla porta pretoria, luogo pianissimo, fu co' tavoloni e trav i battuta , fracassata, con mortalità di chi v'era sopra; e usciti fuora co' nemici sbattuti, subita e prospera scaramuccia, e da' legionarj di più sottigliezza e arte, si ordinavano altri ingegni. Spaventoso fu uno strumento sospeso in bilico, che di repente abbassato tirava su, a loro occhi veggenti, uno o più dei nemici, e sca{jliavali, rivoltato il peso, nel campo. Civile perduta la speranza d' averle per forza , vi si stava ozioso tentando con ambasciate e promesse le legioni nella fede.
XXXI. Queste cose seguirono in Germania innanzi alla giornata di Cremona, saputasi per lettere d'Antonio Primo e bando di Cecina, e per l'appunto di bocca Alpino Montano uno de' Prefetti vinti. Quindi nacquero diversità d' animi. Gli aiuti di Gallia, che non aveano nè amore, nè odio alla parte, subitamente di consigli de'Capi si ribellano da Vitellio; i soldati vecchi nicchiano ; pure , mossi da Ordeonio Flacco , e stimolati da' Tribuni, gli fecero omaggio ; ma con mal viso e animo e con l" altre parole del giuramento spiccate, ma a stento o tra i denti, 0 lasciato quel nome di Vespasiano.
XXXII. Furon lette in parlamento le lettere dAn tonio a Civile, le quali insospettirono i soldati, quasi scritte a uno di sua fazione, e che di loro trattavan come di nimiei. Queste nuove vennero a Gelduba in campo : e le cose medesime vi filron dette e fatte ; e mandato Montano a dire a Civile che posasse l'armi straniere coperte con la maschera nostra. Se egli aveva inteso giovare a Vespasiano, bastare il già fatto Civile rispose prima con astuzie ; poi considerato quanto Montauo era di natura feroce e pronto a novità, dolutosi delle sue fatiche e pericoli di venticinque anni nel campo romano -: » Belli meriti, » disse , ora ne ricevo : la morte di mio fratello, e le catene mie, e le crudelissime voci di questo esercito, che mi chiamava al supplizio , delle quali io cerco giusta vendetta. E voi, Treveri e altre anime schiave, che guiderdone aspettate del vostro tante volte sparso sangue, se non milizia misgradita, tributi sempiterni, verghe, mannaie e pazzi cervelli di padroni ? Ecco che io con una sola coorte, e li Canninefati e fiatavi, uno spicchio di Gallia, abbiamo que'voti spaz d' alloggiamenti abbattuti, ovvero li stringhiamo con fame e ferro. Il nostro ardire o ci farà liberi ; o vinti, saremo i medesimi. » Così l'accese e licenziò, ma disse non facesse l'ambasciata così risentita. Montano tornò, come senza conchiusione : l'altre cose, che poi scoppiarono, dissimulò.
XXXIII. Civile, ritenutasi parte delle genti, mandò i vecchi soldati e il meglio de' Germani contro a Vocula sotto Giulio Massimo e Claudio Vittore figliuolo di sua sorella. Rapiscono in passando gli alloggiamenti d'una banda di cavalli in Asciburgo, sì fulminanti, che Vocula non ebbe agio di esortare, uè di mettere in battaglia. Solamente in quella furia mise nel mezzo soldati d' insegne e d' intorno gli aiuti. La cavalleria investi , e 'le fu risposto da' nimici ben ordinati ; voltò le spalle per tornar a'suoi, e quivi si fece carne, non battaglia. Gli aiuti Nervj, o codardi o traditori , lasciarono ignudi i nostri fianchi. Vennesi alle legioni, le quali, perdute le insegne , erano uccise dentro aKo steccato ma subitano aiuto mutò fortuna. Venivan chiamati quei Guasconi già scelti da Galba ; e appressandosi alli alloggiamenti, udite le grida della zuffa , assaliscon di dietro i nimici occupati, e li spaventano più che il numero non chiedea , credendo, chi da Novesio, chi da Maganza, comparso ogni resto. Questo errore accrebbe animo a'Romani; e mentre sperano nelle forze altrui, ripiglian le loro. Tutti i pedoni batavi andarono in rotta • i cavalieri con le insegne e prigioni della prima battaglia scamparono; mentre morinne quel giorno più dei nostri, e i peggiori ; dei Germani, i migliori.
XXXIV. L'uno e l'altro Capitano con pari colpa si fece il male, e non seppe valersi del bene. Imperocchè, se Civile faceva più grossa oste, non da così pochi circondata , e disfaceva il campo, già fracassato ; nè Vocula la venuta de' nimici spiò ; onde subito che uscì fuori fu vinto. Poi confidando poco nella vittoria, spese in vano più giorni e poi mosse verso il nimico ; chè se lo caricava subito e seguitava, poteva con quello impeto levar l' assedio. Civile in questo mentre tentò gli assediati, come se i Romani fussero distrutti, e i suoi vittoriosi. Portavansi a mostra le nostre insegne, stendali e prigioni: uno dei quali con arditezza nobile, disse ad alta voce, come il fatto andò : e fu subito ucciso da' Germani, e tanto più creduto; e l'ardere e guastare le ville era segno che venisse l'esercito"vincitore. Vocula fa piantar le insegne a vista del campo e tirar fossa e steccato, per mettervi le bagaglie, acciò combattessero più spediti. Il che fu loro occasione di gridar battaglia al Capitano ; a minacciarlo già erano soliti. Senza aspettar d'ordinarsi cominciano a combattere stracchi e scomposti , essendosi Civile fatto innanzi , confidato non meno de'difetti de'nimici, che nella virtù de'suoi. La fortuna dei Romani fu varia : i più scandolosi erano i più poltroni: alcuni per la ricordanza della fresca vittoria , non uscivano del luogo . ferivano il nimico: sè e chi era loro allato rincoravano: e rinnovata la zuffa , le mani sporgevano alli assediati , che allora era tempo. Essi vedendo dalle mura il tutto, escono da tutte le porte: e per ventura a Civile cadde sotto il cavallo : voce andò per ambi gli eserciti che egli era ferito o morto : non si direbbe quanto spavento mise a' suoi , e ardire a' nostri.
XXXV. Ma Vocula in cambio di seguitar i fuggenti , alzava lo steccato, e le torri del campo come aspettasse altro assedio: e per aver guasto la vittoria tante volte, mise sospetto non falso di volere che la guerra durasse. Non patendo i nostri più che di fame, si mandarono a Novesio i carriaggi delle legioni con la turba disutile , per quindi condur frumenti per terra , essendo del fiume padroni i nimici. Andarono la prima volta sicuri, non essendo Civile ancor ben guarito: ma la seconda , quando intese delle compagnie date per guardia, e che andavano, come in molta pace , radi alle insegne, con l' armi in su carri s tutti licenziosi e sparsi, gl' investisce ben ordinato, fatto prima pigliar i ponti e passi stretti. La battaglia fu lunga e dubbia e divisa dalla notte. Le coorti se n' andaron a Gelduba , e rimase il campo in suo essere, guardato da' soldati lasciativi. Nel ritorno s'andava a pericolo manifesto, essendo i frumentieri carichi e pochi. Vocula chiama al suo esercito mille scelti delle legioni quinta e quattordicesima assediate al Campo Vecchio, soldati superbi e crucciati co' Capitani : ne venne più numero e sbuffavano per l' esereito , che non patirebbero oltre alla fame gl' inganni de' Legati ; e quei che rimasero , si dolevano d' esser lasciati da quelli ; onde nacque doppio sollevamento: altri richiamavano Vocula, altri non vi volevan tornare.
XXXVI. In tanto Civile assediò il Campo Vecchio. Vocula andò a Gelduba, e quindi a Novesio. Civile prese Gelduba. Poi presso a Novesio combatte con la cavalleria, ed ebbero il meglio • ma i soldati nostri per le bonacce , come per le tempeste, s' infiammavano contro i Capitani. Arrivate le legioni quinta e quindicesima , tutti chieggono donativo, sapendo che Vitellio aveva mandato danari. Nè Ordeonio tardò a darlo a nome di Vespasiano ; e fu nutrimento alla sollevazione , datisi a spendere e sgavazzare e far la notte ragunate : rinnuovano contro a Ordeonio l' ira ; e non avendo nè Legato , nè Tribuno , ardire di tenerli , perchè la notte cuopre vergogna , lo tiron fuor del letto e l'uccidono. L'appiccavano anche a Vocula, se travestito da schiavo, di notte, cheto non iscappava. Fermò la furia , e tornò 'l timore. Mandano Centurioni con lettere per le comunità delle Gallie a chieder gente e danari.
XXXVII. Sentendo che Civile s' avvicina ( come il volgo senza Capo è precipitoso, pauroso, sconsidelato ), piglion l'arme alla peggio , lascianle subito e fuggonsi. L'avversità generò discordia, perchè quelli dell' esercito di sopra non concorsero. Pure in campo e per le terre Belge vicine furon riposte le statue di Vitellio quando egli era già rovinato. Poi ripentiti quei della prima , quarta e diciottesima , seguitan Vocula ; il quale fattili ridar giuramento a Vespasiano, li menava a liberare dall' assedio Maganza. Ma li assedianti , cioè mescolati Catti , Usipj e Mattiaci s'eran partiti sazj di preda e non senza sangue. Così sparsi e sicuri li affrontarono i nostri ; e i Treveri avevano alle loro frontiere cortina e steccato , e combattevano co' Germani con molto sangue, «ino a che non guastarono quanto aveano meritato col popol romano , ribellandosi.
XXXVIII. Presero in questo mentre Vespasiano il secondo consolato e Tito il primo , assenti ; essendo Roma mesta, e piena di molte paure, ancor d'una falsa, che l'Affrica s'era ribellata, macchinando novità L. Pisone , che v' era a governo, uomo di natura quieto; ma perchè per lo crudo verno non comparivano navi, il popolo , che vive dì per dì, uè altro pubblico pensiero ha che del pane; temendo che il lito d'Affrica non si potesse praticare , e fusser levate le tratte, il credeva: e ne accrescevano la fama i Vitelliani non ancor -chiari: nè a' vincitori era discara, le cui cupidigie ingorde nelle guerre anche con li strani, non s'empierono mai per alcuna civile.
XXXIX. Nelle calende di gennaio il Senato ragunato da Giulio Frontino, Pretore di Roma, deliberò che i Legati, gli eserciti e i Re fossero lodati e ringraziati. Terzo Giuliano Pretore fu deposto, perchè piantò la legione che passò a parte vespasiana , e rifatto Plozio Grifo. Ormo fatto cavalier romano. Frontino lasciò la pretura , e presela Domiziano Cesare. Le lettere e bandi avevano ia cima il suo nome ; ma l' autorità era di Muciano , se non se Domiziano , spinto da amici o da sè stesso, se la pigliava. Ma molto temeva Muciano di Antonio Primo e d'Ario Varo, rinomati per chiare geste e fresche; amati da7soldati e dal popolo, perchè niuna crudeltà usaron fuor di battaglia. E dicevasi aver Antonio inanimito all' Imperio Scriboniano Crasso per lo splendore de' maggiori suoi e delle immagini del fratello: nè gli mancava seguaci se ei voleva attendere ; ma le cose piane , non che di pericolo , non l' avrieno corrotto. Muciano adunque , non potendo rovinare Antonio palesemente, lo celebrò in senato : gli fece segreta promessa del governo della Spagna di qua , lasciato da Cluvio Rufo : tribunati e prefetture gli offerì per suo' amici ; e quando l' ebbe pien di speranze e di vento , gli levò le forze, mandando in guarnigione la legion settima, sviscerata di lui; e la terza , divota di Varo, rimandò in Sorìa : parte dell' esercito se n' andava in Germania. Così spazzato tutto il fastidio della città , vi ritornò la sua forma , leggi e ordini di magistrati.
XL. Lo dì che Domiziano entrò in senato , disse, dell' esser suo padre e fratello assenti, e lui giovane , poche parole e moderate , nobilmente vestito : e lo spesso arrossare , non essendo ancor conosciuto, parea modestia. Propose che si rendessero gli onori a Galba; e Curzio Montano, che anche si celebrasse la memoria di Pisone. L' un partito e l' altro da' Padri fu vinto : quello di Pisone non eseguito. Trassesi per sorte deputati a far restituire le cose rubate per la guerra, e a ritrovare e rimetter le perdute Tavole de' bronzi , scrittovi le leggi, e a correggere il calendario , per le adulazioni de' tempi imbrattato , e a regolar le pubbliche spese. Quando si seppe Terzo Giuliano essere rifuggito a Vespasiano , gli fu renduta la Pretura. A Grifo restò il suo grado. Tra Musonio Rufo e P. Celere fu riassunta la causa : dannato Pubblio e soddisfatto in quel giorno all' anima di Sorano , con laude pubblica e privata ancora , parendo che avesse quest' accusa Musonio con ragione proseguita: e , per lo contrario , che Demetrio, che faceva professione di filosofo cinico , avesse difeso con più saccenteria che onestà un tristo manifesto , che non ebbe animo a dire una parola. Aperta la strada da vendicarsi delli accusatori, Giunio Maurico domandando a Cesare che consegnasse i diarj de' Principi al senato, dove egli vedrebbe tutte le querele date a tempo degl' Imperadori, rispose esser cosa da domandarne il Principe.
XLI. Il senato giurò, cominciando i principali e i magistrati a gara, poi gli altri che secondo loro ordine, n' eran richiesti, chiamati per testimoni gli Iddii , con queste parole : » Non essersi per opera loro mai offesa la salute d' alcuno ; nè aver premio, nè onor ricevuto per dannsggio de' cittadini : » tremando quei che erano in peccato e sottilmente travolgendo le parole del giuramento. Il senato approvava lo scrupolo che n' aveano , ma non lo spergiuro. E questa , quasi censura , colse nel vivo Sarioleno Vocula, Nonio Aziano e Cestio Severo, famose spie sotto Nerone, e Vocula, di nuovo sotto Vitellio. Nè il senato di minacciarlo con mano ristette : sì ss n'uscì. Pazìo Affricano ancora ne fu cacciato, per aver a Nerone additati li due Scriboniani fratelli, di singolare unione e ricchezze , per farli morire. Il che Affricano non ardiva confessare, e non poteva negare • ma voltatosi a Vibio Crispo, che lo serrava con le domande, accomunando seco le colpe che non poteva difendere, mitigò l' odio.
XLII. Nome di grande eloquenza e pietà quel giorno acquistò Vipsanio Messalla , che d' età da essere senatore ardì aringar per Aquilio Regolo fratel suo , odiatissimo per aver distrutto le famiglie de' Grassi e d' Orfito ; e pareva che egli molto giovane , non per fuggir pericolo . ma aspirando a grandezza , avesse volontariamente quel!' accusa abbracciato. E se 'l Senato accettava la causa , eran pronti alla vendetta Sulpizia Pretestata, moglie di Crasso, con quattro figliuoli. Messalla adunque senza entrar ne' meriti, faceva di sè scudo al fratello : e piegavansi alcuni. quando Curzio Montano si voltò a Regolo com' un aspido ; e venne fino a rinfacciargli di aver dato danari dopo la morte di Galba a chi uccise Pisone , e dato di morso nel teschio suo : « A queste crudeltà, » disse , » non li sforzò mica Nerone , nè ricovrasti per queste tuo onore o salute. Sia lecito, anzi che correre tantino di rischio , sprofondar il compagno ; tu non ne correvi veruno , perchè tuo padre era bandito ; i beni dati a' creditori: non eri ancora abile agli onori ; Nerone da te nulla poteva volere, nulla temere; assetato del sangue e ingordo di premj , facesti conoscer l' ingegno tuo , non impiegato mai in difesa d' alcuno ; quando facesti uccidere quel chiaro uomo , quando usurpasti di quell' esequie nella repubblica le spoglie consolari e cento settantacinquemila fiorini <l ' oro e un sacerdozio, che ue andavi gonfio , e quelli innocenti figliuoli, illustri vecchi e ragguardevoli donne , mandasti in perdizione ; quando gridasti Nerone, che affaticava sè e le spie, a mandarle a casa , potendo una voce rovinare tutto 'l senato. Confettatelo , Padri coscritti; quest'uomo sì speditivo: mantenetelo per questa dottrina a insegnare a ogni età: e come fu da' nostri vecchi Marcello e Crispo , sia da' giovani imitato Regolo. L' iniquità infelice ha trovato seguito ; che farà fiorita e forte ? Se noi ci peritiamo a toccarlo ora che è stato Questore e non Sdtro , che faremo quando sarà stato Pretore e Consolo ? Credete voi che Nerone sia per esser l'ultimo tiranno? Credetterlo i rimasi dopo Tiberio e Caio: e pur ne venne un peggiore. Non si teme di Vespasiano ; di tale età e modestia è. Ma gli uomini non vivono quanto gli esempi. Noi siamo peggiorati, o Padri coscritti: non siamo più quel Senato che, ucciso Nerone , voleva alle spie e a' ministri dare il supplizio antico. Dopo un mal principe, lo dì primo è lo migliore ».
XLIII. Il parlar di Montano piacque tanto al Senato , che Elvidio Prisco sperò di potere abbattere anche Marcello. E cominciato a benedire Cluvio Rufo , di pari ricco ed eloquente e pur niuno avea rovinato sotto Nerone • conficcando Eprio col fatto e con l' esempio : gli accendeva contro gli animi dei Padri. Del che avvedutosi Marcello, si mosse come per andarsene , e disse : » Noi ce ne andiamo , Prir sco, e ti lasciamo il Senato: regna in presenza di Cesare ». Vibio Crispo gli andava dietro , ambi crucciosi con volti diversi : Marcello faceva occhiacci , Crispo ghignava: amici accorsi li rimisero a' lor luoghi. Quel giorno fu consumato in gran batoste e pertinaci oclj ; tenendo i più e migliori, da una parte, e pochi e potenti dall' altra.
XLIV. L' altro dì di Senato , cominciando Cesare a dire che si lasciasse il dolore e le collore, nate per necessità de' tempi, Muciano con lunghe parole la prese per li accusatori, e avverti dolcemente coloro , che le abbandonate accuse contro a loro ripigliavano e quasi pregò a lasciarle. Così i Padri, poichè fu dato loro sulle mani , lasciaron la presa libertà. Muciano , perchè non paresse il giudicio del Senato sprezzato , e tutte le cose bruite fatte sotto Nerone, approvate, rimandò al confluo due Sonatori, che l'avevan rotto. Ottavio Sagilta, per aver ammazzata per martello d'amore Ponzia Postumia giaciutasi seco e non volutolo per marito, e Antistio Sosiano, per sua natura pessima, rovina di molti : il Senato per grave decreto li cacciò via e rificcò nelle medesime isole, benchè altri russero ben tornati. Nè questo smorzò l'odio contro a Muciano, perchè Sosiano e Sagitla, benchè bissero stati rimessi, non eran da esser temuti ; la paura era delli accusatori diabolici , ricchi, esercitati e possenti al nuocere.
XLV. Addolcì un poco i Padri il lasciarli cognoscere una causa secondo il costume antico. Manlio Patruito Senatore si querelò d'essere stato nella Colonia sanese dal popolo d'ordine del magistrato, rifrustato di pugna : e per giunta, fattoli intorno cerchio , e piagnistèo da morto , con vituperj che toccavano tutto il Senato. Udite le parti e cognosciuta la causa , furon condannati i colpevoli : e per partito del Senato ammonita la plebe sanese ad aver più cervello. Autonio Fiamma fu in que' dì condannato di mal tolto a' Cirenesi e bandito per crudeltadi.
XLVI. In quel mentre i soldati pretoriani levaron quasi fiamma di sedizione. Volevano i cassi da Vitellio, stati poi soldati di Vespasiano, riaver il luogo; e li eletti delle legioni ad esser pure pretoriani, domandavano le paghe promesse. Non si potevano i Vitelliani mandar via senza molto sangue. Entrato Muciano negli alloggiamenti , per poter meglio conoscere il servito di ciascuno, fece stare i soldati vittoriosi con laro arme e insegne, spartiti in fra di loro con piccoli intervalli : allora i Vitelliani arresi a Bovile , come dicemmo , e altri cercati per la città e d'intorno, furon quivi condotti quasi ignudi e messi in disparte essi, e se altri soldati germani e britanni, e d' altri eserciti vi erano ; cosa che fece loro in prima i capelli arricciare, vedendosi rinchiusi, ignudi e lordi , con uno esercito al pelo armato e feroce. Cominciatogli poi a sbrancare una schiera qua e una là, tutti impauriro e specialmente i Germani, d'esser così separati per menarli alla mazza; abbracciavano de' compagni i petti, gittavansi al collo, chiedevano gli ultimi baci : e di non esser lasciati soli e patir in pari causa non pari fortuna , raccomandavansi a Muciauo, al principe assente, al ciclo, agli Iddii ; finchè Muciano , dicendogli obbligati tutti al medesimo giuramento , soldati del medesimo Imperadore, levò loro il timor falso : l'esercito vincitore ancor favoriva con grida le lor lagrime. Così finìo quel dì. Pochi di poi, già essendo rassicurati, Domiziano aringo e offerse loro terreni. Ricusaronli e pregavano milizia e soldo, eran preghi che lo sforzavano; però furon ricevuti nel pretorio. Poscia i vecchi o bene meriti, licenziati con onore ; altri cassati per colpe, or uno, or l' altro spicciolati : modo sicurissimo da indebolir le fazioni.
XLV1I. In Senato per bisogno vero o finto , si pose uno accatto d'un milione e mezzo di oro a'pri\ati. Poppeo Silvano fu deputato a riscuoterlo. Indi a poco svanì il bisogno o l'infinta. Domiziano per legge annullò i consolati che aveva dati Vitellio. A Flavio Sabino fu fatto l' esequie da Censore : grandi esempi , che la fortuna fa alto e basso.
XLVIII. In questo tempo fu ammazzato L. Pisonc viceconsolo: io ne dirò la propria verità, ricercando prima di tali eccessi l'origine e le cagioni. In Affrica la legione e aiuti tenutivi per guardar le frontiere dell' imperio , obbedivano . sotto Augusto e Tiberio , un viceconsolo. Caio Cesare, cervel torbido, e che temea di M. Silano , che tcnea l'Affrica , gli tolse la legione e mandovvi un Legato. Così col dare a due eguale carico e confondere i lor maneggi, mise e accese tra loro discordia e male contese. Le quali accrebbero l ' autorità de' Legati ; o per lo stare nell'ufficio fermi o perchè gl' inferiori più cercano sovrastare; e i viceconsoli di più splendore, pensavano più alla salute che alla potenza.
XLIX. Legato della legione allora era Valerio Festo, giovane spenditore, aspirante a gran cose, parente di Vitellio ; però in gran pensiero. Se Pisone tentò di far novità , o fusse tentato da lui, non si sa ; perchè niuno fu al segreto : e morto Pisone, i più in grazia dell'ucciditore, davano la colpa al morto. Certo è che gli Affricani e i soldati odiavano Vespasiano : e certi Vitelliani fuggitisi di Roma metJevan su Pisone ; mostrandogli essere le Gallie non chiare , la Germania presta, lui in perìcoli ; e più sicura la guerra che la pace sospetta. Intanto Claudio Sagitta, Capitano della banda Petrina, avuto buon vento, arrivò prima di Papirio Centurione, mandato da Muoiano ; e avvertì Pisone che questo Centurione veniva con ordine d' ammazzarlo : che Galeriano , suo cugino e genero, già era levato dal mondo; speranza di salute non aveva che nelPardire: e questo in due modi : o pigliar l' armi subitamente , o navigare in Gallia e offerirsi Capo a'V itelliani eserciti. Pisone non se ne mosse. Arriva in porto di Cartagine il Centurione e grida ad alta voce : » Buone novelle : Pisone è Imperadore : » al popolo , corso alla subita maraviglia e attonito disse, che il simigliante gridassero. ll volgo credulo corre in piazza e chiede di veder Pisone : empie ogni cosa d'allegrezza e grida, senza intenderne il vero , per volontà d'adulare. Pisone per l'avviso di Sagitta, o per modestia sua naturale, non uscì fuori a lasciarsi vedere , ma domandò il Centurione che cosa fusse : e poichè conobbe che egli avea Voluto farli fare il sacco per ucciderlo, fece uccider lui? non tanto per isperanza di salvar sè , quanto per ira che costui , uno delli ammazzatori di Clodio Macro Legato , con le mani ancor sanguinose venisse ad ammazzare il, viceconsolo. Di poi agramente ripreso per bando i Cartaginesi, non esercitava nè pur suo uficio, serratosi in casa per non dar cagione di nuovo movimento. Quando Festo seppe del popolo sbigottito , del Centurione morto quel che era, e più, come fa la fama, mandò gente a cavallo a uccider Pisone. Essi furiosamente, non essendo ancor di chiaro , abbatton la poita sua con le spade ignude, gran parte di loro noi conoscendo, perchè eran tutti C&rtagmesi d' aiuto e Mori. Avvenutisi vicino alla camera ad uno schiavo, il domandano, chi è, e dove è Pisene. Egli con onorata menzogna disse : » Eccomi ; » e fu morto ; come altresì Pisone poco appresso, conosciuto da Bel.io Massa, uno de' procuratori d'Affrica , peste fin' allora di tutti i migliori; e sarà spesso tra le cagioni de' nostri mali. Festo, da Adrumeto, dove attendeva l'effetto, n'andò alla legione , e fece pigliar Cetronio Pisauo Maestro del campo, per odio privato; ma lo diceva cagnotto di Pisone : e alcuni soldati e Centurioni punì, altri ne premiò , niuno per merito, ma per parere d'aver sopito una guerra.
L. Di poi acconciò le differenze tra gli Ofensi e Lettitani, che da piccoli rubacchiamenti di biade e bestiami tra' contadini eran venuti all' arme e battaglie. Il popola Ofinse, infeiior di numero, chiamò i Garamanti, gente indomita e avvezza a rubare tutto dì i vicini- onde i Lettitani ebber che fare: guasto il paese, si serrarono entro le mura: vennero e fanti e cavalli , e cacciarono i Garamanti ; e si riebbe la preda , da quella in fuori che fu venduta per le capanne e catapecchie lontane.
LI. Dopo la vittoria di Cremona e l' altre buone nuove per- tutto, molti d' ogni grado, messisi eoa pari ardire e fortuna a navigar di verno, portarono la morte di V itell io a Vespasiano. Eranv i gli ambasciadori del Re Vologese e gli offersero quarantamila cavalli Parti. Lieta e onorevol cosa gli fu l’ offerta di tanti aiuti, e non averne bisogno. Lo ringraziò y e disse, che mandasse ambasciadori al Senato e sapesse il tutto esser quieto. Vespasiano, tutto inteso Alle cose d'Italia e Roma , fastidiose novelle ha che Domiziano esce dei termini dell' età e del lecito a figliuolo. Laonde a Tito consegna gagliardissima parte dell' esercito, per finir del tutto la guerra di Giudea.
LIL Dicono, che Tito al partire molto pregò suo padre : » Non si levasse a furia per maligni rapporti; non si recasse a noia il figliuolo ; non' legioni, non armate assicurar l' imperio , quanto il numero de' figliuoli ; perchè gli amici , per tempo , fortuna , de* siderj o errori, si perdono, se ne vanno, o ti mancano alcune volte; il sangue proprio non si può superare , massimamente da' principi, delle cui felicità godono molti ; le avversità sono de' congiuntissimi ; non sarebbero essi fratelli d' accordo se dal padre non avessero esempio ». Vespasiano non così mitigato con Domiziano, come rallegrato della bontà di Tito , gli disse , che stesse di buon animo ; facesse grande la repubblica con la guerra e con l'armi ; egli penserebbe alla pace e alla casa ; e carico di grano velocissimi legni in mare, ancor crudele, per Roma, Condottasi al verde, e che all'arrivo non ven'avea che per diece dì.
LUI. Fece provveditore , a rifare Campidoglio, LVestino cavaliere, ma d'autorità e fama tra'primi. GÌ' indovini da costui ragunati, dissero : Doversi le vecchie materie gittare in paludi ; il tempio rifare sopra la medesima pianta, nella medesima forma: così volere gli Iddii. Il ventunesimo di giugno, giorno sereno , tutto il giro del nuovo tempio fu coperto di sagre bende e ghirlande. Entraronvi soldati aventi nomi di buon'uria e rami di felici arbori, e vergini di Vesta con piccoli fanciulli e fanciulle aventi padre e madre: l' aspersero d'acqua di ruscelli, fonti e fiumi. Elvidio Prisco Pretore , coi, Plauto Eliano Pontefice , che diceva le parole, fecero in quello spazio il sagrificio di verro , pecora e toro ; e poste le interiora sopra un cespuglio . pregò Giove , Giu-i none e Minerva , e gl' Iddii protettori dell' imperio, che volessero favorir l' opera ; e la lor sedia , incominciata con umana pietà, ergere con aiuto divino, toccando le stole che la pietra a funi legata fasciavano ; e gli altri Magistrati, Sacerdoti, Senatori, Calieri e gran parte del popolo con allegra forza trainarono un gran sasso nel fondamento, e gittaronvi presenti d' oro e arieuto e inetalli greggi ; avendo predelio gli aruspici , che l'opera non si contaminasse di oro o sasso concio per altro usaggio. Rifecesi più alto. Ciò solo permise la religione: credettesi che questo mancasse alla magnificenza del tempio vecchio ^ che di tanta gente doveva esser capace.
LIV. In questo tempo la morte di Vitellio uditasi per le Galhe e Germanie raddoppiò la guerra; perche Civile, lasciata ogni finzione, alla scoperta fulmin va contro al popol romano; e le vitelliane legioni volevano anzi .servire a forestieri, che vedere Jmperadore Vespasiano; onde i Galli rizzaron la eresta, credendo, per tulio, i nostri eserciti farla male; dicendosi che i Sarmati e Daci assediassero gli alloggiamenti di Mesia e Pannonia ; il simile si fingeva di Britannia; ma sopra, tutto l' arso Campidoglio indicava la fine dell' imperio; cantando, i vani Druidi, che i Calli presero già Roma, ma non Campidoglio , casa di Giove ; però rimase l' imperio a Roma; ora questo fuoco è segno da cielo della sua ira, £ di volere che li oltramontani abbiano la signoria. delle cose Umane. Eii era fama che i principali Galli mandati da Otone contro a Vitellio, innanzi al partire restasser d' accordo di non mancare alla libertà, se 'l popol romano rovinasse per le continue guerre civili e malori interni.
LV. Vivente Ordeonio Flacco, non appan segno di congiura; morto lui, tra Civile e Classico, Capitano d' Una banda di cavalli dei Treviri, passaro ambasciate. Classico, di nobiltà e i'icchezza era il pritoo: nato di sangue reale e d'uomini chiari in pace e guerra; per li quali st vantava d'esser nimico più tosto che compagno del popol romano. Mescolaronsi seco Giulio Tutore treviro, posto da Vitellio a guardar la ripa del Reno, e Giulio Sabino lingone ch« tra l' altre sue vanità si vantava di sua bastardigia, e dell' aver la bisavola sua soddisfatto della persona a Giulio Cesare guerreggiante in Gallia. Questi secretamente tentaron degli altri: e fatti complici i più a proposito, ragunati in Colonia Agrippina in Casa privata, perchè il popolo abborriva cOtali imprese , trovandovisi nondimeno certi Ubj e Tungri 5 ma il forte, Treviri e Lingoni, non ebber pazienza a discorrere: ognuno grida: » il popol romano essei* cacciato dalle furie delle lor discordie; tagliate a pezzi le legioni: guasta l' Italia;' Roma presa più che già mai; tutti gli eserciti- impacclati in proprie guerre. Chiudendo i passi dell' Alpi e acquistata la libertà, le Gallie porrebbono il termine di lor potenza a modo loro ».
LVI. Ognuno approvò il detto ; ma del rimanente dell' esercito Vitelliano dubitavano, che dover farsi. Molti consigliavano ammazzargli, come scandolosi, felloni, ucciditori dei lor Capitani. Vinse, che si perdonasse, meglio allettarli a esser compagni, ammai zando i Legati soli delle legioni ; gli altri di gia colpevoli, per la speranza del perdono, se ne terrebbero di patti. Cosi conchiuse la prima Dieta : e mandò per le <Jallie sommovitori alla guerra, e a Vocula mostrarono ubbidienza, per Opprimerlo men guardato. Nè mancò chi-ne l' avvertisse ; ma non avea forze da rimediare, essendo le legioni diradate e non fedeli. Trovandosi in mezzo a' soldati dubbi e nimici oc-culti, prese per lo migliore infingersi anch' egli e giugner loro con V arti loro. Vassene in Colonia Agrippina, ove Claudio Labeone ( che noi dicemmo preso e mandato in Frisia da Civile, perchè non praticasse), corrotte le guardie, fuggitosi, gli promise, dandogli forze, andare a'Batavi e ritirarla miglior parte de' popoli a divozione romana. Andovvi con pochi fanti e cavalli, e nulla vi fece : mise in arme certi Nervj e Betasi ; e più tosto di furto che con guerra, scorreva nei Canninefati e Marsaci. Vocula tirato con inganno de' Galli, andò a trovar i ijimici.
LVII. Nè dal Campo Vecchio era molto lontano^ quando Classico e Tutore, passati innanzi quasi per riconoscere, capitolarono coi Capi de' Germani: allora apertamente si dividono dalle legioni, e di proprio staccato cingono il campo loro ; protestando Voeulu: " Non affogare i Romani cotanto nell' armi civili , che insino a' Treveri e Lingoni li deano strapazzare. Rimaner loro fedeli vassalli, vittoriosi eserciti , la fortuna dell'imperio, vendicatori Iddii. Così, prima Sacrovire e gli Edui ; dianzi Vindice, e le Gallie, dieder giù' ciascheduno alle prime battaglie. Aspettassonsi ora i traditori li medesimi Iddii e destìni. Meglio i divini Giulio e Augusto aver conosciuto i loro animi. Galba e l'esenzion sue, averli levati in superbia- e fatti nimici ora che il giogo è suave: pigiati, spogliati) sarebbero tutti amici ». Dopo questo feroce parlare, non lasciando Classico e Tutore lor trailigione, volta briglia inverso Novesio : i Galli si fermano in un piano lontano due miglia a svolgere e comperare gli animi de' Centurioni e soldati; perchè ( odi nuova sceleratezza) il r. mano esercito giurasse a' Baii)ari servitù, e desse per pegno i Legati morti o prigioni. Vocula ( benchè da molli consigliato a fuggire ) animosamente chiamò a parlamento , e disse:
LVflI. » Io non vi ho parlato mai sì sollecito del caso vostro e risoluto del mio ; perchè io odo volentieri che si cerca la morte mia, la quale in tali mali •aspetto, per porto a uscire d'affanni. Di voi mi vien vergogna e pietà J contro a cui non si ordina battaglia con armi nimiche, che è cosa ordiuaria e da soldati. Con le vostre mani spera Classico far guerra al popol romano e trasferire in Callia l'imperio e la milizia. O esempi antichi, se oggi fortuna e virtù ci abbandonano, ove sete voi? Quante volte hanno voluto le romane legioni anzi morire die lasciarsi spuntar del lor luogo! Quante i collegali nostri lasciato spiantare le lor città, c sè con le mogli e figliuoli ardere, solamente per mantener fede e fama ? Tollerano più che mai fame e assedio le legioni al Campo Vecchio: nè le muove terrore o promesse. Noi abbiamo armi, uomini e ben muniti alloggiamenti: vettovaglie per lunga guerra ; danari freschi del donativo di Vespasiano, o sia di Vitellio; basta, che viene dal romano Imperadore. Se voi vincitori di tante guerre, fugatori de' niraici a Gelduba , al Campo Vecchio. e tante altre volte, ora temete di venire alle mani, è vergogna: ma e' e'è stato, bastioni , arte da trattenervi sino a che dalle nostre più vicine province ci concorrano aiuti ed eserciti. Se io non piaccio, ci sono altri Legati, Tribuni, Centurioni e soldati finalmente. Non fate dire per tutto il Mondo sì mostruosa cosa, che voi siate cagnotti di Civile e Classico ad assalire Italia; e se Germani e Galli vi condurranno alle mura di Roma, vostra patria, combatteretele voi ? Mi raccapriccio a peusarvi ; farete per Tutore Treviro le sentinelle? daravvi un Batavo il segno alla battaglia? rifornirete le schiere de'Germani ? Qual sarà la fine di sì brutto misfatto ? Quando le legioni romane vi verranno contro, diverrete voi de' traditori, di fuggiti rifuggiti ; e fia'l nuovo e vecchio giuramento, odiosi agi' Iddìi vi andrete raggirando? O Giove ottimo e grandissimo, da noi ottocentoventi anni con tanti trionfi onorato ; o Quirino, padre di Roma, io vi prego e adoro; poscia che a voi non è piaciuto mantener questi alloggiamenti sotto la cura mia senza macchia, non li lasciate almeno da Tutore e Classico vituperare" e teniate ai soldati le mani in capo, che non falli-no; o tosto si ripentano e senza dannaggio ».
LIX. Variamente fu preso questo parlare. secondo che s' aveva speranza o tema o vergogna. Vocula si partì risoluto d' ammazzarsi innanzi che fusse vilmente straziato, ma i liberti e schiavi, l' impedirono. Classico sollecitamente mandò a ucciderlo Emilio Longino , fuggitosi della legion prima. Erennio e Nuraisio Legati, gli bastò far prigioni; e alzate l'insegne dell' imperio romano venue in campo, e non ebbe coraggio, quantunque ad ogni malo affare arditissimo, di formar parola" ma lesse il giuramento; e quei che presenti erano, il diedono all'imperio gallico. Esaltò l' ucciditore di Vocula ad alti gradi : gli altri premiò secondo le commesse malvagità. Tutori e Classico si spartirono i carichi. Tutore con forze grandi circonda gli Agrippinesi . e quanti soldati erano in riva di Reno di sopra ) fa giurar il medesimo , e uccide i Tribuni di Magan/.a, e caccia via il Maestro del campo, che non vollero giurare. Classico manda delli arrenduti i più scelerati a offerire alli . assediati perdono , accomodandosi alle cose presenti; altrimente protestare fame, ferro e tutte le crudeltà) e confortavanli i mandati a imitar loro.
LX. La fede e la fame, l' onor e l' infamia combattevano gli assediati. Eran mancati i cibi soliti e gli strani: giumenti, cavalli, animali sozzi e stomachevoli, che la fame fa saporosi, tutti s' erano manicati; finalmente frasche, sterpi, erbe svelte tra i sassi, furono esempio di misera sofferenza. Ma così bella laude macchiarono con laida fine, mandando a chiedere a Civile la vita. E non prima l'impetrarono, che giurata la fedeltà alle Gallie, con patto di lasciar tutto l'avere; e con essi manda gente che ritenga i danari, ragazzi e salmerìa e gli accompagni a irsene svaligiati. Alle cinque miglia escon loro i Germani addosso : i più bravi in su 'l luogo ; molti furon morti sbandati ; gli altri fuggirono in dietro nel campo ; dolendosene Civile e riprendendone i Germani, come rompitori di fede. Non s'afferma se «gli finse, Q pur non potè ritenere gli efferati. Spo gliato il campo, vi ficcan fuoco, che arse tutti gli
avanzali alla zuffa.
LXI. Civile, essendosi, quando prese l'armi con« tro a Romani, botato, alla barbara, di non si tondere sino a vendetta, quando ebbe uccise le legioni, ti tondè sua bionda e pettinata zazzera, e mise, secondo si disse, certi prigioni per bersagli alle frecce e bolzoni, che un suo figliuoletto tirava per giuoco. Ma egli, nè alcun Batavo, non si giurò ligio alle Gallie, confidato nelle forze Germane ; e bisognando coi Galli combatter la signoria dell'imperio, si sentiva più forte e più reputato. A Velleda mandò fra i presenti Mumio Luperco Legato d'una legione. Costei era vergine, di nazione Bruttera, signora di grande stato e profetessa, come i Germani per antico costume credono molte donne esservi, e le tengono per Iddie, quando è cresciuta la divozione, come allora a Velleda, che aveva predetto felicità a'Germani e disfacimento delle legioni. Ma Luperco fu ammazzato per cammino. Alcuni Centurioni e Tribuni, nati in Gdlia, furon salvati come pegno di confederazione. Gli alloggiamenti de'fanti, cavalli e legioni, guasti e arsi; lasciati soli qite'di Maganza e Vindonissa:
LX1I. comandato alla legione tredicesima e suoi aiuti insieme datisi, andarsene da Novesio nella colonia de' Treviri;.e prefisso il dì da uscir delli alloggiamenti. Tra tanto, temevano i più codardi d' esser uccisi, come quelli al Campo Vecchio ; i migliori, della vergogna e infamia; come andrieno; da . chi guidati; alle mercè di cui essi avevan fatti padroni di lor vita e morte. Altri, non temendo vergogna si mettevano addosso i danari e le cose pin care. Altri si rassettavano e eignevauo l'arme, per
andare a combattere. Venne l'ora del partire, più dolorosa che non si erano immaginata, perchè dentro alli alloggiamenti non si notava tanto la cosa bratta come fuora e di dì. Le immagini delli Imperadori per terra: le insegne lorde, risplendendo quinci e quindi li stendali gallici. Le file chete come lunghe esequie; dato loro per Capo Claudio Santo, di poco cervello, di spietato viso, e cieco da un occhio. 1l male raddoppiò per l' altra legione che lasciò gli alloggiamenti di Bornia, e mescolassi con questi. Alla fama delle prese legioni, corsi da'eampi e casali i popoli, che piuma tremavano del nome romano, gongolavano del nuovo spettacolo. La banda de'cavalli Picenlina, non potendo sopportar le risate del volgo insolente, con tutte le promesse e minacce di Santo, se n'andò a Maganza ; e per avventura rincontrato Longino , che uccise Vocula, il salutarono co' lanciotti; e questo fu principio del loro disco1pamento. Le legioni seguitando il viaggio, si fermano sotto le mura de'Treviri.
LX1II. Civile e Classico , insuperbiti per le prosperità, consultarono di concedere a'loro eserciti il sacco della Colonia Agrippina: crudeltà naturale e agonia di preda li vi traeva: ragion di guerra non era; ed è utile a' nuovi Stati l'esser bociato clemente. Civile ancora si ricordò del beneficio degli Agrippinesi, che custodirono con onore il figliuol suo, fatto ivi prigione al principio de' movimenti. Ma le genti oltre Reno odiavano quella città, troppo ricca e cresciuta : nè parea potersi alle guerre dare altro fine, che farla risedenza comune di tutti i Germani, o spiantata lei, rimanesser anche gli Ubj disfatti.
LXIV. Laonde i Tenteri, popoli oltre Reno, man*
darono al consiglio degli Agrippinesi, ambasciadori ^ di cui lo più feroce cosi cominciò : » ringraziati sieno i nostri e vostri Iddii e Marte lo sovrano; e prode faccia a voi che rientraii nel corpo e nome germano, sarete alla fin pure liberi tra noi liberi. Avvegnachè i Romani ci abbiano i nsi no a oggi chiusi i fiumi, la terra e quasi l'aria; perchè noi non ci possiamo ragunare e parlare se non se disarmati e come ignudi (villana cosa ad uomini nati all'arme), e con guardie e costo. Ora affine che l’ amicizia e leganza nostra sieno eterne, vi preghiamo a smantellare questa Colonia di mura, che son fortezze per mantenere schiavi. Anco le fiere tenute in gabbia perdono lor fierezza. Tagliate a pezzi quanti Romani sono in su 'l vostro. Libertà e signoria non s'incorporano insieme* I beni delli uccisi vadano in comune, acciò niuno ne nasconda, nè separi la causa. Sia l' una riva e l'altra nostra e vostra, come al tempo antico. Natura ha dato la luce a tutti gli uomini; così tutti li terreni a'più valorosi. Ripigliate gli ordini e'ivivere de'maggiori: levate via le gravezze, con le quali i Romani più che con l'armi struggono i soggetti. Così netti, intieri, e non ischiavi, vivcrete eguali agli altri, o gli signoreggerete
LXV. Gli Agrippinesi, preso tempo a risolvere, non potendo accettar le condizioni per paura dell' avvenire, nè comportando il presente tempo far* sene beffe, apertamente risposero in questa maniera: » Per unirci con voi, e con li altri Germani del sangue nostro, noi alla prima occasione del farci liberi corremmo più volonterosi clic cauti. Mettendo insieme i Romani più eserciti che mai, ci è più sicuro crescere le nostre mura che rovinarle. Se d' I talia, o alti*e province, son venuti forestieri iu casa nostra, la guerra gli ha consumati o se ne sono rifuggiti alle case loro. Di quei . he ci furon condotti più fa, o sono imparentati con esso. noi, o de'loro discesi: questa è oggi patria. ]\oi vi abbiamo per tanto iniqui, che ci vogliate far uccidere i padri, fratelli e figliuoli nostri. Le gravezze e le gabelle alle mercanzie son levate. Siano i passi liberi , ma di giorno e per gente senz'arme, tanto che i nuovi ordini pasrsino in uso. Civile e Velleda saranno arbitri, e capitoleranno tra noi. » Così i Tenteri addolciti, àmbasciadori andaro a Civile e Velleda, con presenti, e ottennero quanto vollero gli Agrippinesi, da parlare o veder Velleda iu fuori; non lasciando vedersi, per esser con questa sicumera, più venerata. Stava in un' alta torre: un suo congiunto eletto portava i consigli e risponsi quasi nunzio della Dea.
LXVI. Civile, rinforzato della compagnia delli Agrippinesi, deliberò guadagnarsi i popoli vicini ; e se repugnassero, combatterli. Occupa i Sunici: ordina quella gioventù in compagnie di soldati. Clau-f dio Labeone con gente ragunaticcia di Betasj, Tungri e Nervj, non lo lasciò passar più oltre , confidato nel sito , avendo preso prima di lui il ponte della Mosa. Combattevasi in quello stretto dubbiosamente, quando i Germani passati a nuoto diedero alle spalle di Labeone: e Civile, per ardire o convegna, entrò nell'oste de'Tungri e gridò: " Non abbiamo preso a far guerra noi Batavi e Treviri, per esser padroni delle genti. Gli Iddii ci guardiuo da tanta aiv roganza : toglieteci per compagni. Io vengo a servirvi per Capitano o soldato', come voi rete voi », Mosse i soldati bassi ejnettevau le spade nel fodera, quando Campano e Giuvenale, de'principali Tungri, gli si diedono con tutta lor gente. Labeone prima che fusse accerchiato, fuggì. Civile ricevette in fede anche i Betasj e' Nervj, e li aggiunse a' suoi ; e l'altre città, per sì gran fatti, ne temevano o lo volevano.
LXVII. Giulio Sabino, fuor de' termini della lega romana , fa salutarsi Cesare j e con grande e disordinata sua genìa, cavalca con pazza, furia ne'Sequanii nostri confinanti e amici ; i quali non fuggirono la battaglia. La fortuna i migliori favorì. Rotti i Lingoni. Sabino, che con temerità aveva la battaglia affrettata, con egual paura l'abbandonò; e per dar voce di esser morto, arse la villa ove fuggì; e eredettesi che da sè stesso vi s' ammazzasse; ma come ei fece a viver nascosto nove anni, ed ebbe fermi amici, e il bello esempio d' Epponina stia moglie, diremo a suo luogo. La vittoria de' Sequani fermò l' impeto della guerra. I popoli cominciarono a ravvedersi e tener conto dell'onesto e convenuto; e furon primi quei di Rems , i quali per le Gallie bandiscono Dieta per deliberare o pace o libertà.
LXVIII. Ma in Roma queste nuove, fatte peggiori, travagliavano Muciano. In Gallo Anilio e Petilio Ceriale Capitani , benchè valorosi, eletti da lui, non pareva da fidar tanta guerra; nè da lasciare senza Capo la città ; pericolosa la sfrenatezza di Domiziano; sospetti, come dicemmo, Antonio Primo e Arrio Varo. Questi, come Prefetto de' Pretoriani, aveva le forze e l'armi in mano; e Muciano il cassò, e'1 fece sopra l' abbondanza per consolarlo, e per acquietare Domiziano, che lo vedea volontieri. La Prefettura diede a Clemente Aretino, imparentato co' Flavi 6 tutto di Domiziano; dicendo: il padre di lui sotto Caio Cesare aver onoratamente esercitato tal carica; esser di famiglia cara a' soldati 5 e benchè Senatore, sufficiente all'uno e all' altro officio. Con li più risplendenti della città e molti ambiziosi. si apparecchiano d? andare a questa guerra Domiziano e Muoiano; di due voleri : l' uno per giovanezza e speranza ne faceva furia, l'altro tratteneva per raffreddare il giovane ; che non pigliasse ardente e feroce con mali consiglieri attorno l' esercito, e rovinasse la pace e la guerra. Passaron l'Alpi Pennine e Co-» ziane e parte Monte Graio, le legioni vittoriose, sesta e ottava, la ventunesima, stata Vitelliana, e delle fatte di nuovo la seconda. Fecersi venir di Britannia la quattordicesima, e di Spagna la sesta e la decima. Alla fama adunque del vegnente esercito, gli Stati della Gallia, per natura inchinati alla pace, convennero a Rems. Aspettavansi gli Ambasciadori de'Treviri, frai quali lo più fiero accenditore alla guerra, Tullio Valentino, con diceria composta vomitò tutti i veleni soliti contro a' gran potentati in offesa e odio del popol romano : uomo turbolento , da seandoli, ciarlatore, che gustava a molti.
LXIX. Ma Giulio Auspice, dei primi di Rems, mostrando la possanza romana, li beni della pace, le guerre ancora da'dappochi pigliarsi, ma farsi con pericoli de' più valorosi , e già avere addosso le legioni: mosse i saggi con la sua ri vere nza e con l'ammonirli della fede; li giovani con la paura e pericolo. Lodavano il coraggio di Valentino, e s' attenevano al consiglio d' Auspice. Certo è che le Gallie non si fidarono de'Treviri e Lingoni; perchè nei rumori di Vindice tennero da Vergini©. Diede molta noia il gareggiare delle province: chi sarebbe Capo della guerra/ donde si prenderebbe la potestà? e se l' impresa riuscisse, qual sarebbe la sedia della signoria? IVon aveano ancor vinto, e già contendevano; chi confederazioni, chi forze o ricchezze, chi antichità sue rimproverando; onde infastiditi delle cose future amaron le presenti. Scrissesi a'Treviri in nome delle Gallie, che posate l'armi, troverebbero, ripentendosi, interceriitori e perdono. Il medesimo Valentino li tenne duri, e chiuse gli orecchi del suo Popolo, attendendo più a far dicerie che a dar ordini alla guerra.
LXX. Però i Treviri, Lingoni e gli altri Popoli ribelli, non facevan provvedimenti convenevoli a tanta impresa, nè i loro Capitani fra loro s'intendevano. Ovile per luoghi strani de' Belgi cercava pigliare o cacciare Claudio Labeone: Classico si stava a man giunte, quasi a godere l' acquistato imperio. Tutore non fu sollecito a pigliar la riva di sopra di Germania e metter guardie a'passi dell'Alpi ; intanto la legion ventunesima da Viudonissa, e Sestilio Felice co'fanti d'aiuto, per la Rezia entrarono in Gallia insieme con cavalli, Singolari da Vitellio già chiamati e poi passati a Vespasiano sotto Giulio Briganlico, nato di una sorella di Civile ; che, come son per lo più crudeli gli adj de' congiunti, era dal zio odiato e l' odiava. Tutore rinforzò l'esercito dei Treviri, di novelli Vangioni, Caracati, Triboci e di vecchi fanti e cavalli; e i Legionaii corrotti da speranza o domati da timore; i quali prima uccidono una coorte mandata innanzi da Sestilio Felice; poscia accostandosi i Capitani e gli eserciti romani, ri-i tornaro con onesta fuga, tirando, seco i Triboci,
Vangioni e Caracati. Tutore in compagnia de'Treviri, lasciata Madama, se n'andò a Bingio, assicuratosi del sito per aver tagliato il ponte della Nava. Ma Sestilio trovato il guado, l' affrontò, e rimase Tutore ingannato e rotto. I Treviri se ne sbigottirono: i plebei, gittate giù l' armi, si sbaragliarono per la campagna: alcuni principali per mostrarsi primai a non voler più guerra, si fuggirono ne' paesi stati in fede romana. Le legioni da Novesio e Bonna, trapassate , come dicemmo, a' Treviri, da sè stesse giuraron fede a Vespasiano. Fatte furon queste cose in assenza di Valentino; il quale dovunque giugneva, infuriando e volendo rivoltare e guastare ogni cosa, le legioni se n' andarono ne' Mediomatrici, nostri collegati. Valentino e Tutore, rimettono in su l' arme i Treviri; ammazzano Erennio e JNumisio Legati; per torsi speranza di perdono, e con maggiore sceleratezza insieme legarsi.
LXXI. Questo era Io stato della guerra quando Petilio Ceriale venne a Maganza , e fece crescer le speranze. Avido di combattere, più sprezzator del nimico , ebe cauto, con ferocità di parole infiammava i soldati per combattere subito ch' ei potesse affrontarlo. Rimanda alle case i giovani comandati per le Gallie, imponendo che dicano, ebe all' Imperio bastano le legioni: tornino i confederati alle cure della pace , tenendo per finita la guerra che era presa dalle destre romane ; la qual cosa rendè i Galli più ubbidienti, perchè, riavuta la gioventù, pagarono i tributi più volentieri ; e faceali l'esser spregiati più pronti al servire. Ma Civile e Classico, inteso che Tutore era rotto, ammazzati i Treviri, ogni cosa in favor a nimici , con paura e fretta rimettono insieme loro sparsa oste ; e per molti messaggi avvertiscono Valentino che non arrischi il tutto. Tanto più volando mandò Ceriale a' Mediomatrici a spignere per la più corta contro al nimico le legioni : e raccozzati quanti soldati trova, in Maganza con quei che menò, venne in tre di a Rigodulo, dove si era piantato Valentino con gran gente trevera, difeso da' monti e dalla Mosella , e fattovi fosso e muro. Won per tali fortificamenti ristette il romano Duce di non vi spignere la fanteria , metter i cavalli in certa collina, beffandosi del nimico ragunaticcio, non sì dal sito aiutato, che non più valore fusse ne' suoi. I tiri de' nimici noiarono alquanto il s.ilire. Venuti alle mane, li pinsero e .precipitaron giuso a rovina; e parte de' cavalli ne' colli più bassi presero i più nobili Belgi, tra' quali fu Valentino lor Capitano.
LXXIL L'altro dì Ceriale entrò nella Colonia dei Treviri, struggendosi i soldati di spiantare quella città : » Questa esser patria di Classico , questa di Tutore : per la costoro sceleratezza ( diceano ) rinchiuse e tagliate a pezzi le legioni ; che proporzione aver con questo il peccato di Cremona, che si rapì di grembo all'Italia, per aver fatto indugiare i vincitori solo una notte ? e questa nel fine di Germania posta , delle spoglie delli eserciti , del sangue de'Capitani trionfante, stare in piedi ! Fussesi la preda del fisco; bastar loro vedere il fuoco, la rovina della colonia rubella in ricompensa di tanti alloggiamenti sperperati ». Ceriale , per fuggir biasimo di avvezzar i soldati licenziosi e crudeli, attutò le loro ir« ; e ubbidirono più modesti nella guerra fatta alli strani, che nella passata civile. Commosse poi gli animi la miseranda vista delle legioni fatte venir da' Mediomatrici. Stavano per lo 'misfatto maninconose , con gli occhi in terra : fra loro non si salutarono ; non rispondevano a' confortanti : sofficcavansi ne' padiglioni ; fuggian la luce, più stupidi per la vergogna, che per la paura. Stavano i vittoriosi ancora attoniti , non ardivan parlare, nè pregare : con lagrime e silenzio, per Iobo chiedevan perdono. Ceriale gli rincorò , imputando il destino di quanto seguito era per le discordie de' soldati e Capitani o fraude de'nimici. Fusse quello il dì primo di loro soldo e giuramento : de' peccati passati nè l'Imperadore ned ei si ricordava. Così furon ricevuti nel campo medesimo , e fatto intender per le squadre , che niuno , venendo a contesa o parole, rimproveri nè sedizioni nè sconfitta al compagno.
LXXIII. Chiamati poi li Treviri e Lingoni , così aringo : » Io non attesi già. mai a bel parlare : con l' arme ho mostrato la romana virtù- ma perchè in voi molto possono le parole , e tenete buono e pio non quello che è , ma quello che vi dicono i sediziosi, vi voglio, ricordare alcune cose , che più a voi, vinta la guerra , gioverà I' averle udite , che a me l' averle dette. Nel paese vostro e degli altri Galli , entrarono i romani Capitani e Imperadori, non per loro cupidigia, ma chiamati da'vostri maggiori, che si nimicavano a morte. Faceste venire in aiuto i Germani, i quali a voi , come a nimici, imposero servitù. Quante volte abbiamo combattuto con Cimbri c Teutoni , quanto affaticato i nostri eserciti , con qual esito guerreggiato con Germani , il vi sapete. Nè ci siamo piantati in su'l Reno per difendere Italia, ma perchè un altro Ariovisto non si facesse Re di Gallia. Credete voi, Civile e j Batavi, e le genti oltre Reno , vogliano meglio a voi , che i lor passati a'vostri? Sempre hanno i Germani avuto di valicar in Gallia la medesima cupidigia, avarizia, disio di mutar paese: e lasciati lor pantani e diserti, farsi padroni di questo fertilissimo terreno e di voi, sotto spezie di libertà , e altri bei nomi stati sempre in bocca a qualunque ha cercato altrui soggiogare.
LXXIV » Dominati , battuti sempre fuste, sino a che vi deste a noi. Noi , benchci tante volte provocati, vi abbiamo solo aggravato, per ragion di vittoria , di quanto è necessario a mantenervi in pace; non si potendo a'popoli mantener pace senz' arme, nè arme senza soldo, nè soldo senza tributi. Nel resto noi siamo una cosa medesima: voi comandate sovente le nostre legioni; governate queste e altre province; nulla non vi teuiamo diviso, nè chiuso; godete, benchè lontani, de'principi buoni come noi : i crudeli s'avventano al più accosto. Acconciatevi ( come si fa al troppo secco, o piovoso e altri mali di natura) a' soffrire il lusso o l' avarizia de' dominanti. Mentre saranno uomini, saranno difetti; ma'non sono continui , e li compensano le virtù degli altri. Se già non isperaste sotto Tutore e Classico , esser retti con più giustizia , poter tenere eserciti con minore spesa e tributi, per discostare i Germani e'Britanni" Perciocchè , cacciati ( gli Iddii ne guardino ) i Romani , chi non vede che tutte le genti del Mondo s' azzufferanno tra loro ? Fortuna e militare scienza hanno per ottocento anni sì tenacemente questa macchina d' imperio collegata , che niuno tenterà scommetterla che sotto non ci rimanga. E peggio ne farete voi, che avete oro e facultà; esche alla guerra. Amate e riverite la pace, e Roma, la «juale o vinti 0 vincitori, nostra patria è. Le prospere con l' avverse fortune bilanciate v' insegnino a non essere anzi contumaci con rovina, che ubbidienti con sicurezza ». •
LXXV. Coloro che temevano gastigo , rimasero per sì fatto parlare quieti e con isperanza. Impadronitosi F esercito vittorioso di Treveri , Civile e Classico scrissero a Ceriale : » Vespasiano , se ben tenuto segreto , esser morto ; Roma e Italia per guerra intrinseca strutta ; Muciano e Domiziano , vani nomi senza forze. Se Ceriale voleva l'imperio delle Gallie, si contentavano di starsi nei confini dc'lor paesi; se combattere, nè anche ciò ricusavano ». Egli loro non rispose : e mandò l'apportatore a Domiziano. I nimici, che divisi erano, comparvero da ogni bandaOnde fu biasimato Ceriale d' averli lasciati congiugnere , potendoli spartiti disfare. L' esercito Romano trinceò e affossò il campo, stato prima non sicuro;
1 Germani non eran ii' accordo.
LXXVI. Civile voleva aspettar le genti oltre Reno, per lo cui terrore le fiacche forze romane cadrieno; i Galli che altro esser che preda del vincitore? Quel che v' è di buono , esser i Belgi tutti suoi, o alla scoperta o col cuore. Tutore affermava, le cose romane crescere , col dar tempo a unirsi i loro eserciti da tante bande : » Esser passata di Brettagna una legione ; chiamatene di Spagna ; avvicinarsi quelle Si Italia; non mica gente nuova, ma speieissima: i Germani , che essi aspettano, non potersi comandare, non reggere, ma voler fare a lor modo: avere i Romani più da donare, con che solo si corrompono ; e niuno essersi disposto a combattere , che di par pregio non voglia più tosto riposo che pericoli; ma venendo alle mani subitamente, non aver Ceriate altre legioni che il rimasuglio de' germani eserciti, obbligato aT Galli: e l'aver rotto ( che mai noi pensarono ) quella canaglia di Valentino, saria l'esca a farli tornar alla trappola, e darieno nelle mani non d'un fanciullo, che più sa servirsi delle parole e della lingua , che del ferro e dell' armi , ma di Civile e Classico , alla cui vista ricorderiensi quei tante volte fatti prigioni, della paura, fuga, fame e vita, chiesta per Dio: nè tener dalla loro i Treviri e Lingoni per amore : mancata la paura , ripiglieriano l' armi ». Classico approvò il parere di Tutore ; e d' accordo subito fu eseguito.
LXXVII. Messi gli Ubj e Lingoni nel mezzo, nel destro corno i Baiavi , nel sinistro Brutteri e Tenteri. parte ne' monti , altri tra la strada e la Mosella , assaltarono tanto alla sprovveduta , che Ceriate nella sua camera e letto ( che quella notte era fuori delli alloggiamenti ) a un' otta seppe , i suoi esser combattuti e perdere ; sgridando i riferenti di tanta paura , sino a che vide con gli occhi la gran rovina; guasti gli alloggiamenti delle legioni; in fuga i cavalli; preso il ponte di Mosella. da cui la città è. congiunta. Ceriale in tanto frangente franchissimo con le sue mani pigneva in dietro i fuggenti: gittossi disarmato tra l'armi; con questa felice temerità fattovi accorrere i fortissimi , riprese il ponte : lasciatovi eletta guardia, tornò al campo. Vedendovi le squadre delle Legioni, prese a JNovesio e Bonna, disperse ; rari all' insegne , e l' aquile quasi prese , acceso- d' ira, disse: » Voi non lasciate Flacco, non Vocula ; qui non è tradimento ; non ci ho fatto altro errore che creder che voi , dimenticato la lega gallica, vi ricordaste del romano sacramento. Io sarò annoverato tra i jNumisj e gliErennj; acciocchè tutti i vostri Legati muoiano per le man vostre , o dati a'nimici. Andate a Vespasiano, anzi a Civile e Classico , che son più vicini , e dite : Come voi avete piantato il vostro Capitano nella battaglia. Verranno le legioni , e non lasceranno me senza vendetta nè voi senza pena ».
LXXVTII. Diceva il vero , e da' Tribnni e Maestri del campo , il medesimo si rinfacciava. Ristringonsi ih compagnie e frotte, non si potendo distendere in battaglioni, perchè il nimico era sparso qua e là: e le trabacche e le bagaglie impedivano , combattendosi dentro allo steccato. Tutore. Classico, Civile, ciascuno nel suo posto stigava i suoi a combattere ; i Galli per la libertà, i Batavi per la gloria, i Germani per la preda ; e avevano tutti i vantaggi, sinchè la legion ventunesima , più dell' altre larga, sostenne impeto e ripinse i nimici ; i quali, non senza divino aiuto, mutati gli animi di repente , in su'1 vincere voltaron le spalle. Dicevano , averli spaventati le fanterie rotte nel primo affronto, che riunendosi in cima del monte , parvero aiuto nuovo. Ma fu pure loro cattività, che lasciarono la vittoria per istrapparsi la preda. Ceriale, che per trascuranza ebbe a rovinare il tutto, per franchezza d'animo lo racquistò : seguitò la fortuna ; e gli alloggiamenti nemici lo dì medesimo prese e arse.
LXXIX. Poco posarono i soldati. Gli Agrippinesi domandavano aiuto., offerendo la moglie e sorella di Civile e la figliuola di Classico , lasciate per pegno della lega ; e intanto uccisero i Germani sparsi per le case. Però con ragione si raccomandavano^ temendo che i nemici , rifattisi, non si accendessero a speranza o a vendetta ; perchè Civile veniva via assai forte : la più ardente sua banda, composta di Cauci e Frisoni, ancora intera , la quale era a Tolbiaco , tenitorio agrippinese : ma voltò a dietro per la mala nuova , dell' essere stata disfatta dalli Agrippinesi con inganno di aver loro pieno il ventre, ubbriacati, addormentati , serrate le porte , fittovi fuoco e arsili. Ceriale insieme li soccorse a furia. E Civile ebbe un'altra paura, non la legion quattordicesima insieme con l'armata britanna, molestassono i Batavi dalla parte del mare. Ma Fabio Prisco Legato condusse quella legione per terra ne'Nervj e Tu agri , e quei popoli gli s'arresero. L'armata assalirono, e le navi in maggior parte presero, o affondarono i Canninefati : e ruppero una moltitudine di Nervj, mossasi a guerra per li Romani. Classico ancora ruppe i cavalli mandati da Ceriale a Novesio innanzi. l quali piccoli danni, ma spessi, intorbidivano la fama della fresca vittoria.
LXXX. In questi giorni Muciano fece ammazzare il figliuolo di Vitellio, mostrando, che a stirpare la discordia convenisse .spegnerne i semi : e non volle che Antonio Primo fosse de' cortigiani di Domiziano, per gelosia del tanto favore de'soldati, e per la sua alterigia, che non pativa eguali, non che superiori. Vanne Antonio a Vespasiano , che non gli fa le carezze ch' ei s'aspettava, nè mal viso; tirato da una banda da' meriti, avendo senza dubbio la condotta d'Antonio finita la guerra : dall' altra, non ristava Muciano di scrivernegli rriale ; e ogn' uno, come nocivo e fastoso, l'urtava: aveva addosso di gran peccati , chiamava con sua arroganza da discosto ma livoglienza; troppo ricordando i suo' meriti : diceva gli altri poltroni ; Cecina prigione arrenduto ; onde a poco a poco a Vespasiano cadde di collo , senza però dimostrarlo.
LXXXI. In quella state che Vespasiano in xMessandria dimorò , aspettando l'etesie per navigare , si vide miracoli, che il (Cielo e gli Iddii l' amavano. Un povero cieco d'Alessandria , assai noto , consigliato da Serape, Iddio principale di quella gente piena di superstizioni, gittatosi alle ginocchia di Vespasiano , piagnendo il pregò volerlo illuminare , le gote e gli occhi immollandogli con la sua scili va: un altro, rattratto d' una mano, per lo consiglio medesimo , di farlasi calcare dalla pianta del piè di Cesare, nel pregò. Egli se ne rideva, e mandavali via; e pur quelli ripregandolo , ora temeva d' esser tenuto vano , ora per li scongiuri loro e per le voci delli adulanti, entrava in isperanza: fece vedere ai medici se a tal cecità e rattrazione era rimedio umano. Collegiarono che la luce non era perduta , e levandogli le cateratte , vedrebbe : l' altro avea i muscoli storti e potriensi con medicamenti sanare , ma che forse aveano gl' Iddii a questa divina cura eletto Cesare ; e che alla fine, riuscendo, toccherebbe la gloria a lui, e lo scherno a que'miseri, non riuscendo. Parendo adunque a Vespasiano alla fortuna sua piano ogni cosa e nulla incredibile, con lieto volto , non battendo occhi il popolo, eseguì. La mano incontanente s'adoperò, e'l cieco vide. Dell'uno e dell'altro ci ha testimonj di veduta ancor oggi, che non possono guadagnare della menzogna.
LXXXH. Si accese a Vespasiano maggior voglia di andare al tempio e intendere dei fatti dell' Impe: io. Entrovvi solo : e adorando quello Iddio , si vide dietro un sacerdote dei principali d' Egitto nomato Basilide, il quale sapeva che non era in Alessandria/ ma lontano parecchie giornate e malato. Domanda per le strade se egli è stato veduto nella città: finalmente mette gente a cavallo ; e rinviene che in quel punto egli era lontano ottanta miglia. Onde egli intese che quella fu visione , e il vocabolo Basilide voleva dire che ei regnerebbe.
LXXXIII. Dell' origine di questa divozione non parlano nostri autori. I " sacerdoti d'Egitto dicono che al Re Tolomeo , il primo Macedone che fermò le forze d' Egitto, accrescendo in Alessandria nuovamente edificata, mura e tempj e divozioni, apparve in sogno un giovane di gran bellezza , e statura maggior che umana , e gli disse che mandasse in Ponto fidatissimi suoi per la sua immagine . che buon per quel regno : e quella sedia che l' avesse sarebbe grande e famosa; e videlo entro gran fiamma salire al Cielo. Svegliato dall' auguro e miracolo, lo conferì a' sacerdoti egizj , che sogliono intendersi di tali cose. Ma sapendo essi poco ragionare di Ponto e di cose di fuori, dimanda Timoteo Ateniese degli Eumolpidi, fatto venir d'Eleusi per primo sacerdote, che religione e che Dio fusse quello. Timoteo intese da' pratichi in Ponto che vi era la città di Sinope, e poco lontano un tempio, per antica fama, tenuto di Giove Dite, perchè una figura di donna gli è appresso , detta da'più Proserpina. Ma a Tolomeo (come è natura de' principi ) pauroso , poi rassicurato, più sC piaceri che a religione inteso, e ogni altra cosa curante, appari lo medesimo giovane, più terribile ; e minacciò di sperdere lui e il regno sed ei non l'ubbidiva. Allora ei mandò ambasciadori e presenti a Scidrotemide, allora Re de' Sinopj , con ordine clie nel navigare visitassero Apolline Pizio. Ebbero buon vento ; l' Oracolo rispose chiaro : Andassono e riportassono l'immagine di suo padre e non di sua sorella.
LXXXIV. Giunti a Sinope , per lo Re loro presentano , spongono e pregano Scidrotemide, il quale tutto confuso, or vuole ubbidire allo Iddio, or teme del popolo che sclama • or mira i presenti e le promesse degli ambasciadori. Tre anni dura Tolomeo a osservarlo , pregarlo, mandargli più degni ambasciadori , più navi , più oro. Finalmente apparì a Scidrotemide un'ombra, che molto lo minacciò se più dimorasse a fare la volontà dillo Iddio. Seguivano , tardando egli , varie rovine e malattie, e manifesta ira del cielo ogni dì aggravante. Laonde Scidrotemide chiama a parlamento, e dice quanto ha lo Iddio comandato ; egli, e Tolomeo veduto, e quanti mali ne vengono. Il popolo contrastava al Re, invidiava l'Egitto, temeva di sè , e circondava il tempio. Maggior miracolo si racconta: Che lo stesso Iddio andasse al lito e s'imbarcasse da sè ; e che le navi il terzo dì (cosa mirabile a dire!) solcato tanto mare , eDtrassono in Alessandria. Fatto gli fu tempio, secondo la grandezza della città, in luogo detto Racoti, dove era la cappella antica di Serapide e Iside. Così si celebra l'origine e trasporto di questo Iddio. So bene che alcuni lo fanno venuto di Seleucia, città di Sorìa, regnante Tolomeo terzo. Altri, che il medesimo Tolomeo il fe' venire da Menfi , già gloria e sostegno d'Egitto. Molti dicono, questo esser Esculapio , perchè sana gl'infermi: altri Osiride, antichissimo nume di. quelle genti; altri Giove onnipotente; moltissimi il padre Dite, da certi segnali che il mostrano o argomentano.
LXXXV. A Domiziano e Muciano, non ancor presso all'Alpi , fu portata la nuova del seguito nei Treviri; e per certezza della vittoria, presentato prigione Valentino Capitano dei nimici, non perduto d.' animo ; e mostrava nel volto il passato ardire e la fierezza. Fu lasciato favellare per chiarir sua natura : e sentenziato , essendogli nel morire rimproverata la sua patria presa, rispose : Perciò andarne volentieri. Muciano allora diè fuori quello che più tempo s'era tenuto in petto: » Allora che, per grazia delli Iddii, le forze de' nimici erano abbattute, non essere degnila di Domiziano finita quasi la guerra, intervenire nell'altrui gloria. Se si trattasse dello stato dell' Imperio e della salute delle Gallie , dovrebbe la persona di Cesare trovarsi in campo. Canninefati e Batavi essere imprese da minor Capitani. Risedesse egli in Lione, mostrasse da vicino l'imperial grandezza e fortuna; non intrigato ne' pericoli piccioli pronto a provvedere a' maggiori.
LXXXVI. Domiziano attinse l'arte, ma col fare il semplice, mostrò osservanza e andossene a Lione; donde si crede che per segreti messaggi egli tastasse Ceriate se , essendo quivi, gli consegnerebbe l'esercito e titolo dell' Imperio. Se egli disegnò far guerra con quelle foTze al padre o fortificarsi contro al fratello , non si seppe, perchè Ceriale con destrezza salutifera il trattò da fanciullo bramoso e vano. Vedendosi Domiziano da'vecchi sprezzare come giovane^ non s'impacciò più dei fatti dell' Imperio, benchè prima usati e menomi ; c s'immerse, quasi semplice e modesto, nelli studi delle lettere e nella poesia , per nascondere il suo animo invidiante il fratello ; alla cui natura diversa e dolce, poneva nome contrario.
FINE DEL LIBRO QUARTO,