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Sulle ruine di un castello in Svezia
Già l’astro del dì all’occidente arse
e piano s’affondò nell’onde!..
Pensosa la luna traverso lieve vapor guarda
ai gorghi e ai lidi taciturni.
E tutta in profondo sonno è la marina intorno.
Sol di rado un peccatore ai compagni grida;
sol l’eco la voce sua lungamente ripete
nel silenzio notturno.
Io qui, su questi scogli, sospesi sull’acqua,
nella sacra oscurità del querceto,
pensoso erro e veggo innanzi a me
vestigia di fuggite età e gloria:
ruderi, minaccioso vallo, invasa d’erbe una fossa,
colonne o vetusto ponte con ferree catene,
spalti muscosi con granitici merli
e lunga fila di tombe.
Tutto è quiete: un morto sonno è nella dimora selvaggia
Ma qui vive la ricordanza:
e il viatore, appoggiato alla pietra di una tomba,
assapora una dolce fantasia.
Là, là, dove serpe l’edera per la scala erta,
e il vento culla lo stelo dell’inaridito assenzio,
dovo la luna inargentò i torvi spalti
sulla dormente acqua:
Là un guerriero un tempo, di Odin prode nipote,
nelle mischie marine incanutito,
addestrava il figlio alla pugna e dei dardi pennuti il fascio,
la corazza segreta, il brando greve
egli al giovinetto porgeva col trafitto braccio
e forte sclamava, levate le tremanti palme:
«A te egli è sacrato, o dio, signore della pugna,
sempre ed ovunquo tuo!
E tu, mio figlio, giura per il brando dei tuoi padri,
e di Hela1 col giuro sanguinoso,
d’essere sugli occidui flutti il terror dei nemici,
o di cader, come gli avi caddero, con gloria!»
E l’ardente giovinetto il brando degli avi copriva di baci,
e al seno stringeva le paterne palme,
e nella gioia, come destriero al suono di nova pugna,
ribolliva e fremeva!
Guerra, guerra ai nemici della patria terra!
I vascelli al mattino strepitarono,
spumeggiarono i mari, e i celeri navigli
sull’ali della tempesta trasvolarono!
Nelle valli di Neustria echeggiò delle pugno il tuono,
la nebulosa Albione di terra in terra fiammeggia,
o Hela notte e giorno al Valhalla accompagna
dei caduti la pallida turba.
Ah, giovinetto! t’affretta ai patrii lidi,
indietro vola con la preda guerresca!
Già spira mite il vento sull’orma delle tuo navi,
o eroe, dalla vittoria eletto.
Già gli scaldi festini apprestano sui colli,
già le querce sono in flamme, nelle coppe il miele brilla,
e nunzio di letizia ai padri proclama
le vittorie sui mari.
Qui, nel placido porto, dall’alba d’oro
te la fidanzata attende,
per te, o giovinetto, con lacrime e preci
gli dei a clemenza inchina...
Ma ecco, nella nebbia là, come stormo di cigni,
biancheggiano i vascelli, portati dalle onde.
Oh, spira, propizio vento, spira con mute labbra
nelle vele dei vascelli!
Sono i navigli al lido: su esso è già l’eroe
con bottino di donne d’altra stirpe;
a lui s’affretta il padre con la giovin fidanzata
e i cori degli scaldi ispirati.
La bella sta, tacita, in lacrime,
ma il fidanzato mirar di sfuggita ardisce,
chinando il guardo, si fa rossa e impallidisce,
come luna nei cieli.
- ↑ La dea della morte nella mitologia Scandinava