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Le lingue der Monno Li Ggiudii de l'Egitto
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

TERZO, SANTIFICÀ LE FESTE

     La fede, decan1 Pavolo, oggiggiorno
Dimolo puro2 ch’è aridotta a zzero;
E ttutto cuello che pprima era vero
Mó sse stiracchia e nnun z’osserva un corno.

     Pe’ ’n essempio, le feste ch’inventorno
Li Papi antichi in tutto er monno intiero,
Se rispetteno ppiù? Mmó er bianco è nnero,
Mó er giorno è nnotte, e mmó la notte è ggiorno.

     Disce la fede: “Cuanno viè la festa,
Stenéteve3 dall’opere servile„:
Lo vedi tu cche bbuggiarata è cquesta?

     Ma dduncue sti futtuti monziggnori
Perchè la festa tiengheno antro stile,
E ffanno faticà li servitori?


Roma, 16 dicembre 1832

  1. Decano, il più anziano de’ servitori di una casa.
  2. Diciamolo pure.
  3. Astenetevi.

Note

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