< Theogenius
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Theogenius Libro I



Ad Leonellum illustrissimum principem Estensem.


Licurgus, dicono, statuì in Sparta facessero alli dii sacrifici non suntuosi né tali che non potessero ogni dì continuarli. E a’ prudenti principi si vuol dare non cose pregiate dalle persone idiote e vulgari; ma in prima quello che sempre fu accetto a chi simile a te, Lionello, meriti essere amato, si vol donare, a mio iudizio, sé stessi. Questo non vedo si possa con più fermo obligo che con la benivolenza e insieme reverenza, qual sole cose noi mortali coniungono molto al principe di tutte le cose, a Dio. Né credo a te, omo savio, cosa da me altra pari possa essere grata quanto vederti amato per tue virtù. Quale tu stimi l’animo mio verso di te non m’è oscuro, quando vedo qual sia el tuo fronte verso di me. E a me, quando venni a visitarti, vedermi ricevuto da te con tanta facilità e umanità non fu indizio esserti Battista Alberti se non molto accettissimo. A te forse come altronde così ancora e per questa quale i’ ti mando operetta, manifesto potrà parerti, quanto reputo ti parrà, ch’io stimo mio debito in qualunque cosa io possa darmiti grato. Tanto t’affermo, io scrissi questi libretti non ad altri che a me per consolare me stessi in mie avverse fortune. E parsemi da scrivere in modo ch’io fussi inteso da’ miei non litteratissimi cittadini. Certo conobbi a me questa opera giovò, e sollevommi afflitto. E vedoli pur richiesti da molti più che se io gli avessi scritti latini. Piaceami a’ casi tuoi passati in obitu parentis mandarteli, ché gli stimava ancora atti a sollevare te, ma dubitava non avessero dignità quanto si richiedea per essere letti da te, e principe e litteratissimo. Poich’io te li mostrai e intesi quanto e’ non ti dispiaceano, parsemi debito mandarteli solo per continuare mostrandoti con miei piccioli doni che io sempre te servo a memoria e amoti. E fummi caro sì el far cosa fusse a te grata, sì e anche avere te, omo eruditissimo, non inculpatore di quello che molti m’ascriveno a biasimo, e dicono che io offesi la maiestà litteraria non scrivendo materia sì elegante in lingua più tosto latina. A questi fie altrove da rispondere. Tu ora accetta volentieri le cose mie come da persona a quale le tue virtù molto e molto dilettano, e aspetta di dì in dì, quanto mi richiedesti, ricevere da me simili argumenti e segni dell’amore quale io a te porto. Ubbidirotti. Comunicherò teco le cose mie per l’avenire con più larghezza. Amami.

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