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Ippodamia, Atreo
Ippodamìa in atto di gettarsi a’piedi di Atreo.
- Atreo
E perchè, madre? Sorgi.
- Ippodamia
L’ultime voci di tua madre intendi:
Se tuo fratello ei non è più, Tïeste
È figliuol mio; grande è per te sua colpa;
15Nulla è per me: se tu nol salvi, io vengo
A’ piedi tuoi prima spirar: decidi.
- Atreo
Parole parli di furor, di cieca
Disperazion; e non t’avvedi quanto
Strazio al mio core strazïato aggiungi.
20Oh! non foss’ei fratello mio, non fora
Misto il mio pianto al sangue suo: – pur deggio
Sopprimer tutto, rammentar ch’io sono
Re, cui s’addice castigar delitti.
Placato è mio furor, ma non placato
25È della legge il dritto.
- Ippodamia
E chi t’astringe,
Chi il tuo poter ti toglie!
- Atreo
Altri, che Atreo,
In Argo avvi signor! – Pure tremendo
È sino ai re della giustizia il grido.
Chi del sovrano suo tentò la vita,
30Pera. Così tuonan le leggi; ed io
Deggio loro ubbidir. Ma a gemer teco
Quindi, madre, verrò: tuo cor sommetti,
Qual anch’io lo sommetto, al giusto, al sommo
Rigor del Cielo.
- Ippodamia
35Così molti e grandi
Son gl’infortunj miei, ch’omai ricuso
Di sofferirne più. Tu che tant’hai
Coraggio di sommetterti, tuo labbro
A tuo fratel dia morte: io per me, il dissi,
40Prima perir, poi tanta a’ piedi miei
Carnificina avvenga: il so, di sangue
Hai sete tu: dissetati del mio;
Egli tuoi scorni lavi. A che t’arretri?
A me quel brando, a me: sazierott’io
45Smania tanta di sangue, e più fia caro
A te, ch’egli è congiunto, ed è di madre.
Ma almen meco svanisca ogni altro orrore
Dalla reggia di Pelope: dai numi
Chiedesi innocua vittima; la porgo,
50O re, in me stessa; se obbriar prometti
Di Tïeste le offese e alla dolente
Erope rendi il pargoletto, io m’offro
Contenta all’ara degl’iddii sdegnati.
- Atreo
Madre, a che vuoi tu trarmi? io di tuo sangue
55Bramoso!... e ’l crederesti? E di Tïeste
Forse in me vedi l’esecrabil alma?
- Ippodamia
Rimbrotta sì d’un’infelice madre
L’amor, ma solo di tuo cor feroce
Quest’è rimbrotto. Al par di te, nol nego,
60L’amo; figli mi siete...
- Atreo
Egli tuo figlio!
Ei che tramò di pur rapirten’uno?
- Ippodamia
Vedi tu questo mio braccio tremante?
Ei vendicava un figlio, ove Tïeste
65T’avesse ucciso: ora tu vivi, e regni;
Nè egli fia spento anzi di me.
- Atreo
Tïeste
Morrà: tu meco viverai regnando.
Fiati più caro il tuo lungo dolore
Diviso meco, che il perpetuo nostro
70Mortal periglio. Non sarem securi,
Fin che il fratello vive.
- Ippodamia
Alta, inumana
Crudeltà spiran tuoi tiranni detti!
Io morrò; e ratto: chè pugnale acuto
75A tant’uopo mi serbo. Io funestarti
Vo’ tua vendetta col morir mio prima;
Se pur funesta a te sarà mia morte.
In atto di partire.
- Atreo
Or dove corri?
- Ippodamia
Ad abbracciar morendo
80Il figlio mio. – Di filïal pietade
Dà questo segno almeno; unico forse,
Ed estremo ei sarà. Sin che la luce
Del dì rifulse, d’Erope e Tïeste
Intorno all’atre carceri piangendo,
85Io tutta notte errai: temea che crudo
Tuo manigoldo gl’immolasse entrambi.
Il giorno aprissi, e qui men venni. Indarno
Priegai; ciò non rileva: or sol ti prego,
Fa che il carcer si schiuda, ivi concesso
90L’entrare a madre sia. Stretta a mio figlio
Perdere io voglio l’estremo sospiro.
- Atreo
A pietà tu mi sforzi: a tue materne
Lagrime calde chi resister puote?
Qui dunque fia che tu l’abbracci. –
Alla Guardia
Emneo,
95A me Tïeste ed Erope.
La Guardia parte.
Ti calma;
Ove Tïeste il voglia, io ti prometto...
Forse... perdono.
- Ippodamia
Bada, Atreo, che fero
100Più della pena il tuo perdon non sia.
Se infami patti tu proponi, infame
Vita Tïeste non accetta mai.
Quindi io di te più temo...
- Atreo
Generoso
105Fia più d’Atreo Tïeste?