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Atto quinto

Scena terza
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Erope, Tieste accompagnati dalla Guardia
che resta nel fondo, Atreo, Ippodamia

 

Tieste

(ad Atreo)
Al fin scegliesti
La più ria morte? Pur, qual siasi, cara
Per noi sarà, purchè finiam di vita
Questi odiosi istanti.

Atreo

110O tu, superbo
Disprezzator di morte, abbila, e insulta. –
Soldato...
La Guardia s’avanza.

Ippodamia

(alla Guardia)
Empio carnefice, qui il brando;
Per questo seno tremante ripassa,
115L’immergi, su: stretta mi sto a mio figlio.
Abbracciando Tïeste
Qui per me solo giungerà a ferirlo.

Tieste

Madre, t’arretra; me morir sol lascia.

Ippodamia

(ad Atreo)
Così perdoni?

Atreo

Perdonar misfatti,
120Mercando oltraggi, io non appresi. – Udite:
Fien brevi i detti, e l’eseguir fia ratto. –
Soldato, va.
La Guardia si ritira nel fondo.
– Perdonerò: m’è grave
Di madre il duolo, e al fratricidio Atreo
125Non nacque:
a Tïeste
or vedi, in te sta sol; tu scegli
Nuovo esilio perpetuo, e pria lo giura
Sulla solenne tazza: o per tuo figlio
E per te scegli morte.

Erope

130E per me?...

Atreo

Vita
Qui a te si serba, ove perì tuo padre,
Ove spirar del figliuol tuo nel sangue
L’abbominevol amator vedrai. –
E tu, giuri?

Tieste

135Ti giuro odio, tremendo
Oltre l’Averno alto furor ti giuro.

Atreo

Or tu li giura, ed io li compio.

Ippodamia

O figli!
Fratelli siete; omai cessate. – Il figlio,
Atreo, mi salva. – Al figlio mio, Tïeste,
140Cedi. – Deh! perdonatevi. La Grecia
Dell’opre suona della reggia d’Argo.
Pietà abbiate di me, degli anni miei
Cadenti, e avvolti dall’orror, dal scorno,
Da rea tristezza: della tomba io miro
145L’orlo per me già spalancato... Ah! basti
Mia sciagura sin qui, chiuda miei lumi
Contaminati da men colpe.

Tieste

Cessa:
Tiranno preghi, e speri? – Io senza regno,
150E senza fama per la Grecia in bando
Andrò mendico? senz’osare altrui
Scoprir mio nome? Troppo omai soffersi
Questa mia vita; or è ben tempo ch’io,
Benchè da scure di fratel, sia posto
155In libertà.

Atreo

Regno tu brami? Or vola
Da’ miei scortato in Calcide: l’impero
Là ti s’appresta, ove lasciar tu voglia
Temuti i grandi ed avvilito il vulgo.
160Ma giura tu di non por piede in Argo,
Nè più ridomandarmi Erope e il figlio.
Silenzio eterno ambo li copra: al trono
Sarieno d’onta e di ruïna forse.

Tieste

Io re non nacqui; e a questi patti il regno,
165Che tu mi rendi, abborro: e questo abborro
Mio viver grave da tanti delitti
Contaminato; e da infamia cotanta. –
Pur io ti priego; e per l’amaro frutto,
Frutto innocente di profano ardore,
170Ti priego io sol. – Lasciarmi i dì non dei,
Nè puoi, nè il voglio: in cor d’entrambi avvampa,
E ’l sai ben tu, feroce odio di morte;
Nè spento andrà s’uno dei due nol tuffa
Del fratello nel sangue; a me non spetta,
175Ch’io re non sono: pazïenza opposi
A tuo furore io sempre; alle tue trame
Opposi ferro, e invano. Or tu pon fine
A nostre gare, e all’infelice madre
Sol rendi il figlio: de’ suoi mali fonte
180Noi fummo; e fonte di peggior sventura
Sarem noi pur? – Altro non chieggio: e in prezzo
A te gradito ecco mia vita.

Erope

Indarno
Parli, Tïeste. Tu di me per sempre
185T’obblia, per sempre. Nel tuo soglio torna;
Vivi: a morire qui starommi io sola,
Sola io, cagion d’ogni tuo fallo. Il figlio
Lasciami in cura. – O re, mal tu l’ascondi
Ad una madre; io veglierò, vivendo
190Per lui soltanto; e se mel togli, un’ora
Non rimarrommi, e ’l seguirò nell’urna. –
E chi, tranne una madre, il tuo divieto
Romper potea? Da’ tuoi custodi il figlio
Strappai: me lassa! Ove celarlo? Un crudo
195Nume invadeami il cor: divina voce
Sentia tonar a me dintorno. – Mori,
Ma pria lo svena. – E già la man sul capo
Stendea del figlio, e già feria... delitto
Nerissimo! – Deh placati! deh! schiudi
200Il pargoletto a una dolente madre;
Quindi sarò, qual vuoi, sommessa e lieta
A’ tuoi tormenti, ove di più tu n’abbia.

Atreo

Tuo figlio! ei crescerà tutto rigonfio
Di rabbia tïestea: di chi pietoso
205Vita donogli e genitori, al sangue,
Allo sterminio anelerà. Puot’ei
Forse smentir suo infame nascimento?

Ippodamia

Tiranno inesorabile! placato
Non se’ tu ancora? Or che riman? Vuoi forse
210Con empj eccessi prevenir le colpe? –
Crudele! – Omai trassi cinqu’anni in pianto,
Pace sperando; ma sperar che giova,
Se aneli al lutto? Or tu sguaïna il brando
E il ruota a cerchio; semiviva, esangue
215Cadratti a’ piedi col fratel la madre.
Ma dì: felice tu sarai? No: cruda
Necessità di sangue il core irato
T’arderà sempre, e d’uopo fia versarne
A rivi; e più versato, e più tu ingordo
220Ne diverrai; ma regia è l’opra: imprendi
Da me tu prima; io tel ridico, alcuno
Non preverrammi da te spento.

Atreo

Donna,
Li vedi tu? Sai di qual marchio entrambi
Segnaro Atreo? – Non se’ di re tu madre?

Ippodamia

225Io di re moglie e di re figlia e madre
La pena sconto di tai nomi; io quindi
Maladetta dal Ciel voi dal mio fianco
Trassi stromenti di mie pene, voi
D’orrore insazïabili e di stragi,
230Io vi son madre: ecco mio vanto; all’opra
M’unisco orrenda, e furibonda io bramo
Vendicativi parricidj. – Lassa!
Con chi deliro?... Ov’io mi volgo? – A tutto
Deh! t’arrendi, Tïeste: ti scongiura
235Tua madre ... fa che quest’amplesso, o figlio,
L’estremo ... a me non sia.

Tieste

(abbracciando Ippodamìa)
Madre...

Ippodamia

E un sol mezzo,
Atreo, teco m’avanza: ecco io l’adopro.
Mi prostro, e bagno... tue vesti... di lagrime...
240Placati...

Atreo

(sollevandola)
Ad opra tu mi spingi, o madre,
Funesta forse... Sia che può. – Tïeste,
Abbiti regno, abbiti sposa, e figlio;
Ma t’allontana da’ miei sguardi: giura
245Di non tornarti in questa reggia, e turpe
Macchia recare, dov’io regno: duro
M’è il fratricidio; ma tua vista assai
È a me più dura.

Tieste

Madre, Erope, figlio,
250A che voi mi traëte? Indegno dono
Aver da Atreo la vita! E ben söave
Fora il rifiuto, ma fatale... io vengo
Al giuramento dunque, ove prometta
Perdono tu.
Ad Atreo.

Atreo

255Perdono?

Tieste

A me fien gravi
Tuoi doni, e pena il rimembrar miei scorsi
Delitti, e a sdegno mi verrà la vita
Poichè rapirla a te tentai; mio core
260Non avrà pace mai: credi...

Atreo

Mendaci
Parole spargi: io ben fui teco ingiusto;
E ciò mi dolse, e duolmi: ma più fosti
Empio tu meco.

Tieste

Qual con me se’ stato,
265I’ nol rammento; tua clemenza tutto
Cancella: or odi, io tel confesso; duolo
Avrò mortale in rammentarla; acerbo
Tu sembreraimi più: ritogli dunque
Ogni tuo dono: ei m’è più amaro assai
270De’ tuoi tormenti; o se lasciar tu il vuoi,
Perdonami.

Atreo

Ad un tratto or se’ pentito
Veracemente!

Tieste

E che a te dir poss’io,
275Che te l’attesti? – Ben hai scelta vera
Vendetta, Atreo, col non svenarmi.

Ippodamia

(ad Atreo)
Ancora
Tu non assenti? – Ed io l’attesto ai numi,
Pentito egli è.

Tieste

Fratel, ti cedo io tutto:
280Fratello, io scordo, e ti perdono tutto.
Giovin alma ardentissima a funeste
Opre m’addusse; a pentimento vero
Or mi ti guida: questo caldo pianto
Deh ti sia pegno.

Atreo

285Cupamente finto
Non ti cred’io; se veritier non sei,
Dorrammi men, che il non avermi arreso
A tuo pregar: io fe ti presto, e dolce
M’è il prestarla a fratello, e dir parole
290Di pace alfine. Franco parlo: tutti
I miei pensieri eran di morte; immenso
Scorno mi festi, ed io rancore immenso
Contro di te pascea: pur di fraterno
Affetto i moti mi sentia nell’alma;
295Però talvolta te punir col bando
Pareami molto; ma furor sorgea,
E ratta, ferocissima, infernale
Io meditava contro te vendetta.
La distolsero i numi, e amor materno
300Dall’ira mia mi svelse. – Il so: tiranno
Io sembro; e forse il fui: ma chi può saldo
In solio starsi, e non rigarlo in sangue?
Temp’è di calma: or ti racquisto. – Questo
Lavi i delitti nostri. Io ti perdono:
305Tu m’abbraccia, e perdonami.
S’abbracciano.

Tieste

(dopo un breve silenzio)
Fratello! –

Ippodamia

O miei figliuoli! Io pace vidi! Or meno
Venga mia vita; io lieta muoio... Ahi quale
Nel core palpitante mi funesta
Presentimento! – E fia pur vero! Amici
310Tornate voi? Fia vero! Ah che in cor tristo
Trista è per fin la gioia!

Tieste

O mio fratello!
O madre! Erope! figlio!

Erope

(ad Atreo)
Il figliuol mio
Tu generoso ora mi schiudi.

Atreo

Un sacro
Innanzi ai numi giuramento stringa
315Nostra amistà.

Erope

Mio figlio.

Atreo

(alla Guardia)
Emneo la tazza,
E il fanciulletto. –
La Guardia reca una tazza
Ecco la tazza:
a Tïeste
giura.

Erope

320Ov’è mio figlio?

Atreo

Il figliuol tuo verratti.
Gli augusti giuri non tardar.
Alla Guardia
Gli porgi
Il nappo; va: guida il fanciul.
La Guardia porge la tazza a Tïeste, e parte.

Tieste

325Bersaglio
D’aspra sorte io mi sia, qual fui sin ora;
Più che di tomba, di rimorsi eterni
Preda io divenga, se slëal del santo
Giuramento oserò frangere i nodi.
330L’invïolabil tazza ella gli stringa.
In faccia i numi io giuro pace; io ferma
Amistà giuro.

Erope

Il figlio mio...

Tieste

(accostando la tazza alle labbra)
Che bevo?
335Sangue!...
Getta la tazza.

Atreo

Felloni! è questo il figliuol vostro:
mostrando il sangue, che è sparso in terra
Del misfatto godete.

Tieste

Un brando, un ferro.
Parte disperatamente.

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