< Timeo
Questo testo è completo.
Platone - Timeo (ovvero Della natura) (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Francesco Acri (XIX secolo)
Capitolo XIV
Capitolo XIII Capitolo XV

Disse queste cose. Poi di nuovo, nel vaso nel quale temperato avea e meschiato l’anima dell’universo, i sopravvanzati elementi gittò e rimeschíò, quasi nella maniera medesima: se non che non eran come quelli, ma sí bene secondi e terzi in ischiettezza. E ne fa un tutto, e lo diparte in tante anime, quanti sono gli astri, a ciascuno di questi distribuendo una di quelle. E postole ivi, cosí come in cocchio, mostrò loro la natura dell’universo; e le fatali leggi disse a loro: che il primo nascimento a tutti sarà uno medesimo, perché da lui non fosse diminuito niuno: che disseminate ciascuna in uno strumento di tempo che a lei convenisse, sí avrà a nascere l’animale piú pio; e da poi che la umana natura è gemina, piú forte sarà quel sesso il quale dipoi si addomanderà maschio: che come elle saranno piantate di necessità nei corpi, e a essi corpi una cosa s’aggiugne, un’altra ne va via, un sentimento medesimo s’avrà a ingenerare in tutti gli animali, fatto di passioni violente; e poi amore, mischiato di dilettanze e di doglie; e paura poi, ira, e l’altre cose seguaci a queste o contrarie; le quali se eglino signoreggeranno, sí viveranno in giustizia; e se da quelli saranno signoreggiati, in iniquità: che qualunque viverà onestamente per lo tempo segnato a lui, di nuovo egli nella abitazione dell’astro suo ritornando, menerà vita beata. Per lo contrario, se in ciò falla, nel secondo nascimento egli trapasserà in natura di femmina; e se non si rimane ancora dalla malvagità sua, al modo che immalvagisce, cosí egli dibasserà ogni volta in alcuna cotal bestiale natura: che mai le permutazioni sue e ambasce non avranno riposo, innanzi ch’egli, seguitando il giro del medesimo e simile il quale si volge entro lui, non domi con la ragione la molta turba, la quale se gli fu ingenerata poi, di fuoco, aria e acqua e terra; schiamazzante, pazza; e in sua onestà non rivenga.

Fatti questi bandi, acciocché poi non fosse colpabile della malvagità futura di ciascuno animale, egli disseminò le anime quali nella Terra, quali nella Luna, e quali via via negli altri strumenti di tempo. Commise poi a giovini Iddii quello che era a fare dopo la seminagione, cioè di comporre mortali corpi e quelle parti dell’anima che erano ancora di bisogno, e l’altro che segue appresso; e di correggere e a lor potere bellissimamente e ottimamente governare il mortale animale: salvo che del male suo non fosse cagione egli medesimo.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.