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(Politica) (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
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Fannosi adunche le sedizioni non per conseguire cose piccole, ma ben da piccole cagioni, e fannosi per fine di conseguire cose grandi. E le piccole ancora pigliano gran forza, quando elle sono infra i cittadini principali, siccome avvenne in Siracusa anticamente, dove si mutò lo stato per cagione di due giovanetti, i quali, essendo in magistrato, ebbon disparere per cagione di lite amatoria, perchè essendo ito l’un fuori, l’altro, che restò, svolse un giovane amato da lui a fargli piacere. La qual cosa avendo avuto quell’altro molto per male, fe’ tanto che egli ebbe a fare con la moglie di colui; onde avvenne che ciascuno chiamati a sè gli amici nel governo, divisono tutta la città.
Però si debbe molto guardarsi dalle discordie, che nascono infra li cittadini principali, e sforzarsi tosto di romperle, e di quietarle, imperocchè un errore tale è commesso nel principio, e il principio si dice essere la metà del tutto. Imperocchè un errore picciolo fatto qui è corrispondente agli errori, che si fanno nell’altre parti. Finalmente le sedizioni dei nobili fanno, che la città tutta ne sente, siccome avvenne in Estiea dopo gli stati popolari[1], che due frategli essendovi venuti a contese per cagione della eredità paterna, il più povero d’essi chiamò in suo favore li popolari; come quei che accusava il fratello di non avergli partito le sue facultà, e celatogli parte del tesoro paterno, e quell’altro che aveva più facultà, chiamò in suo ajuto li ricchi.
E in Delfo essendo nata una differenza per conto di un parentado, vi fu questa cagione di tutte le discordie, che dappoi vennero in quella città, perchè lo sposo, essendosi pronosticato non so che infortunio, venuto che ei fu dalla sposa, se ne partì con dire che non la voleva, e li parenti della fanciulla come ingiuriati gli apposono, che e’ sacrificava co’ danari de’ sacrifizî[2], e dipoi lo ferono ammazzare come sacrilego. E in Metellino essendo nata una discordia per cagione d’una eredità fu la detta, e di molti altri danni cagione, e di più della guerra che egli ebbono con li Ateniesi, nella quale Pache prese la città loro, perchè Timofane un certo ricco avendo dopo la morte lasciato due figliuole eredi, Dossandro, che era stato sbeffato per non l’aver avute per nuore, cominciò la sedizione, e commosse gli Ateniesi, dei quali egli era ospite in Metellino, a pigliare la guerra.
E in Focide ancora nacque discordia per il medesimo conto infra Mnasea padre di Mnasone, e Euticrate figliuolo di Onomarco, la quale fu cagione di tutta quella guerra chiamata Sacra, che ebbe poi tale città. Mutossi ancora lo stato d’Epidauro[3] per conto d’un parentado, perchè avendo un cittadino promesso la figliuola per moglie, il padre poi dello sposo, essendo l’un dei due del magistrato supremo, condannò il suocero del figliuolo; onde al suocero parendo d’essere stato negletto, però s’accostò egli a tutti quei cittadini, che erano malcontenti dello stato.
Mutansi ancora i governi in stati stretti, e in larghi, e in republica con l’avervi acquistato nome, o essere accresciuto di potenza qualche magistrato, o parte della città. Siccome intervenne del senato dello Ariopago, il quale avendo acquistato fama nella guerra contra li Medî, parve che e’ riducesse quel governo più stretto, e all’incontro il popolo essendovi stato cagione di quella vittoria navale acquistata a Salamina, per tale preminenza, dico, e per la potenza acquistata in mare venne a far più gagliardo lo stato del popolo. E in Argo li nobili, avendovi acquistato riputazione dopo la battaglia fatta a Mantinea contra gli Spartani, tentarono di rovinarvi lo stato popolare.
E in Siracusa il popolo, essendovi stato cagione della vittoria contro gli Ateniesi, fe’ quello stato, ch’era republica, popolarissimo. E in Calcide la nobiltà insieme col popolo avendo cacciato Foxo tiranno, subito vi si fe’ uno stato di republica. E in Ambracia ancora similmente il popolo insieme con li congiurati, avendone cacciato Periandro tiranno, ridusse lo stato in sè stesso.
Questo adunche non ci debbe essere nascosto, che tutti quei che sono cagione di fare acquistare qualche potenza, o sieno questi cittadini privati, o magistrati, o tribù, o parti della città, o qual altra si voglia moltitudine, tali, dico, sono cagione di sedizioni, e tumulti nelle città; imperocchè, o e’ sono mossi da chi porta invidia alla loro grandezza, o essi per la loro eccellenza non patiscono di stare al pari degli altri. Mutansi ancora, quando quelle parti, che in una città appariscono contrarie, si pareggiano insieme (com’è verbigrazia li ricchi, e il popolo), e che nel mezzo non vi resta niente o poco, perchè quando una parte avanza l’altra d’assai, l’altra non si vuole mai provare con quella che è manifestamente da più. Onde non si trova (per via di dire) chi faccia sedizione, per essere in virtù da più degli altri, e la ragione è, che li pochi avrebbono a contendere coi troppi. Le cagioni adunche, e li movimenti di stati si fanno nel modo detto a discorrere di loro generalmente.
E mutansi alcuna volta dalla forza, e alcuna volta dalla fraude: dalla forza in due modi, cioè, o nel principio, o nel fine essendo costretti i cittadini a mutare il governo: e dalla fraude in due modi similmente, cioè quando li cittadini, ingannati da prima volentieri mutan lo stato, e dipoi sono ritenuti per forza in esso, siccome avvenne dei Quattrocento cittadini in Atene, che ragunarono il popolo, affermanti che il re dei Persi aveva dato loro danari per fare la guerra contra li Spartani, e mentendo di ciò si sforzarono dipoi di ritenere in mano il governo. L’altro modo è, quando da prima li cittadini sono persuasi a mutar lo stato, e dipoi così persuasi restano volentieri sotto il mutato governo. Assolutamente adunche parlando, egli occorre in tutti gli stati, che le mutazioni vi si faccino nel modo detto.