< Trattato dei governi < Libro sesto
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Aristotele - Trattato dei governi
(Politica)
(IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
Libro sesto - Capitolo VI: Divisione degli stati stretti
Libro sesto - V Libro sesto - VII


Un modo di stati di pochi potenti è dove si distribuiscono li magistrati per via del censo, ma di tale sorte che li cittadini poveri (che sono la più parte) non possino parteciparne, e che chi ha tal censo possa partecipare in detto governo. Un altro è, dove li magistrati bene si danno per via di piccolo censo, ma dove essi pochi eleggono in cambio di quei che mancano, chi ha a governare. Ora se tali gli eleggono di tutto il popolo, tale ordine verrà piuttosto ad avere dello ottimate; e se egli eleggeranno di certi cittadini determinati, e’ verrà ad avere dello stato de’ pochi potenti. Una terza specie di tale stato si dà dove il figliuolo succede nel governo al padre. La quarta è, dove stando ferme le cose dette, di più vi sia, che non la legge, ma gli magistrati comandino. E questa specie negli stati dei pochi potenti ha quella medesima corrispondenza, che ha la tirannide negli stati dei monarchi, e che ha l’ultimo stato popolare infra gli stati del popolo. E tale modo di governo si chiama potentato[1].

E tante sono adunche le sorti degli stati popolari, e dei pochi potenti. Nè qui ci sia nascosto intervenire in molti luoghi, che uno stato, che secondo le leggi non sia popolare, nondimeno sia per l’usanza, e che il modo del vivere che v’è, sia da popolo. E similmente trovarsi in certi luoghi l’opposito, cioè, che uno stato, che abbia leggi da popolo con li costumi, e modi di vivere, sia da pochi potenti. E un tale effetto interviene massimamente dopo le mutazioni degli stati, perchè e’ non trapassano subito: ma amano i cittadini da prima d’avere alquanto di più. Onde interviene, che le antiche leggi vi restano, e che quei cittadini, che hanno mutato lo stato, possono più degli altri.


Note

  1. Dinastia, o governo della forza.
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