< Trattato del diritto delle genti
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Del diritto delle genti durante la guerra
III V

§. IV.


Del diritto delle genti durante la guerra.


Il diritto delle genti durante la guerra è la cosa la più dilicata che si possa immaginare. Come prescriver leggi ad uno stato d’indipendenza che non ne conosce alcuna? (Inter arma silent leges).

Ciò non ostante sembra che debba esservi un principio incontrastabile, ed è quello di far la guerra secondo le massime che lasciano la possibilità di conseguire la pace.

La guerra tra le potenze non può a motivo della loro reciproca indipendenza essere una guerra di punizione (bellum punitivum), poichè la punizione non può aver luogo che nel rapporto d’un superiore (imperantis) a un suddito (subditum), e le potenze non trovansi in questa relazione.

La guerra non può essere nemmeno a morte (bellum internecinum); nè guerra di soggiogamento (bellum subjugatorium), ch’è lo esterminio morale di uno stato io cui il popolo è o confuso nella massa del vincitore, o ridotto alla schiavitù.

Questo ultimo spediente per giungere alla pace non è in contraddizione col diritto del vincitore: ma esso è contrario alla concezione primitiva del diritto delle genti.

Fondato sulla idea di una opposizione esercitata conformemente al principio della esterna indipendenza per mantenersi nel possesso di ciò che si ha, il diritto delle genti non saprebbe ammettere un modo di acquistare, che per l’accrescimento della potenza di uno stato diverrebbe pericoloso e minaccevole per tutti gli altri.

Tutti i mezzi di difesa sono permessi ad uno stato che cerca di evadersi dalle ostilità, eccettuati quelli il cui impiego cancellerebbe ne’ suoi sudditi la qualità di cittadini, e li renderebbe incapaci di essere membri di una società politica; poichè il risultato di queste misure renderebbe il principe, o lo stato medesimo, incapace di godere, ne’ suoi rapporti esteriori, degli stessi diritti che godono le altre potenze.

Perciò lo stato non debbe impiegare i suoi sudditi a servirlo nella qualità di avvelenatori e di assassini; non debbe nemmeno impiegarli come spie, o cacciatori tirolesi1, nè come falsarj, nè come fabbricatori di monete false, o portatori di nuove non vere.

È d’uopo ch’esso eviti tutti i perfidi mezzi che distruggerebbero la confidenza necessaria a futuro stabilimento di una solida pace.

La necessità di vivere durante la guerra permette al nemico di mettere contribuzioni, e di esigere somministrazioni dai paesi ch’egli occupa: ma non ha il diritto di saccheggiare gl’individui; poichè non è ai sudditi che si fa la guerra, ma allo Stato che li comanda.

  1. Per questa espressione s’intendono i cacciatori per mestiere posti in imboscata.

Note

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