Questo testo è completo, ma ancora da rileggere.
Scettro, che d'alme gemme aureo lampeggia Io non fra gl'Indi a ricercar tesori
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


XLIV

PER FRANCESCO MEDICI

GUERRIERO INSIGNE.1.

Tre di Castalia Ninfe,
     Belle per oro d’increspate chiome,
     Che dagli almi Cantori
     Grazie quaggiù sete chiamate a nome,
     5De’ vostri Aonii fiori
     Datemi tre ghirlande;

     Perchè non muova a rallegrare indarno
     Tre miei diletti regni,
     Austria, Lorena, ed Arno2.
10Ben di non pochi Eroi
     Hanno giusta cagione, onde pregiarsi,
     Ma la virtù che sorge,
     Con più giocondo cuor suole ammirarsi;
     Però se il mondo scorge
     15Inclito Sol di Marte
     Spuntando rischiarar nostri orizzonti,
     Dee messaggiero Apollo
     Farne i bei raggi conti.
Germe di Cosmo, il tempo
     20Batte le piume, e per impresa altera
     Piè di anima gentile
     Muove sull’alba, e non indugia a sera
     Con esso te non vile;
     Tu con tal rimembranza
     25Corresti all’armi, e sull’april ben tosto
     Il regio petto armasti
     A bel morir disposto.
Tal per etade il brando
     Non cinge allor, che tu il vibravi intorno,
     30E per sanguigna strada
     Stancavi del destriero i piè di corno;
     Or vada altera, or vada
     Tra dame, tra carole
     L’Italica ozïosa gioventute,
     35Ch’esalterassi in Pindo
     La somma sua virtute.
Ma di che strano vento
     Mal empiendo le vele oggi travío?
     Rivolgiamo la prora,
     40Ed al nostro cammin torniamo, o Clio.
     Qual di sue giubbe ancora
     Leon non ben guernito,
     Contra fier cacciator mostra fierezza,
     E sprezza i gridi, e l’aste
     45E le faretre spezza:
Tal fresco d’anni in campo,
     Ove regie Corone ivano a morte,
     Il Signor de’ miei versi
     Con destra invitta a guerreggiar fu forte;
     50Sostenne i gridi avversi,
     E le piaghe ebbe a scherno,
     Guazzò nel sangue, e calpestò le teste
     Superbe e rubellanti
     Al Correttor celeste.
55Ivi che fu vederlo
     Sott’elmo d’or con giovanetta guancia,
     Già maestro di guerra
     Ruotar la spada, ed arrestar la lancia,
     E che vederlo in terra
     60Sul corridore anciso,
     Ed ivi i duci lui guardar ben lieti
     Sull’onde di Scamandro
     Novel figlio di Teti?
Fama sul nobil tergo
     65A più ratto volar cresci le piume,
     Esercitando tromba
     Di metallo sonora oltre il costume.
     E se cara rimbomba,
     Più che tutto altro al mondo,
     70Lingua che apprese in Pindo arte febea,
     Faccia sentir suoi cigni
     La regïon Dircea.
Io d’odoroso cedro
     Comporrò cetra, e con gentil lavoro
     75L’ornerò d’aurei fregi,
     Nè d’altre corde l’armerò, che d’oro;
     Indi gli affanni egregi,
     E di Francesco i vanti
     Infino al ciel solleverò cantando,
     80E ne godrai ne’ Pitti,
     Mio re gran Ferdinando.

  1. Fratello del granduca Ferdinando II. Militò ancor giovinetto nel 1631 negli eserciti dell’imperatore Ferdinando II, suo zio, sotto il comando di Vallenstein. Contribui con Piccolomini a scoprire il tradimento di esso Generale. Morì innanzi Ratisbona nel 1634.
  2. Allude a Maddalena d’Austria moglie del granduca Cosmo II e madre del principe Francesco, e a Cristina di Lorena avola dello stesso.

Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.