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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832
UNA DISGRAZZIA.
Come so’ le disgrazzie! Ggiuveddì,
In d’un orto viscino a Bbervedé,1
Ciannassimo un tantino a ddivertì
Pepp’er chiavaro, Bennardino e mmé.
Cuanto stassimo alegri! Abbast’a ddì
Che cce bbevessim’un barile in tre:
E vverzo notte, in de l’uscì de llì,
Pijjassimo er risorio2 in d’un caffè.
Ma ar tornà a ccasa poi, ner zalì ssù,
Cosa diavolo fussi io nu’ lo so,
Sbajjai scalino e mme n’agnedi3 ggiù.
Ste scale nu’ le vònno illuminà:
E ëcchete spiegato, Picchiabbò,4
Come so’ le disgrazzie a sta scittà.
Roma, 13 dicembre 1832.
- ↑ Belvedere: uno dei lati del Vaticano, rivolto ad oriente, a cui corrisponde il Museo Pio-Clementino-Chiaramonti.
- ↑ Rosolio.
- ↑ [Andiedi: andai.]
- ↑ [cognome o soprannome.]
Note
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