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Questo testo fa parte della raccolta Federico Meninni
III
IL VESUVIO E LA SUA DONNA
Vedi, Nice, quel monte? Egli è Vesevo,
ch’ha su le viti i grappoli pendenti,
i cui vermigli, indomiti torrenti,
per estinguer talor la sete io bevo.
E dal breve dormir poi che mi levo
per girne errando a pascolar gli armenti,
contra i raggi che il Sol vibra cocenti
sotto i pampani suoi schermo ricevo.
Lá Vulcano non è Sterope o Bronte,
ch’assidui colpi in su l’incude incalza,
benché sparsa di fiamme abbia la fronte.
Ma da quella fumosa arida balza,
con petto acceso, innamorato, il monte
per mirar tua bellezza il capo innalza.
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