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Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
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LXIV. | MARIA |
Maria si risentiva; e le domandai se si ricordava d’un uomo pallido ed esile della persona, il quale due anni addietro s’era seduto in mezzo a lei e alla sua capra. Rispose, che a quel tempo era malata assai; ma che se ne risovveniva per due circostanze — perchè così malata s’accorse che quell’uomo n’aveva pietà; e poi, perchè la sua capra gli aveva rubato il fazzoletto, e ch’ella per quel furto l’aveva allora battuta — E diceva d’avere lavato il fazzoletto nel rio, e che n’aveva tenuto conto sino a quel giorno per restituirglielo, se mai lo rivedesse, com’ei le aveva mezzo promesso. Così parlando, si traeva di tasca il fazzoletto a mostrarmelo; lo custodiva piegato politamente fra due foglie di vite ravvolte d’un pampino — spiegandolo vidi una S, segnata in un de’ lati.
E narravami, com’ella aveva tapinato dopo quel dì sino a Roma, e fatto un giro in S. Pietro — e che se n’era tornata — e che sola aveva ritrovato il sentiero lungo gli Apennini — e traversata tutta la Lombardia senza danaro — e le strade alpestri di Savoja senza scarpe — com’ella avesse tanto patito, e come e da chi sostenuta, non potea dirlo — ma Dio mitiga il vento, disse Maria, per l’agnello tosato.
Tosato, e come! e nel vivo, diss’io; ma se tu fossi nella terra de’ miei padri dove ho un abituro, io ti raccorrei meco per ricovrarti: tu mangieresti del mio pane e berresti nella mia tazza1 — sarei buono col tuo Silvio — a te debole e vagabonda, io verrei sempre dietro per ravviarti — al tramontar del Sole io direi le mie preghiere; e quando avessi finito, tu soneresti il salmo della sera sul tuo flauto: nè l’incenso del mio sacrificio saría meno accetto, salendo ne’ cieli con quello d’un cuore straziato.
La natura stempravasi dentro di me mentr’io parlava; e Maria osservando che il fazzoletto ch’io mi traeva di tasca, era omai troppo molle per asciugarmi gli occhi, voleva lavarmelo nel ruscello — E dove lo rasciugherai tu, Maria? — Nel mio seno, rispose — mi farà bene.
Tanto arde ancora il tuo cuore, Maria? le diss’io.
Io toccava una corda su la quale erano tesi tutti i suoi guai — fissò alquanto gli occhi smarriti sul mio volto; poi senza dirmi parola prese il suo flauto, e sonò l’orazione alla Vergine — La vibrazione della corda da me toccata cessò — in uno o due minuti Maria si riebbe — lasciò andare il suo flauto — e s’alzò.
E dove vai tu, Maria? — Dissemi, a Moulins — Vuoi tu, venirci meco? diss’io — Appoggiò il suo braccio sul mio, lentando la cordella al cagnoletto perchè ci seguisse — così entrammo in città.
- ↑ De pane pauperis comedens, et de calice ejus bibens, Reg. lib. ii. xii. 4.