< Viaggio sentimentale di Yorick (1813)
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Laurence Sterne - Viaggio sentimentale di Yorick (1768)
Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
XXXI. La Perrucca
XXX XXXII

XXXI. LA PERRUCCA

PARIGI


Venne il barbiere, e protestò ch’ei non intendeva d’impacciarsi per nulla con la mia perrucca, da che l’impresa era maggiore e minore dell’arte sua1. M’attenni dunque al necessario partito di comperarmene una bella e fatta a sua stima.

Ma terrà egli poi questo riccio? amico, ho paura, diss’io — Lo tuffi, ei replicò, nell’oceano, e terrà —

Vedi come ogni cosa in questa città è graduata con una grandissima scala!2 — «L’immersione del riccio in un secchio d’acqua» sarebbe l’estremo termine dell’idee di un perrucchiere di Londra — che divario! il tempo e l’eternità.

Io mi professo capitalmente nemico dell’immagini grette e de’ freddi pensieri che le producono; e tanto le opere grandi della Natura m’allettano sempre alla maraviglia, che, s’io m’ attentassi, non deriverei le mie metafore mai fuorchè da una montagna almeno. Solamente potrebbesi, con questo esempio del riccio, opporre alla magniloquenza francese — «Che il sublime consiste più nella parola che nella cosa». Certo è che l’oceano ti schiude un’interminabile scena alla mente; ma poichè Parigi giace tanto dentro terraferma, chi mai poteva aspettarsi ch’io per amor dell’esperimento corressi per cento e più miglia le poste? — certo che il mio barbiere non ci pensava.

Il secchio d’acqua a fronte degl’immensi abissi fa pur la grama figura nell’orazione — ma si risponde — Ha un vantaggio — tu l’hai nello stanzino qui accanto; e puoi senz’altra noja sincerarti del riccio.

Sia detto con candida verità e dopo l’esame spassionato della questione: L’elocuzione francese non attiene quanto promette.

Parmi che i precisi e invariabili distintivi del nazionale carattere si ravvisino più in queste minuzie, che ne’ gravissimi affari di stato, ne’ quali i magnati di tutti i popoli hanno dicitura e andatura sì indistintamente uniforme, ch’io per potermi scegliere più l’uno che l’altro di que’ signori non isborserei nove soldi.

E c’è tanto voluto innanzi ch’io uscissi di mano al barbiere, che per quella sera io non poteva, in ora sì tarda, recare a madame de R*** la mia lettera. Ma quand’uno è bello e attillato per uscire di casa, le riflessioni sopraggiungono fuor di tempo — pigliai dunque ricordo del nome dell’hôtel de Modène dov’io m’era albergato, e m’avviai senza prefiggermi dove — camminando, ci penserò.

  1. Un capomastro campagnuolo, ch’io so, condotto a ristaurare un ponte già fabbricato da’ matematici, e poscia per venti anni, con evidentissimi calcoli e con mezza l’entrata delle gabelle annue del comune, rifabbricato da’ matematici, disse: «Ch’egli non s’attentava di competere co’ dottori di matematica, e dall’altra parte si vergognava di metter mano a un edifizio sì mal piantato». — Il che in parte spiega le ragioni alquanto ambigue del barbiere francese.
  2. Scala: traslato dalla geografia; ed è la misura graduata corrispondente agli spazii delineati nelle tavole.

Note

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