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Uno giorno avenne che questa gentilissima sedea in parte ove s’udiano parole de la regina de la gloria, ed io era in luogo dal quale vedea la mia beatitudine: e nel mezzo di lei e di me per la retta linea sedea una gentile donna di molto piacevole aspetto, la quale mi mirava spesse volte, maravigliandosi del mio sguardare1, che parea che sopra lei terminasse. Onde molti s’accorsero de lo suo mirare, ed in tanto vi fue posto mente, che, partendomi da questo luogo, mi sentio dicere appresso di me: «Vedi come cotale donna distrugge la persona di costui»; e nominandola, eo intesi che dicea2 di colei che mezzo era stata ne la3 linea retta che movea da la gentilissima Beatrice e terminava ne li occhi miei. Allora mi confortai molto, assicurandomi che lo mio secreto non era comunicato lo giorno altrui per mia vista. E mantenente pensai di fare di questa gentile donna schermo de la veritade; e tanto ne mostrai in poco di tempo, che lo mio secreto fue creduto sapere da le più persone che di me ragionavano. Con questa donna mi celai alquanti anni e mesi; e per più fare credente altrui, feci per lei certe cosette per rima, le quali non è mio intendimento di scrivere4 qui, se non in quanto facesse a trattare di quella gentilissima Beatrice; e però le5 lascerò tutte, salvo che alcuna cosa ne scriverò che pare che sia loda di lei.
- ↑ β guardare.
- ↑ Solo b w dicean.
- ↑ k chera stata nelmeçço de la; b che meça era stata nella; M chemezo era stata nela; gli altri: che in mezo era stata nella.
- ↑ k scriuerle.
- ↑ Manca le in S (non però in V) C, e pare aggiunto posteriormente in M.
Commento
mezzo era stata. Non c’è dubbio intanto che k abbia sostituito un’espressione che gli sembrava più naturale (era stata nel mezzo de la) a una che gli riusciva meno naturale (in mezzo era stata ne la) o ad altra di cui non coglieva bene il senso (mozzo era stata ne la): ondo per il complesso della lezione bisogna stare con b e β. Resta da determinare se si abbia da leggere in mezzo, o mezzo, o mezza. In favore di mezza può citarsi Inf. XVII, 83-4, dove Virgilio davanti a Gerione dice a Dante:
monta dinanzi, ch’io voglio esser mezzo,
sì che la coda non possa far male.
Ma con una forma così piana e allora usuale non si capirebbe
come i copisti fossero spinti a tanti mutamenti. E cosi colla forma in mezzo: al più con questa potevano mutare il ne la in a la o nel semplice la. Meglio si spiegano i mutamenti se la lezione era mezzo. Il senso in tal caso sarebbe: «colei che, sì può dire, era stata il punto di mezzo nella linea ecc.». Si noti chequi Dante non si esprime in modo tanto semplice, ma immaginando, e quasi
tracciando, una linea retta della quale determina i due estremi e il mezzo. E i copisti, così poco scrupolosi a mantenere i minimi particolari e cosi poco attenti, di solito, allo finezze dell’espressione, poterono invece credere che lo scrittore volesse dire più semplicemente che quella donna era stata in mezzo fra lui e Beatrice; e chi suppose mancare un in, e
chi pensò dovesse mezzo concordare con colei.
facesse a trattare. La lezione facessero a trattare, adottata da Frat., Giul. o Witte, proviene da M; ma è soltanto di questo codice, e la costruzione più regolare è la più sospetta.
alcuna cosa. b* ha soltanto alcuna, e perciò così leggono anche le più antiche edizioni. E in tal modo preferì leggere il D’Ancona nella 2ª ediz., essendogli parso che «l’alcuna debba riferirsi a cosetta per rima, e non ad un cosa generico». Ma se poniamo mente che nel paragrafo seguente Dante scrive alcuna cosa che riesce a lode di Beatrice, pur lasciando di riferire il serventese, la lezione più generica, che è anche la meglio fondata nei Mss., ci parrà l’unica che dia un senso perfetto.