25I-NBOMe
Caratteristiche generali
Formula bruta o molecolareC18H22INO3
Numero CAS919797-19-6
PubChem10251906
SMILES
COC1=CC=CC=C1CNCCC2=CC(=C(C=C2OC)I)OC
Indicazioni di sicurezza

25I-NBOMe (chiamato anche 2C-I-NBOMe, Cimbi-5 o 25I e colloquialmente come N-Bomb, Solaris, Smiles o Wizard)[1][2][3] è una fenitilammina psichedelica oggi utilizzata nella ricerca biochimica per mappare l'uso del cervello del recettore della serotonina di tipo 2A; a volte è anche usata per scopi ricreativi, sebbene presenti rischi considerevolmente più elevati rispetto agli psichedelici classici[4]; nel mercato nero è infatti spesso spacciata per LSD[5], mescalina o altri psichedelici piuttosto che venduta col suo nome[6]. È un derivato della fenetilammina 2C-I ed è il membro più noto della famiglia dei 25-NB. È stato scoperto nel 2003 dal chimico Ralf Heim della Università di Berlino, che ha pubblicato i suoi risultati nella sua tesi di dottorato.[7] Il composto è stato successivamente esaminato da un team di Università Purdue guidata da David Nichols.[8] È una sostanza molto pericolosa per via delle frequentissime neuropatie di ritorno e la vasocostrizione che generalmente arreca.

Note

  1. Erowid 25I-NBOMe (25I, 2C-I-NBOMe) Vault, su erowid.org. URL consultato il 26 gennaio 2019.
  2. (EN) Poison center warns against designer drug 'N-bomb', su ScienceDaily. URL consultato il 26 gennaio 2019.
  3. Dangerous synthetic drug 'Smiles' making its way across the country, su web.archive.org, 31 ottobre 2012. URL consultato il 26 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 31 ottobre 2012).
  4. https://erowid.org/chemicals/2ci_nbome/
  5. https://www.psymposia.com/magazine/cartoon-dystopia-25i-nbome-and-why-you-should-test-your-lsd
  6. https://www.drugfoundation.org.nz/matters-of-substance/archive/may-2014/nbome/
  7. Refubium - Suche, su refubium.fu-berlin.de. URL consultato il 26 gennaio 2019.
  8. Michael Robert Braden, Towards a biophysical understanding of hallucinogen action, in Theses and Dissertations Available from ProQuest, 1º gennaio 2007, pp. 1–176. URL consultato il 26 gennaio 2019.
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