< Abrakadabra < Il dramma storico
Questo testo è completo.
XXI. Una casa di Immolate
Il dramma storico - XX Il dramma storico - XXII

CAPITOLO XXI.

Una casa di Immolate.

La gondola volante prese terra presso il vestibolo principale di quel superbo edifizio ideato dall’illustre Mengoni che un tempo si chiamava la Galleria Vittorio Emanuele.

Dopo l’attivazione dei velarii trasparenti e delle stufe cittadine, quel passaggio coperto di cristalli ha cessato di rappresentare un rifugio ed un luogo di convegno per le avventuriere e pei fannulloni eleganti. Le contrade principali di Milano, meglio riparate dalle intemperie e dai geli, riscaldate nell’inverno dalle stufe o rinfrescate nella calda stagione dai ventilatori roteanti, attraggono di preferenza i passeggieri.

Fin dal 1958, gli Anziani di famiglia hanno deliberato di utilizzare la galleria derelitta, convertendola in una casa di Immolate.

Quattro porte di bronzo dorato chiudono gli accessi, già complici nel secolo precedente di tante stragi reumatiche. Quelle porte, superbamente cesellate, narrano ai risguardanti tutta la storia dei sacrifizi di beltà consumati dall’eroismo femminile attraverso le barbarie dei secoli.

Non arrestiamoci a contemplare questi quadri, che rappresentano altrettanti capolavori. Il Virey ha sorpassato il vestibolo e già si è introdotto nel gabinetto di informazione occupato dalle emerite.

Le vecchie matrone seggono gravemente agli scrittoi. Donna Transita, là direttrice, sta per assiderai ad una piccola mensa in compagnia di un Commesso di bellezza arrivato in quel punto dalle Isole Mormoniche1.

All’apparire del Virey, che portava sospeso al collo le insegne del suo ordine accademico, donna Transita fece un leggiero cenno di saluto gridando con voce secca alle emerite:

— Attenzione a questo...Czarre!...2.

Il Virey espose brevemente la sua richiesta.

— Si tratta di un caso urgentissimo...Io domando un mandato di estradizione momentanea per una delle vostre alunne.

— Un mandato di estradizione! — ringhiò nuovamente la Direttrice; — veramente...all’ora della refezione...non dovrei...non potrei...

— Si tratta di un uomo che sta per morire — disse il Virey bruscamente — e a termini di legge...

— Non è il caso...non è il caso — interruppe donna Transita; — il nostro stabilimento, nol dico per vantarmene, può esser preso a modello di ordine e di disciplina...La carità delle nostre alunne non ha mai esitato dinanzi al sacrifizio...

E volgendosi ad una delle emerite: «A te, Miracolosa! Sia fatto il beneplacito del postulante! Trecento lussi all’ora per la martire...e le buone grazie dello czarre pel nostro incomodo».

Donna Transita, alla vista di una pernice truffata apparsa sulla mensa, piombò sulla scranna con tutto il peso della sua formidabile corporatura e non disse più motto.

L’emerita che portava il nome di Miracolosa stese rapidamente il mandato; e il Virey, dopo aver depositata la somma di lussi novecento, venne introdotto nella galleria.

Quel grandioso ed elegante quadrivio coperto di cristalli offre un colpo d’occhio stupendo.

Tutto è disposto per la refezione delle suore. Sulla grande via lastricata di marmi dove in altre tempi si affollavano i passeggieri, ora si estendono le mense coperte di candidi lini. I candelabri, i fiori, il vasellame d’argento rivelano il gusto artistico e il sensualismo raffinato dell’epoca.

La illuminazione è abbagliante.

La cupola gigantesca dell’ottagono sfolgora come un sole. Duecento serpentelli di bronzo stillano dalle fauci una pioggia fosforescente; lagrime di fuoco, che cadendo nella sottoposta piscina, formano l’onda letale destinata a dissolvere il suicida3.

Al momento in cui il Virey entrava nella galleria, le immolate scendevano dai loro appartamenti per assidersi alle mense. Immaginate l’effetto di ottocento donne, splendenti di gioventù, abbigliate con quella elegante semplicità che rivelando tutti i contorni della persona, non cessa di irritare il desiderio.

Le vesti hanno il colore e la trasparenza dell’ambra. Le capigliature lussureggianti riflettono i bagliori della luce artifiziale come nuvole baciate dal sole.

Ciascuna si è assisa al suo posto. Un’onda vaporosa di suoni esce dai sotterranei per confondersi ai bisbigli delle donne, ai bisbigli delle donne, ai sussurri delle vesti, al giocondo tintinnio delle suppellettili.

Le leggi dell’Istituto esigono che all’ora della refezione il sesso forte si tenga in disparte. Ma vi hanno alle finestre ed ai balconi degli spettatori, che fumando il loro fragola4, contemplano dall’alto il lieto spettacolo, lanciando motti e sorrisi alle belle commensali.

Il divieto di scendere al piano—terra durante la refezione delle suore, non poteva estendersi ai visitatori premuniti di un mandato legale.

Al momento in cui le ancelle si accingevano ad esportare dalle mense il desiderium5, l’illustre Virey avea quasi compiuta la sua rassegna di donne. Raffrontando col ritratto fotografico di Fidelia le svariate sembianze che si offrivano al suo sguardo, egli procedeva esitante e turbato. In quel giardino di bellezze viventi non vi era dunque una forma che riproducesse i divini contorni della estinta fidanzata dell’Albani?...

Ma un lampo di gioia irradia improvvisamente la fronte dello scienziato. Il tipo che egli va cercando gli sta dinanzi: ecco la realtà che potrà surrogare una idea; ecco la donna meglio adatta per sostituirsi ad una larva...

Il Virey fece il giro della tavola, e in un batter di ciglio fu presso alla immolata.

— Sorella di amore — disse lo scienziato all’orecchio della bella — sono dolentissimo di dovervi importunare in tal momento... Vi è un malato... un morente... che reclama i vostri soccorsi... La sua vita dipende da voi... Abbandonate la mensa e seguitemi!...

— La preferenza che voi mi accordate — rispose la donna con amabile accento — mi colmerebbe di troppa gioia, se in questo istante la mia vanità femminile non fosse dominata da un istinto più volgare. Gli stimoli del desiderium mi hanno surreccitate le papille nervee a tal segno, che il mio appetito di vivande si è reso feroce, e voi converrete meco che questi ninnoli non potranno ottenere altro effetto fuor quello di irritare davvantaggio la rabbia de’ miei denti.

Così parlando, la bella portò al labbro un elegante spillone d’argento, sulla cui estremità stavano infisse due lingue di usignuolo affumicate.

— Il nostro collega Raspail ha provveduto a tali urgenze — disse il Virey traendo da una scatoletta due pillole di midollo concentrato di leone. — Questi due globuletti racchiudono gli atomi sostanziali di due pranzi lautissimi.

— Sia fatta la vostra volontà! — rispose con tristezza la donna inghiottendo le pillole; — ma un buon pranzo è una grande consolazione dei sensi, mentre invece questi surrogati della scienza...

Poi, mutando improvvisamente di tono:

— Ditemi, Primate, è egli bello il vostro malato?

— Giudicatene! — rispose il Virey.

E in così dire, pose innanzi alla donna una fotografia colorata che ritraeva l’Albani in tutto il fulgore della sua bellezza giovanile.

Che è stato? perché mai al vedere quelle sembianze l’Immolata trasalisce e balza dalla seggiola con febbrile agitazione?

— Presto! che tardiamo? non si perda un istante! — esclama la donna con voce affannata, appoggiandosi al braccio del medico.

E già entrambi muovevano per uscire, quando un uomo, o piuttosto un mostro della specie umana sbucò improvvisamente da una delle porte che mettevano agli appartamenti superiori, e chiuse il passo alla donna esclamando con terribile voce:

— Fermatevi! voi obbliate le vostre promesse!...

L’Immolata si strinse al braccio del Virey, tremante e spaurita come una capinera in presenza dell’aspide.

  1. Nome delle isole scoperte e occupate recentemente dai Mormoni.
  2. Questo titolo sulle labbra di donna Transita rivela un intento di adulazione naturalissimo in una Direttrice di...Immolate.
  3. Vedi la nota al capitolo XIX.
  4. Zigaro refrigerante che produce un momentaneo assopimento negli organi simpatici del cervelletto.
  5. Si chiama desiderium il primo piatto che ai lauti pranzi viene recato sulle mense allo scopo di stimolare l’appetito. Questo piatto suol essere ordinariamente un cinghiale, un daino od un pezzo di arrosto, dal quale esalano gli aromi più eccitanti. Lo si imbandisce al principiare del pranzo perché la sua vista e le sue esalazioni provochino l’appetito; ma dopo pochi istanti, gli scalchi lo esportano intatto dalla sala, mentre ai commensali delusi viene offerto un cervello di piccione, o un uovo di passero, o una lingua di usignuolo, od altro frammento di vivanda omeopatica che ordinariamente si perde fra i denti. Il desiderium suol ricomparire sulla mensa alla fine del pranzo, e allora prende il nome di satietas e viene respinto con un grido di orrore.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.