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SCENA VI.
ILDECHI, ed altri DUCHI, GIUDICI, SOLDATI longobardi,
e DETTI.
ildechi.
O Svarto,
Il re!
carlo.
Son desso.
ildechi.
(s’inginocchia e mette le sue mani tra quelle di CARLO)
O re de’ Franchi e nostro!
Nella tua man vittoriosa accogli
La nostra man devota, e dalla bocca
De’ Longobardi tuoi l’omaggio accetta,
A te promess’o da gran tempo.
carlo.
Svarto,
Conte di Susa....
svarto.
O re, qual grazia?...
carlo.
Il nome
Dimmi di questi a me devoti.
svarto.
Il duca
Di Trento Ildechi, di Cremona Ervigo,
Ermenegildo di Milano, Indolfo
Di Pisa, Vila di Piacenza: questi
Giudici son; questi guerrieri.
carlo.
Alzatevi,
Fedeli miei, giudici e duchi, ognuno
Nel grado suo, per ora. I primi istanti
Che di riposo avremo, io li destino
Al guiderdon de’ vostri merti: il tempo
Questo è d’oprar. Prodi Fedeli, ai vostri
Fratei tornate; dite lor, che ad una
Gente germana, di german guerrieri
Capo, guerra io non porto: una famiglia
Riprovata dal ciel, del solio indegna,
A balzarnela io venni. Al vostro regno
Non fia mutato altro che il re. Vedete
Quel sol? qualunque, in pria ch’ei scenda, omaggio
In mia mano a far venga, o de’ Fedeli
Franchi, o di voi, nel grado suo serbato,
Mio Fedel diverrà. Chi a me dinanzi
Tragga i due che fur regi, un premio aspetti
Pari all’opra.
(i LONGOBARDI partono)
carlo.
(a RUTLANDO in disparte)
Rutlando, ho io chiamati
Prodi costor?
rutlando.
Pur troppo.
carlo.
Errato ha il labbro
Del re. Questa parola ai Franchi miei
In guiderdon la serbo. Oh! possa ognuno
Dimenticar ch’io proferita or l’abbia.
(s’avvia).