< Agamennone (Eschilo)
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Eschilo - Agamennone (458 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1921)
Primo canto intorno all'ara
Canto d'ingresso Primo episodio



PRIMO CANTO INTORNO ALL’ARA


Coro

Strofe I
Ben potrei dire nel canto la possa e la gesta fatale
70di valorosi campioni — fiducia m’ispirano i Numi,
possa canora l’età — :
come la forza dal duplice trono, i concordi signori
del fior giovanile de l’Ellade,
verso la spiaggia di Troia,
75sospinse con lancie, con vindice mano
impetuoso portento:
il re delle navi sospinse
il re degli augelli: uno negro
ne apparve, uno candido a tergo,
80vicino alla reggia, da destra,
nei nitidi campi del cielo,
che a brani una lepre facevano, feconda di molti rampolli,
ghermita nell’ultima fuga.

Lugubre, lugubre canto s’intoni: ma il bene trionfi.

Anastrofe I
85Il venerando profeta Calcante, ben vide che i due
per animo e ardire diversi, belligeri Atridi, erano essi
l’aquile divoratrici,
i condottier’ della gesta; e disse, spiegando il prodigio:
«Vien tempo; e per questi guerrieri
90crolla la rocca di Priamo;
e quante ricchezze già chiuser le genti
dentro le torri, la Parca
distrugge, saccheggia a furore.
Deh! Invidia celeste non franga
95né oscuri le schiere, il gran freno
di Troia! Ché Artemide aborre
gli aligeri cani di Giove,
e il pasto dell’aquile aborre, pietosa alla timida lepre,
sbranata digiuna coi figli».
100Lugubre, lugubre canto s’intoni; ma il bene trionfi.

Mesodo
«Sebbene tu sei, bella Diva,
benevola ai teneri parvoli
d’ardenti leoni, ed ai cuccioli
poppanti di fiere selvagge,
105ti prego che questo presagio
commisto d’augurî felici e di biasimo,
tu arrechi a benevolo termine.
E supplico Apollo Peàne, che ai Dànai
la Dea non appresti
110indugi di venti contrarî
che a lungo le navi trattengano,

non affretti novello esecrabile
sacrifizio, che, scevro di mensa,
di liti domestico artefice
115divenga, ed immoli lo sposo.
Ché l’ira terribile
risollevasi, memore, subdola,
trascorre la casa, dei figli a vendetta».
Tali, con grandi beni commisti funerei presagi,
120Calcante, leggendo l’augurio,
predisse alla casa dei regi che a guerra movevano.
E a quello concorde,
lugubre, lugubre canto s’intoni; ma il bene trionfi.

Strofe II
Giove! Sia qual Nume sia:
125a tal nome, ov’ei ne giubili,
volerà la prece mia.
Invocar, per quanto ponderi,
io non so che Giove solo,
se veramente conviene gittare dall’anima
130questo vano e greve duolo.

Antistrofe II
Chi primo ebbe e possa e gloria,
e fiorí d’ardor belligero,
n’è sin persa la memoria:
chi secondo ebbe il dominio,
135dal piú forte fu sconfitto:
chi preferisce per Giove cantar l’epinicio,
batterà cammin diritto.

Strofe III
I mortali sopra tramiti
esso avvia di sapïenza:
140esso fa che dalla doglia
forze attinga esperïenza.
E nel sonno il cruccio memore
stilla in cuor l’antico affanno;
e se pure alcun recalcitra,
145giungon l’ore, e savio il fanno.
Questa è pur grazia dei Dèmoni,
che, seduti in sacri seggi,
con la forza segnan leggi.

Antistrofe III
E il maggiore dei due principi
150delle navi, all’indovino
non gittò taccia di biasimo,
ma coi colpi del destino
cospirò, quando l’indugio
a far vela, che struggea
155entro i vasi ogni viatico,
aggravò la gente Achea
che avea campo innanzi a Calcide
dove in Aulide, alla sponda
con fragor si spezza l'onda.

Strofe IV
160E venti che giungevano
dallo Strimone, i venti

dei ritardi funesti, dei digiuni,
dei mali approdi, delle sperse genti,
dei legni e delle funi
165sterminio, eterne l’ore
rendendo, con l’indugio distruggevano
dell’esercito il fiore.
E il profeta, un riparo
contro l’ira d’Artèmide
170piú grave dell’amaro
turbine disse ai principi:
cosí che, nello schianto,
gli scettri ambo gli Atridi al suol percossero,
piú non frenando il pianto.

Antistrofe IV
175E il maggior dei due principi
tai detti profferia:
«È duro fato se il responso io spregio;
e duro fato è se la figlia mia,
se di mia casa il fregio,
180sopra l’altare sgozzo,
e le mani paterne entro i virginei
rivi di sangue insozzo.
Or, quale è dei consigli
scevro di male? Frangere
185l’alleanza, e i navigli
disertare? — Oh!, con furia,
nelle virginee vene
il rimedio si cerchi, onde si plachino
i venti; e sia pel bene!»

Strofe V
190Or, poi ch’ei fu del Fato al giogo avvinto,
il cuor suo tramutarono impuri aliti
empî, che ad ogni ardir l’ebbero spinto.
Poi che Follia, che turpi mal’ consiglia,
prima d’affanni miseranda origine,
195rende gli uomini audaci. Ed ei la figlia
sgozzare osò, per confortar la lotta
per una donna impresa, e perché l’esito
fausto avesse la flotta.

Antistrofe V
Gli appelli al padre, e le preghiere, nulla
200mossero i prenci, né l’età virginea.
Ordine il padre die’ che la fanciulla
su l’altare i ministri, a mo’ di capra,
dopo la prece, arditamente levino,
prona, nei pepli avvinti. E a che non s’apra
205la bocca bella, e l’improperio scagli
contro i suoi Lari, con la muta furia
la frenin dei bavagli.

Strofe VI
Al suolo essa le crocee
vesti gittò: dal guardo
210su ciascuno di quei che l’immolavano
vibrò, di pianto evocatore, un dardo,
bella come dipinta immagine, ansia
di parlar: ché sovente, d’Agamènnone
nei virili concilii,

215cantava essa al banchetto.
La virginea sua voce, al terzo calice,
intonava il peana e il fausto augurio
pel suo padre diletto.

Antistrofe VI
Gli effetti ignoro e taccio;
220ma di Calcante mai
l’arti non furono irrite. Giustizia
offre saggezza a chi patí. Saprai
ciò che serba il futuro insiem con l’esito.
Non dartene pensier: sarebbe piangere
225prima della disgrazia.
T’apparirà ben chiaro
al raggio del mattino. Eventi prosperi
nascan da ciò, come or brama quest’unico
dell’Apio suol riparo.


Rientra Clitennestra, alla quale alludono le ultime parole.



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