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ELOGIO
DI
TOMMASO BRUNINI.
Tommaso Brunini, giovane reputato contento dall’universale, è passato. Egli non si rendette notabile tanto per le qualità dell’ingegno quanto per il suo inaspettato infortunio. Crebbe insino ai quattordici anni in lontana parte; ritornato a casa non trovò il padre, il quale in un forte delirio, senza che persona se ne avvedesse, sventuratamente si gittò dal balcone della casa nella via.
La sua madre Rachele, le sue sorelle Teresa ed Antonietta lo amavano straordinariamente come quelle che non avevano alcun altro, e vivevano negli occhi di questo giovane. Ed egli altresì voleva loro gran bene, alla madre massimamente perchè disavventurata. Aveva una cotal forma gentile, era benigno in parlare, e dipoi quella malinconia che mostrava sequestrandosi dalle compagnie e dai sollazzi lo faceva caro a tutti. La madre aspettava per terminare le cerimonie del bruno che questo figliuolo crescesse, per rallegrarle la casa con la compagnia di una fanciulla che tra le altre figliuole paresse una di quelle, e con nuovi bambini che alla sua immaginazione deludessero la propria vedovanza. Egli frattanto cresceva semplicissimo della mente, e le giovanili passioni stavano ancora quiete dentro quel petto, e passava la vita dilettandosi del cantare degli uccelli, e andandosene con le sorelle per le amene parti del paese, e sovente riposando sotto l’ombra di un albero del suo giardino e sonando il flauto. Il suo temperamento gli prometteva un avvenire sereno; tuttavia il perseverare in perpetua quiete non è dato nel mondo.
Maida è un paese bello: siede sopra la marina del Tirreno; è ventilata da aria tiepida; di sopra la circondano gli oliveti, di sotto la terra si allegra di fontane vivissime, e s’ingiardina, e infronda gli aranci; più bella per i giovani e per le donne bellissime, amanti dei diporti e dei passatempi. Una sera a sorte andò in una casa dove le più gentili donne del paese si raunavano per novellare e per ispassarsi; egli, seguitando il modo degli altri giovani, poichè era esperto nel ballo, porge ad una fanciulla la mano, e gira una danza; di poi ad un’altra, e fa nella maniera medesima; in ultimo la porge ad una fanciulla che insino allora con le compagne aveva parlato di lui, non avendolo veduto da molto tempo. Nel principio ballavano posatamente: di poi istintivamente ed in uno istante, sentendosi come una novità dentro, venne loro un ardore maraviglioso; ballano rapidissimamente; le note della musica erano tarde a cotale danza, i lunghi capelli della sua zazzera svolazzavano e i cilestri occhi stavano fissati nei neri occhi della fanciulla: al tornare della mente melanconici e come maravigliati si quetarono, si guardavano, ed erano oramai innamorati.
Il giovane, ritornato a casa, le mandò a manifestare tali sentimenti: O fanciulla, jersera danzai con tante altre giovani tue compagne, e la mia anima dimorava in pace; ma, nel danzare con te, il cuore mi palpitava forte e tremava. Non ti tengo nascosto che io t’amo, e coll’intendimento di farti mia compagna. Dove sdegnandomi ne andrai donna con altro giovane, io sarò soddisfatto di guardarti e di amarti dentro di me medesimo. Se mi amassi, condurremo la vita con felicità, unitamente, e per tutti gli anni. Quella giovane, come gentile anima che non fa scusa, gli rispose in una tale maniera ch’egli ne fu contento.
Prendevano piacere di onesto amore l’uno dell’altro, celatamente, imperocchè vergognavano per essere in età tenera di manifestarlo a persona, per lo lungo spazio di otto anni, senza che si diminuisse, per il contrario nella tenera e caldissima gioventù andava giornalmente aumentandosi. Egli si sentiva un contento straordinario, e, come se non fosse bastante per contenerlo dentro e desiderasse di farne partecipi tutti gli altri, nel favellare sorrideva a chiunque, e la consolazione gli luceva dagli occhi, e tutti gli atti erano diventati gentili. Più volte, la massima parte della notte, passeggiava sotto le amate stanze, e prendeva grande diletto dal guardarle, e si compiaceva principalmente di considerare e di contemplare la luna che rischiarava quel tetto, i balconi, la via, la campagna, e udire i galli che nel silenzio altissimo della notte cantavano. Nelle sere di estate, imperocchè le loro case stavano a dirimpetto, andavasene a riposare nel giardino, sotto un arancio, e, mentre la sua sorella minore cantava, egli accompagnava quelle note col flauto, e l’ombra della giovane da dietro una invetriata movevasi.
Finalmente si manifestò il loro affetto, ed i parenti se ne compiacquero; massimamente la madre del giovane ebbe a riceverne contentezza, essendo una cosa desiderata da tanto tempo; in modo che avevano deputato il giorno della festa. Il giovane stava con poco meno opinione che di beatitudine, imperocchè giudicava che un amore altrettanto, e fortunato nel medesimo modo, non doveva nascere al mondo. Le sue sorelle, ancora sul limitare della vita, al giovane facevano festa e carezze, e gli componevano monde vesti. Oh s’immaginavano spassi, una novella compagna, la felicità nella loro casa! esse avevano sperato ed immaginato assai. Ancora gli aveano lavorato insieme con la madre un bianco panno rosato; ma quello, e cotesto infortunio non se lo pensavano, invece di distenderlo sul talamo, glielo distesero su la bara.
Vennegli una febbre mortale, repentemente, e già mancavano otto dì per le nozze, e già ella si era preparata le vestimenta di nuova sposa, ed egli era giovane ancora nei ventidue anni. Nel principio si deludeva, imperocchè i mali immensi non capono dentro giovanile mente. La notte ebbe cotali sogni paurosi, e, svegliatosi, stava in malinconia, e sforzavasi di dire: Son giovane, sano, tra poco condurrò sposa. Laddove morissi, quanto non mi piangerebbe nel guardare il giardino, l’arancio, e quel mio verone: io non credo....... Intanto un pensiero gli si suscitava nell’animo e gli diceva: Tu muori. Il cuore ne’ gravi casi si commuove e parla. Quella notte medesima, la giovane che il giorno avanti non lo avea veduto, stava come trasognata: accendeva lucerne, le smoccolava, lo riforniva di olio, e la stanza era sempre pallida. Per avventura era il maggio, ed ella dimorava nella campagna; una brigata di giovani andava sonando e cantando sotto le case delle loro donne per i circostanti vigneti; un sentimento le parlò al cuore: Il tuo sposo non canterà più, non soneratti il flauto sotto le tue stanze; gli altri hanno compagne, il tuo sposo è solo, in lontana parte, non ha compagna. Le soprabbondò il dolore e pianse. Venne il terzo dì, il giovane ch’era già fuori di sentimento si appropinquava sempreppiù al suo termine. La notte al tornare della mente disse che desiderava vedere la giovane: i suoi a fine di riconfortarlo, imperocchè non potevano, dissero che fra poco: intanto quella donna sognava, e ad occhi chiusi si levava a mezzo dal letto; e quegli: È passata un’ora e non viene; i parenti abbassando gli occhi dicevano: Ora viene; intanto la diavventurata giovane parlava nel sogno: Via la ghirlanda, il monile, le vestimenta, io vado sposa; trascorreva un istante, e quegli: È trascorso un giorno e una notte, ed ancora non viene, non la vedrò più, io muojo; i parenti si sentivano passare il cuore; e quella contiinuava nel sogno: Scindetemi le vesti, recidetemi i capelli, portatemi nere bende; è morto.
Venne il quarto dì, e la campagna del villaggio rammemorava la preghiera dei moribondi; ella si pose le mani ai capelli, dipoi si fece bianca e svenne; quelle squille le dissero: Il tuo sposo..... il tuo sposo non lo vedrai più. Il cuore ne’ gravi casi si commuove e parla. E quella giovane, che pensava dover essere sposa, fu vedova; e quel giovane che immaginava dovere abbracciare un sposa, invece abbracciò e strinse la polvere del sepolcro.
Prima di morire andò in un delirio: O fanciulla, giriamo una danza; m’innamorsti; vestìti a nozze; vengo per inanellarti; in significazione di fede stendimi la tua mano, ecco, io ancora ti stendo la mia mano, o sposa: e, brancicando attorno del letto, si avviene in una mano e fortissimamente la stringe; era della madre! la miserabile donna non piangeva ma era impietrata dentro; continuava: Io ti amerò, non per un momento, non per due momenti, non per tre momenti, ma per tutta quanta la vita. Dopo pochi istanti spirò.
Ora in quelle due case è uno sgomento: la giovane porta il bruno e vive in perpetuo pianto; la madre guarda il balcone onde perdette il marito, l’uscio onde le levarono il figliuolo e stride; le piccole sorelle la notte a guardare la stanza dove morì il fratello s’impaurano e si stringono al seno della madre; quel flauto, che significava le note di amore, è muto.