Questo testo è completo, ma ancora da rileggere.
Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1890
Questo testo fa parte della serie Appunti di numismatica romana

APPUNTI


di


NUMISMATICA ROMANA





viii.

antoniniano di zenobia.



D/ ― S. ZENOBIA AVG · Busto diademato a destra contornato da una mezzaluna.

R/ ― IVNO REGINA · Giunone di fronte, rivolta a sinistra con una patera e un lungo scettro. Ai suoi piedi il pavone. Nel campo a sinistra una stella.

È questo l’Antoniniano di Zenobia, di cui il sig. A. Markl annunciava la prossima pubblicazione nel suo ultimo articolo Serdica o Antiochia?1. Già da qualche tempo esso era entrato a formar parte della mia collezione; ma aspettava appunto l’apparizione di quell’articolo per comparire alla luce del giorno. Essendo l’unico Antoniniano oggi esistente di Zenobia2, il cui nome non figura nella serie monetaria romana che pei bronzi battuti in Egitto, e, trattandosi perciò di moneta molto importante anche a chiarire qualche punto storico ancora oscuro e controverso relativamente ai Principi di Palmira, desideravo fissarmi bene sulla sua origine, ossia sulla zecca a cui attribuirla.... e mi avvidi che la questione non era tanto semplice né facile a risolversi. — Interpellai quelli fra i colleghi che so specialisti in tal genere di studii e fra questi citerò principalmente i signori Teodoro Rhode e Andrea Markl. Ambedue mi risposero ritenere che l’Antoniniano di Zenobia doveva essere stato coniato nella zecca ove si coniavano le monete di Vaballato, e questo sembrava molto naturale anche a me, piuttosto però per probabilità storica che non per vera analogia di fabbrica; giacché non potrei asserire di trovare fra l’Antoniniano di Zenobia e gli Antoniniani di Vaballato quella identità di tipo che fa dire senz’altro: ambedue devono necessariamente essere il prodotto della medesima zecca. Tale giudizio poi nel nostro caso è reso assai difficile dall’essere unico uno dei termini di confronto e scarsissimi gli esemplari dell’altro. Ma ammettiamo pure che le monete, tanto di Zenobia che di Vaballato, siano state coniate nella medesima zecca; le discrepanze incominciano quando si tratta di definire il luogo ove quella zecca esisteva. Il sig. Rhode l’attribuisce a Tripoli nella Fenicia3, il sig. Markl invece ad Antiochia di Siria; né occorre accennare che altri vorrebbe attribuirla a Serdica4. Ecco dunque perchè, prima di pronunciarmi in mezzo a tanta indecisione, volli aspettare l’apparizione dell’articolo Serdica o Antiochia?, che l’autore stesso mi aveva annunciato come specialmente dedicato alla soluzione di tale problema. È questo completamente risolto? Potremo noi attribuire l’Antoniniano di Zenobia alla zecca d’Antiochia con tutta sicurezza e con nessuna restrizione? Senza ripetere qui i ragionamenti e le prove acutamente addotte nel citato articolo dal signor Markl in appoggio di questa attribuzione, e senza invadere il campo eminentemente tedesco di tali sottili investigazioni, mi limiterò a dire che, quanto a me, parmi che le maggiori probabilità pendano dalla parte del Markl, e che quindi possiamo accettare la sua attribuzione, come quella che oggi resta provata meglio di ogni altra, e meglio si concilia anche colle notizie storiche che ci sono pervenute per altre vie che per la numismatica. — Se non accetto la cosa coll’entusiasmo del credente e con fede incrollabile, gli è che qualche riserva mi pare conveniente farla sui risultati dello stretto ragionamento critico, quando questo, appoggiandosi a monumenti per sé stessi molto imperfetti, è applicato ad avvenimenti così lontani che vanno a perdersi nella caligine dei tempi e in mezzo a circostanze pochissimo conosciute e talora anche completamente ignote.

E del resto, sia pure Antiochia, che per ora ammetteremo, o Tripoli o Serdica o forse Palmira od altra ancora la patria dell’Antoniniano in discorso, resta acquisito il fatto della sua esistenza, che prima non si conosceva se non molto dubitativamente, e questo è quanto formava l’oggetto precipuo della presente memoria.

Quantunque molto sia già stato scritto a proposito della famiglia d’Odenato e dei Principi di Palmira, non sarà fuori del caso ripetere qualche cenno storico relativamente alla regina Zenobia, onde poter stabilire la data dell’Antoniniano descritto.

Settimia Zenobia fu la seconda moglie d’Odenato, re di Palmira, a cui Gallieno nel 264 d. C. aveva accordato il titolo d’Augusto in ricompensa delle sue gesta vittoriose contro i Persiani. Il suo nome non figura nella serie numismatica Romana5. Morto Odenato nel 266, Zenobia, ritenendo sempre per sé il titolo d’Augusta legittimamente o arbitrariamente ereditato dal marito, si divise il regno, secondo alcuni, coi figli Timolao e Erenniano, secondo altri con Vaballato, il quale è ancora molto discusso se fosse figlio di Zenobia oppure della prima moglie d’Odenato, né noi entreremo nell'intricatissima e forse inestricabile questione, la quale del resto poco importa al caso nostro. Fatto sta però che di Vaballato ci rimasero monete, mentre nessuna se no conosce degli altri due. Zenobia per parecchi anni governò l'Oriente dalla sua capitale Palmira, lasciata in pace da Claudio Gotico già abbastanza occupato in Occidente, finché Aureliano, impegnato nella guerra contro i Goti, inseguendoli per scacciarli dall’Asia Minore, si spinse collo sue armi fino ad Antiochia. L'intrepida regina gli mosse incontro da Palmira, sostenne una guerra lunga e gloriosa; in cui più volte ebbe il sopravvento; ma poi dovette soccombere, vedere Palmira distrutta e seguire prigioniera a Roma il carro del trionfatore. Questo avveniva nel 273. — L’Antoniniano di Zenobia dunque deve essere stato battuto tra il 266 e il 272 d. C., e mi parrebbe difficile stabilirne la data più precisamente.

Quanto alla provenienza, esso era compreso in un ricco ripostiglio di monete romane dei bassi tempi trovato due anni sono vicino a Tautha in Egitto. Il ripostiglio (una piccola parte del quale fu già da me descritta)6 constava di circa 5000 monete tutte di buona conservazione e appartenenti agli imperatori Gallieno, Claudio Gotico, Aureliano, Aureliano e Atenodoro, Aureliano e Vaballato, Tacito, Floriano, Probo, Caro, Carino, Magna Urbica, Numeriano, Diocleziano, Massimiano Erculeo, Costanzo Cloro e Galerio Massimiano. Ora Galerio Massimiano avendo regnato dal 305 al 311 il tesoro non potè essere nascosto prima di quest’epoca, ossia circa 40 dopo che l’Antoniniano di Zenobia era stato coniato.

Fra le 5000 monete del ripostiglio l’esemplare di Zenobia era unico.



  1. Rivista Italiana di Numismatica. Anno II, Fasc. IV, nota 2 a pag. 558.
  2. Cohen pubblica, riportandolo da Tanini come esistente nel fu Museo Gradenigo, ma prestandovi poca fede, il seguente Antoniniano:

    D. — zenobia avg

    Testa a destra circondata dalla mezzaluna.

    R. — pietas avgg .

    La Pietà seduta a sinistra stendente la mano a un fanciullo e appoggiata a un’asta.

    Anche altri autori posteriori al Cohen, citarono questa moneta come sospetta. — Quanto a me, quantunque sia ignoto ove attualmente si trovi, e se ancora esista, e malgrado qualche probabile errore di grafia (la leggenda del dritto doveva probabilmente essere: s. zenobia avg., e quella del rovescio forse: pietas avg.) non vedo alcun motivo por non ammetterla. L’esistenza poi del mio esemplare mi conferma sempre più nella persuasione che anche quello del Museo Gradenigo abbia realmente esistito, fosse genuino.

  3. Theodor Rhode. Die Münzen des Kaiser Aurelianus, seiner Frau Severina und der Fürsten von Palmyra. Pag. 400-401.
  4. E. Lépaulle. La Monnaie romaine à la fin du haut empire. — Revue Numismatique, 1888-89.
  5. Autori degni di poca fede, quali Occo e Mezzabarba diedero come d’altri tiranni assolutamente ignoti, anche alcuni bronzi alessandrini di Odenato. Se si deve giudicare dagli esemplari apparsi in qualche pubblica ven- vendita in commercio, bisogna dire si tratti di monete di Claudio Gotico a cui fa rifatta la leggenda. — Un mio amico competentissimo e autorevolissimo, da me interpellato sull'argomento, mi scriveva alcuni anni sono: «Je puis vous assurer qu'il est de toute impossibilité que ce souverain ait jamais pu frapper en Égypte sous Gallien. On pourrait admettre des pièces d’Antioche, même de Palmyra, mais en Égypte Gallien ne l’aurait jamais admis.» Credo anch’io alla maggiore probabilità por le zecche d’Oriente; ma non mi sembra però che a priori si debba escludere la possibilità di moneto battute anche in Egitto. Gallieno, avendo accordato a Odenato il titolo d’Augusto, non gli avrebbe forse potuto accordare anche il diritto di batter moneta? E non si potrebbe anche supporre che Odenato avesse creduto di poter far senza di tale permesso? Il caso non sarebbe nuovo.
  6. Ora solamente vengo informato dal Sig. A. Parazzoli del Cairo, da cni ebbi a mezzo del Sig. Gaetano Vigano di Desio l'Antoniniano di Zenobia, che a questo medesimo ripostiglio appartenevano le monete da me descritte al N. II di questi stessi Appunti sotto il titolo di: Ripostiglio di Monete Romane in Egitto. Vedi Rivista Italiana di Num. Anno I, fasc. II, pag. 151.



Note

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